Intervista a Caterina Vergassola, della coppia “Gli Ipocondriaci” di Pechino Express
C’è una sola cosa da fare quando non è possibile partire per un lungo viaggio avventuroso, magari in Oriente. Leggere, guardare film e programmi TV che ci raccontino le terre lontane. E proprio oggi parte la nuova stagione di Pechino Express: la via delle Indie, così che possiate seguire i concorrenti nelle loro rocambolesche avventure, scegliere la coppia per cui tifare, quella che speriate abbandoni il viaggio al più presto e farvi ispirare per un nuovo grande viaggio. Ma, soprattutto, vi chiederete: io riuscirei a fare di meglio? Per capire le sfide e le difficoltà di questo viaggio ne abbiamo parlato con Caterina Vergassola, che insieme al padre Dario Vergassola, è una delle concorrenti di Pechino Express 2023. Si sono definiti “gli ipocondriaci”, non avevano mai viaggiato in Oriente e in realtà non si erano mai allontanati molto dai confort di una grande capitale.
Qui invece si sono cimentati in oltre ottomila chilometri da affrontare soltanto con uno zaino e 1 euro al giorno a persona in valuta locale. In ogni puntata si sono messi alla prova con abitudini, tradizioni, cibi e usanze locali, superando prove anche estreme. Non sappiamo a che tappa del programma siano arrivati, ma sappiamo che sono tornati sani e salvi, cosa che non davano per scontata, come ci racconta Caterina.
Tu e tuo padre siete la coppia degli ipocondriaci, come mai? È legato a qualche aneddoto o a una visione del mondo?
Purtroppo non è un aneddoto ma uno stile di vita. Lui ha sempre avuto questo atteggiamento e me lo ha passato. Tra tutto quello che poteva lasciarmi in eredità mi è toccato questo, la continua paura di avere qualche malattia. Lui ha la versione estrema, non so se sia perché con l’età peggiora, ma anche per me ogni viaggio è sempre stato vissuto come una specie di sopravvivenza.
Le tue paure si sono rivelate fondate? Senza spoilerare, ci puoi anticipare se ci sono stati forti scossoni durante il viaggio?
Noi siamo partiti carichi di gel disinfettanti, medicinali e gastroprotettori, ma presto ce ne siamo addirittura scordati! Ci siamo fatti prendere dalla gare e ce ne siamo dimenticati. Siamo guariti! Ovviamente poi ci siamo riammalati quando siamo tornati alla vita normale. Ma quando sei lì hai altro da fare, incontri persone che vivono in un modo completamente diverso dal tuo e ti cambia la prospettiva delle cose.
Noi non avevamo mai fatto viaggi di piacere in paesi poveri o completamente diversi: siamo degli amanti dell’occidente e della città quindi per me l’idea di viaggio era di andare a Parigi o a New York. Mi rendo conto che ho vissuto il primo approccio con una specie di spocchia: vedevo questi villaggi e questi bambini con i sandali rotti e pensavo “poverini”. Invece poi ho capito che loro sono giustamente molto fieri di dove vivono e poi sono molto svegli. I bambini sono curiosi e hanno molta voglia di imparare, a 4 anni parlano 2 lingue e hanno un sistema scolastico molto avanti. Abbiamo visitato posti non turistici, quindi era un po’ strano per loro vedere degli occidentali: ci approcciavano sempre con curiosità chiedendoci da dove venivamo e subito dopo cosa avevamo studiato. Li ho trovati molto più vitali dei bambini che abbiamo noi (e lo dico da madre di due figli). Hanno il cellulare e lo guardano per trovare un’informazione e poi lo mettono via e giocano in piazza. Sono andata via cambiando completamente opinione: l’ipocondria per andare in un luogo rurale mi ha portato a fare un bagno di umiltà, mettendo alla prova la visione del salvatore occidentale, capendo che loro sono in realtà molto più proiettati verso il futuro. E soprattutto questo mi ha aiutato a non focalizzarmi sul Malox.
Per noi di Lonely Planet la preparazione al viaggio è fondamentale. Tu come hai vissuto questa fase?
Da veri ipocondriaci, mio papà ha finto che questa cosa non esistesse fino a che non si è trovato sull’aereo. Io invece quando mi hanno comunicato che andavamo in India ho iniziato a studiare tutto il paese su Google. Normalmente sono l’incubo dei miei compagni di viaggio perché mi segno sui foglietti ogni dettaglio e sono iper organizzata. Ho elaborato varie teorie sugli spostamenti e sui possibili itinerari basandomi sull’unica informazione disponibile, ovvero la partenza a Mumbai. Ma non ho azzeccato nulla.
On the road quali sono le difficoltà più grandi?
