Le case museo che portano nell’intimità di Atene

Visitare una casa museo vuol dire essere accolti in uno spazio voluto e amato dall’artista, percepire la stessa luce in cui sceglieva di lavorare, passeggiare nelle vie della sua infanzia, sedersi all’ombra degli stessi alberi che gli hanno fatto ombra durante la vecchiaia. Magari a volte le informazioni saranno di parte, le opere minori, qualche angolo impolverato, ma questo non fa che rendere più vera la visita, come se si fosse passati per un caffè da un vecchio amico, cogliendolo con le mani sporche di pittura (o di gesso, o di inchiostro). Se poi si coglie l’occasione di un viaggio in Grecia per esplorare le principali case museo del paese, si scopre presto che si è destinati a fare un viaggio particolarmente legato alla storia, soprattutto a quella dell'Atene del ‘900, dove emergono grandi personaggi, ceti sociali, temi ricorrenti. Presto sarete incastrati in una rete di nomi celebri, mitologia, avanguardie, tante bouganville e una nube di fumo di sigaretta.

Sulla terrazza del museo Alex Mylona  ©Lorenzo Romani
Sulla terrazza del museo Alex Mylona ©Lorenzo Romani
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Museo Giorgos Gounaropoulos

Più ci si avvicina alla casa di Gounaropoulos 1890 – 1977), a Zografo, più si percepisce una certa pace, ma ci va comunque un buon esercizio di immaginazione per visualizzarla nel 1932, nel bel mezzo della campagna. Aiutano i resti della vecchia porta e del pozzo, che danno un tocco bucolico. Gounaropoulos decise di stabilirsi qui al ritorno da Parigi, del resto era lo stesso quartiere in cui aveva vissuto a partire dai 15 anni, quando aveva dovuto lasciare Sozopolis, sulla costa del Mar Nero, insieme alla sua famiglia e decine di migliaia di altre persone, in seguito alla campagna di bulgarizzazione del paese.

Le opere esposte, come Donna con pesce, Prometeo, Tre figure femminili, evidenziano il suo stile lirico e sognante ma ancora di più richiamano la presenza stessa dell’artista, poggiate in attesa su cavalletti sotto il grande lucernario che occupa buona parte di una parete.

Gounaropoulos visse qui fino alla sua morte, allontanandosi raramente e accogliendo amici come Andreas Embirikos, primo poeta surrealista greco e uno dei primi psicoanalisti del paese, e il pittore George Bouzianis. Era l’inizio di un importante movimento artistico, la cosiddetta “Generazione degli anni ’30” formata dagli artisti tornati da Parigi.

Una statua di Alex Mylona ©Lorenzo Romani
Una statua di Alex Mylona ©Lorenzo Romani

Benaki Museum - Galleria Ghika

Tra le figure più emblematiche del modernismo greco, Nikos Hadjikyriakos-Ghika (1906–1994) occupa un posto centrale. Pittore, scultore, incisore, scenografo e teorico, Ghika, a lui si deve la definizione di “Generazione degli anni Trenta”, di cui fu il rappresentante più internazionale.

La sua casa-studio fa parte del Museo Benaki, ed è il luogo in cui Ghika visse e lavorò per quasi quarant’anni, progettando personalmente l’ultimo piano per ospitare il suo atelier e la sua biblioteca (insieme agli architetti Antonis Kitsikis e Alexandros Papageorgiou). Ogni ambiente è pregno della sua sensibilità: dalla grande sala con il dipinto Kifissia, alla biblioteca con oltre 7.000 volumi sull’arte, fino allo studio, dove tele, strumenti e ricordi di viaggio convivono in un equilibrio tra memoria e creazione.

La casa è da visitare anche per la sua funzione di documentazione del contesto culturale del tempo: attraverso opere, lettere, fotografie e libri emerge una mappa visiva e del pensiero moderno ellenico.

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L’atelier di Yannis Tsarouchis ©Lorenzo Romani
L’atelier di Yannis Tsarouchis ©Lorenzo Romani

Fondazione Yannis Tsarouchis

Un crocchio di persone staziona davanti al cancello della casa di Yannis Tsarouchis (1910-1989). Aspettano l’autobus che passa lento in questo angolo residenziale di Maroussi. Basterà entrare nel giardino e poi spingere la vecchia porta di legno per lasciarli alla loro quotidianità ed essere assorbiti dal mondo multimediale dell’artista, fatto di pittura, fotografia (arte insegnatagli da Cartier Bresson) e della poesia.

