In viaggio con Escher
Spazi paradossali che invertono sopra e sotto, avanti e dietro, pieno e vuoto; loop di scale senza fine, cascate che si autoalimentano, metamorfosi di figure geometriche che gemmano le une dalle altre come in un caleidoscopio: l’universo visivo che sprigiona dall’opera di Maurits Cornelis Escher (1898-1972) è unico per fascino e densità intellettuale. Pochi sospettano che molta della creatività magmatica e, a tratti, sconcertante del maestro dell’incisione si è nutrita per anni di esperienze di viaggio, di ricordi ed evocazioni delle lunghe esplorazioni a zonzo per l’Italia, paese che è stato la sua casa dal 1923 al 1935. fatevi ispirare da questo itinerari nei luoghi che hanno definito la sua arte.

Nato in Olanda, dove compie il suo apprendistato, Escher approda a Roma, città in cui ‘mette su famiglia’ e da dove parte d’estate alla scoperta della Penisola. Sarà durante questi viaggi che Escher imparerà ad amare l’Italia, ma anche ad affinare il suo sguardo vorace e analitico, in grado di bucare l’apparenza delle cose oltre la superficie, alla ricerca della loro trama geometrico-matematica. Zaino in spalla e taccuino alla mano l’artista fissa a matita i luoghi che incontra e che trasforma, dopo ogni ritorno, in stampe a litografia e xilografia.
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L’Olanda di Escher è un mondo bidimensionale e immobile, quasi un piano omogeneo e senza discontinuità che si dilata fin dove l’occhio può spingersi. L’Italia al contrario, con la sua orografia tormentata, introduce Escher alla terza dimensione, quella di una crosta terrestre in continuo movimento che ora si scortica, svelando la sua ossatura geologica, ora si increspa nelle cime delle montagne, fino a precipitare nelle profondità delle gole scavate dai torrenti. Un’esplosione di complessità spaziali che entrano così a fondo nell’immaginario dell’artista da diventare una delle sfide percettive e grafiche più caratteristiche della sua parabola artistica. Lasciata la luce fredda, diafana e uniforme dei cieli nuvolosi del Nord Europa, Escher incontra la luce tagliente dell’Italia mediterranea, penetrante a tal punto da estrarre, in modo quasi chirurgico, l’essenza geometrica delle cose. Una luce straordinariamente incline a essere catturata dalla ‘scrittura’ binaria di inchiostro nero e pagina bianca dell’incisione xilografica.
La geometria dei paesaggi italiani è colta preferibilmente attraverso l’uso di prospettive fortemente scorciate o da un punto di vista sopraelevato che consente a Escher di leggere le articolazioni spaziali delle forme, di decifrare il loro dialogo segreto, di scomporle nelle loro geometrie elementari che si ripercuotono a diversi livelli di scala.

Una vera ossessione diventano i paesaggi montani dell’entroterra Abruzzese che visita in ben tre occasioni tra il 1928 e il 1935. Agli occhi di Escher l’Abruzzo è un altrove arcano e selvaggio, dove le regolarità delle costruzioni umane, quelle dei borghi, appaiono in continua relazione con le forze primigenie degli elementi che forgiano le forme del mondo naturale. Emblematica è l’incisione dedicata a Castrovalva borgo minuscolo ritratto di scorcio, con le case abbarbicate in cresta al versante che si impenna davanti alle potenze che si agitano nel paesaggio circostante.
Attirato dalle sue bellezze già nel 1923 Escher è un frequentatore assiduo anche della costiera amalfitana. Lo attraggono la mescolanze esotiche della storia e dell’architettura, il sapore quasi maghrebino dei tetti di Positano, gli affacci impervi sul paesaggio di Ravello, i chiaroscuri manichei dei “labirinti” di vicoli di Atrani. Proprio Atrani verrà immortalata sul suo scoglio appoggiato al mare-scacchiara al culmine del flusso di trasformazioni in moto perpetuo che è “Metamorfosi”, il geniale capolavoro della maturità.

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Vivo è il suo interesse per la Calabria, regione di cui esplora le gemme nascoste risalendo dalla Sicilia nella primavera del 1930. Morano, in provincia di Cosenza, è una colonia di parallelepipedi che incrostano la geometria perfettamente conica della collina, in una fitta trama di rette parallele che evocano l’atmosfera. Di Pentedattilo esalta il contrasto tra le geometrie artificiali delle case e forme naturali simili a una mano del Monte Calvario. Di Stilo cattura il ‘cubo a cilindri’ della Cattolica e l’incessante alternanza di concavità e di convessità nel panorama sulla fiumara. Tropea è rappresentata dai piedi della sua rupe, come una vertigine di volumi geometrici che si convertono da rocce in edifici. Lo stesso tipo di metamorfosi è ritratta a Scilla, dove le geometrie dello scoglio, dalla piattezza liquida della superficie del mare, emergono e si cristallizzano nel Castello Ruffo.
Della Sicilia non fa mancare ai suoi carnet de voyage luoghi iconici, ed ecco che nelle sue stampe fanno capolino l’Etna, Morreale, Segesta e Cefalù. A molte altre località italiane Escher dedica i suoi personalissimi ritratti, Roma, la Toscana, i borghi della campagna viterbese.
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Un pomeriggio del 1935, tornando da scuola, il figlio George rincasava vestito da piccolo Balilla. È un trauma, la rottura di un’illusione durata oltre 10 anni. La terra che con le sue bellezze aveva alimentato l’occhio bulimico di un artista in piena crescita rivelava il suo volto più ottuso e brutale. Era venuta l’ora di lasciare il nostro l’Italia, la bussola orientata verso la natia Olanda, ma con la valigia piena di un patrimonio di luoghi, esperienze e impressioni destinate a diventare vocaboli visivi cui costantemente attingerà per i grandi capolavori olandesi della maturità.