Non è tanto il viaggio, inteso come spostamenti: in India l’autostop è un modo molto comune di viaggiare, anche se non avendo potuto pagare la nostra parte abbiamo puntato sulla compagnia. Ho avuto più difficoltò nel dormire, non tanto perché la gente non ci aiutasse, perché sono stati molto ospitali anche in zone meno turistiche. Loro ti offrono tutto quello che hanno, ma la diversità delle strutture in cui dormire per me è stata significativa. I loro paesini, al contrario dei nostri che sono borghi antichi, sono villaggi con tende e case provvisorie, non ci sono palazzi o vere case.
In cosa invece ti sei stupita di te, delle tue abilità? E di quelle di tuo padre?
Io ero convinta che non saremmo neanche mai partiti, mi aspettavo un forfait all’ultimo minuto. Il fatto che fossimo semplicemente arrivati con tutti gli altri alla partenza per me è stata una cosa enorme. E, durante la gara, noi ci siamo dati come scopo di fare pochissimo, dopodiché ogni giorno ci godevamo lo stupore di essere ancora vivi.
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Spesso i viaggi più impegnativi hanno il potere di creare nuove amicizie e ma anche di incrinarne. Come è andata con gli altri concorrenti? A maggior ragione considerando che eravate in competizione tra di vuoi.
Il gruppo è sicuramente molto competitivo, ci sono sportivi, gente determinata che ha ruoli importanti, come la Pellegrini, Schillaci o Bastianich, che è un leader. Noi, con il fatto che siamo sempre stati impauriti, non abbiamo dato una grande impressione di competitività. Questo forse ci ha reso più simpatici o per lo meno innocui, quindi non abbiamo avuto nessun problema umano, era come sparare sulla croce rossa. Però sicuramente abbiamo avuto modo di conoscere persone diverse con cui non avremmo mai fatto esperienze simili. Ora continuiamo a sentirci e a fare cene insieme.
Dice di te il sito di Pechino Express : “Lavora come consulente marketing e gestisce case vacanze nelle Cinque Terre. Non è mai stata in un camping e non ha mai visto una tenda da campeggio se non fuori da un negozio.”
Quindi ti chiedo: ti sei dovuta cimentare con una tenda? Come è andata? Ha cambiato il tuo rapporto con il campeggio?
Sì, sì! Io non avevo mai visto una tenda al di fuori di un negozio sportivo, non perché solitamente cerchi il lusso, ma per una questione di fobie di insetti. Invece è diventata la mia migliore amica perché era una specie di isola felice con la zip della zanzariera che ti salva la vita. Il massimo sarebbe usarla a casa, con il mio bagno.
Meglio campeggio selvaggio o l’invasione di turisti nei weekend d’estate alle Cinque Terre?
Facendolo anche come lavoro, nei momenti in cui le Cinque Terre sono prese d’assalto, ti viene davvero da prendere la tenda e isolarti in un campo. Ma sarebbe inutile: troveresti comunque un turista che si è perso dai sentieri ed è arrivato fin lì.
So che ci puoi parlare al momento solo dell’India: qual è stata la cosa che ti ha colpito di più del Paese?
Mi hanno colpito molto i templi, che sono ovunque. Loro venerano diversi dei e questo politeismo è molto diverso dal nostro modo di concepire la religione. Questi templi sono ricavati eni luoghi più impensabili, anche dai garage di casa, e spesso il tempio diventa un luogo di ritrovo per chi vive li. Sempre con un grande rispetto, si entra sempre scalzi e l’accoglienza è la prima regola, trovi sempre qualcuno pronto ad aiutare. Mi ha stupito perché, anche se sono atea, credo sia questa la vera essenza della religione, questa solida base di condivisione.
Dopo tutto questo, tornerai in viaggio con tuo padre?
Assolutamente sì, voglio riportarlo in India e ripercorrere tutto il percorso. Voglio rivedere quei luoghi senza l’ansia di morire, magari con dormendo in hotel.
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Dopo quest’esperienza con cosa non viaggerai mai più senza?
Per un viaggio così estremo sicuramente un sacco lenzuolo, ovunque tu sia (su un divano, in sacco a pelo, su un sedile di una macchina) hai a disposizione un piccolo mondo lavato da te. Prima non sapevo neppure cosa fosse. Sacco lenzuolo tutta la vita.
Quale sarà il tuo prossimo viaggio?
Non ho ancora scelto, ma se prima avevo una preferenza per l’occidente ora sto cercando di convincere il mio compagno ad andare verso oriente. Del resto ho già fatto tutte le profilassi e durano due anni.
Alla fine, ti sei divertita?
Sì molto, anche perché pensavo fosse più facile, più finto, invece è veramente così. Non voglio dire che pensavo ci aiutassero, ma magari che ci dessero qualche dritta. Invece, nonostante ti senti sempre in sicurezza con la guardia del corpo e qualcuno che parla indiano, sei davvero tu a dover gestire tutto.
Pechino Express è uno show Sky Original prodotto da Banijay Italia, ogni giovedì su Sky e in streaming su NOW.