Salendo una vecchia scala si raggiunge il primo piano, che conserva l’atelier nella sua forma del 1956. I muri tappezzati di una carta da parati color crema, mettono in risalto le foto che lo ritraggono e lo vedono invecchiare, la barba lunga, ma sempre al centro di una composizione perfetta. In particolare, a sorprendere è la luce, che resiste al tempo entrando dalle finestre allo stesso modo di allora, disegnando le stesse ombre che riconosciamo nelle fotografie. Qui e là compaiono i volti di giovani uomini, i suoi modelli, in certi acquerelli a far capolino è la luce di Lesbo, i riflessi del mare che fin da ragazzo lo stregavano al Pireo.

La casa museo di Odysseus Elytis  ©Χάρης Ακριβιάδης
La casa museo di Odysseus Elytis ©Χάρης Ακριβιάδης
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Museo Odysseus Elytis

Per quanto sia affascinante l’idea di entrare in casa di un poeta insignito del premio Nobel, varcare la soglia della palazzina neoclassica del museo di Odysseus Elytis (1911 -1996) non significa esattamente entrare in casa sua. Il grande poeta, infatti, viveva in un piccolo appartamento in affitto a Koukaki. Eppure, una visita a questa casa museo, aperta soltanto nel 2024, è ormai imprescindibile.

Si trova nel cuore di Plaka, all’ombra dell’Acropoli, e proprio come in un tempio, prima si accede al cortile che fa da pronao, e infine al naos, la cella sacra. Qui sono raccolte edizioni speciali, lettere scambiate con i grandi artisti del suo tempo. Spunta una litografia di Matisse, con dedica a Elytis, un quadro di Alekos Fassianos, a rimarcare il tessuto artistico della città, e uno di Theophilos, pittore semi sconosciuto e suo compatriota di Lesbo, di cui il poeta fu un grande estimatore.

Nella stanza successiva, una sorpresa: il poeta in persona, che racconta degli oggetti che lo circondano: “anche se non possiedo oggetti di grande valore”, dice “è molto gratificante per me che siano tutti oggetti a me cari e legati alla mia leggenda personale.” Ed ecco che si accende una luce sulla riproduzione esatta del suo studio, con un trucchetto semplice che tuttavia commuove, quando si riconoscono la barchetta, i melograni e le vecchie icone bizantine, la scrivania della sorella morta a diciotto anni.

Nel cortile dello studio di Yannis Pappas ©Lorenzo Romani
Nel cortile dello studio di Yannis Pappas ©Lorenzo Romani

Benaki Museum - Yannis Pappas Studio

A Zografo c’è un giardino diverso dagli altri. Certo, ci sono i pini, le bouganville, gli aranci e un olivo, ma ci sono anche Alessandro Magno, una ragazza greca, una donna del popolo, Omero e un uomo che suona la cornamusa. Questo affollarsi di rappresentazioni umane è il saluto di Yannis Pappas (1913-2005), scultore che visse qui fino agli anni ’60 con tutta la famiglia, e fece poi della casa la sua residenza-laboratorio, dove continuò a lavorare fino alla morte, nel 2005.

All’interno dell’atelier, si incontra una moltitudine di opere che sembrano colte in un momento di intimità. Par di disturbare le donne velate, che non hanno nessuna intenzione di alzarsi, così come il giovane Kapralos, assorto nella posa accuratamente studiata da Pappas per incorporare in lui l’essenza stessa della scultura. Legno, bronzo, marmo, terracotta e gesso sembrano soltanto i diversi caratteri di ciascun personaggio, ciascuno definito in una delle forme scelte negli anni da Pappas.

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Nel mondo di Alekos Fassianos  ©Lorenzo Romani
Nel mondo di Alekos Fassianos ©Lorenzo Romani

Museo Alekos Fassianos

Quando Fassianos (1935 –2022) ricevette a Parigi una lettera dalla madre che gli diceva con soddisfazione di aver distrutto la vecchia casa per costruirne una nuova e che “tutti i topi erano andati via”, l’artista si disperò. Il legame con la casa dell’infanzia, a Metaxurgio, era strettamente legato al ricordo del nonno Andreas, prete della vicina chiesa di Agios Pavlos.

Tornato ad Atene, la costruzione di una nuova struttura dove prima sorgeva la casa di famiglia, diventò quasi una missione per l’artista che si dedicò, insieme all’amico architetto Kyriakos, a renderla perfetta.

La curatela accompagna in un percorso che racconta l’opera di Fassianos, partendo dalle prime opere (1956) fino alla fine della sua vita. Si scopriranno i lavori dei primi anni a Parigi, negli anni Sessanta, la breve influenza dell’arte astratta, l’ispirazione bizantina con il suo oro e i colori più scuri che accompagnano la sua ricerca dell’eroe. Ma a ben guardare, questa casa è anche una porta verso il quartiere e verso un’Atene che cambia.

È necessario del tempo per visitare i tre piani del museo: un po’ per guardare le opere, i numerosi scatti e i documenti d’archivio, un po’ per prestare la giusta attenzione ai dettagli: tavoli e sedie, maniglie delle porte e un drago che copre le tubature sono tutte firmate dall’artista. Prima di concludere la visita, si consiglia di osservare con attenzione i disegni preparatori per l’opera commissionata per la stazione della metro, che si incontra alla fermata di Metaxurgio.

Dal 5 giugno, un altro spazio caro a Fassianos torna ad essere visitabile: il suo atelier sull’isola di Kea, dove ospitava amici come Louis Aragon, Giannis Tsarouchis, Niki de Saint Phalle e Jean Tinguely.

Una delle opere di Fassianos all’interno della casa museo  ©Lorenzo Romani
Una delle opere di Fassianos all’interno della casa museo ©Lorenzo Romani
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MOMus-Museo Alex Mylona

A Thissio c’è la terrazza da cui si gode forse la migliore vista sull’Acropoli. Fu scelta dalla stessa Mylona (1920–2016) per garantire un rifugio alle sue opere e a quelle degli artisti a venire. Il museo è composto da due edifici: una vecchia casa contadina di fine diciannovesimo secolo, e una costruita negli anni ’20 dall’architetto Vassilis Tsagris, uno dei maggiori esponenti dell’eclettismo ellenico.

Il primo piano ospita, come da volere della scultirece, mostre di giovani artisti (fino al 30 novembre c’è la mostra di Panos Profitis, vincitore del Premio Art Athina 2024 per giovani artisti, La Bocca La Grotta). Arrivati al secondo piano, invece, si è accolti da una selezione di lavori fatti da Mylona tra gli anni ’50 e ’80, influenzati dalla frequentazione di artisti come Ghikas, Henry Moore, Alberto Giacometti, Ossip Zadkine e Jean Arp.  A ogni decennio corrisponde una scelta stilistica, si va dall’ispirazione surrealista, all’estetica più astratta, all’architettura utopica, fino al ritorno alla tradizione con il marmo pentelico, come rivendicano i Kouros e Kore esposti sulla terrazza sul tetto, sotto il sole e in faccia al Partenone.

Dopo questa vista epica sarà difficile meravigliarsi di qualcosa, ma un passaggio nella ricostruzione del suo studio, al piano terra, in una piccola stanza che si affaccia sulla corte interna, riporta in una dimensione intima, con i video della ristrutturazione a cui l’artista partecipa con passione e le fotografie scattate dalla figlia.

L’esterno del Museo Christos Kapralos ©National Gallery of Athens
L’esterno del Museo Christos Kapralos ©National Gallery of Athens

Museo Christos Kapralos

La casa museo di Kapralos non si trova tecnicamente ad Atene, ma a Egina. Tuttavia, la storia di questo scultore è molto legata a quella degli artisti in città (abbiamo trovato una sua scultura che lo rappresenta nello studio di Pappas, ad esempio).

Una visita al suo studio, da sola, vale il viaggio sull’isola in qualsiasi stagione. Avvicinandosi al museo, sulla costa nord-occidentale, si inizia a vedere una grande scultura in rame, La Madre, in una piazzetta di fronte al mare. Si entra poi in un giardino da cui l’artista sembra essersi appena allontanato e questa impressione fatica a dissolversi mentre si passeggia in casa sua, tra sculture in legno, rame, marmo e alabastro locale, oltre a dipinti, incisioni, ceramiche e terrecotte. È possibile seguire l’evoluzione artistica attraverso sei camere ed imbattersi nel calco in gesso del fregio in pietra porosa di quaranta metri Monumento alla Battaglia del Pindo, o nel complesso ligneo Parodia dal Frontone di Olimpia.

Si consiglia anche una visita alla Biblioteca Alekos Kontopoulos, chiusa al momento della stesura dell’articolo.

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