In auto alla scoperta della Transilvania
Senza accontentarsi del ‘turismo dei vampiri’, Garth Cartwright guida attraverso la Transilvania scoprendo una Romania diversa, all’ombra dei Carpazi. Nel lontano 1897, il Dracula di Bram Stoker fece scoprire la Transilvania, e da allora la regione è sinonimo di vampiri e conti succhia-sangue. Eppure quest’ampia porzione della Romania cela molto altro: da città e cittadine storiche a montagne, laghi e fiumi.

La Transilvania va dal confine occidentale della Romania con l’Ungheria a quello nord con l’Ucraina ed est con la Moldavia. Multiculturale da sempre, qui coabitano rumeni, ungheresi, sassoni, rom e altri gruppi etnici minori. La regione è spesso stata contesa: la Romania ne prese possesso dopo la Grande Guerra, ma durante il secondo conflitto mondiale fu occupata dagli ungheresi; solo il Trattato di Parigi del 1947 sancì il suo ritorno alla Romania.
Governati negli anni della guerra da un governo filonazista che sterminò quasi l’intera comunità ebraica, e poi da una dittatura comunista, nel Novecento i rumeni hanno vissuto decenni di desolazione e squallore. La Transilvania, però, è emersa dalle peggiori carneficine conservando intatte le sue secolari peculiarità.
Ci sono così tante opportunità, che è difficile decidere da dove partire. Il programma era di fare il viaggio con Mona, un’amica tedesca, e decidiamo di incontrarci a Târgu Mureş, una cittadina accogliente e caratteristica della Transilvania centrale, con palazzi austroungarici fin de siècle e la giusta miscela di comunità diverse.
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Il mattino seguente partiamo per Sighet, nel Maramureş, la zona più settentrionale della Transilvania, e mentre guidiamo sull’autostrada comincia a mostrarsi tutto il fascino della regione, che diventa ancora più rurale, un insieme di colline ondulate, piccole fattorie e paesini pittoreschi. È tarda estate e si nota come la vita sia dettata dalle stagioni: le famiglie raccolgono l’erba in mucchi di fieno, l’alimento base del bestiame durante l’inverno. Uomini con lunghe falci sulle spalle camminano per strade e sentieri, mentre chi assembla i covoni usa lunghi rastrelli e forconi per gettare l’erba in alto. È una scena arcaica, che non stonerebbe in un film su Dracula.
Il giorno successivo ci spingiamo a ovest fino a Săpânța, una cittadina proprio sul confine con l’Ucraina. Passeggiamo nel ‘Cimitero gioioso’, le cui tombe sono decorate con umoristici (nonché macabri) quadretti naïf sulla causa di morte del defunto. Il resto del pomeriggio lo passiamo in villaggi che ricordano com’era un tempo la vita dei contadini e a camminare per una campagna idilliaca.

Il terzo giorno ci vede viaggiare verso est lungo i confini del grande parco nazionale di Maramescu, la strada che sale e scende attraverso la densa foresta. Bancarelle ai lati della strada vendono delizioso miele locale, salumi e verdure dell’orto. Pernottiamo a Piatra Neamț, compatta e piacevole da esplorare, poi il mattino dopo viriamo a sud-ovest: la meta è Sighișoara, città fortificata sassone del XIV secolo. Il centro pedonale entro le mura possiede una bella serie di torri secolari. Uno dei motivi di fama è la presunta casa di Vlad Dracul, il crudele condottiero che ispirò Bram Stoker. Mona è affascinata dal contributo dei sassoni in questa zona e ricorda che a scuola era arrivata una bambina rumena che parlava un antico tedesco con uno strano accento. Scopriamo che il dittatore comunista Nicolae Ceaușescu cedette alla Germania i sassoni della Transilvania in cambio di denaro sonante e pochi di loro sono rimasti.
Il giorno dopo ci alziamo presto e guidiamo dritti verso sud per prendere la Transfăgărășan DN7C, soprannominata ‘la follia di Ceaușescu’. Anche se avevo visitato la regione diverse volte, non avevo mai percorso quell’autostrada, ma la definizione dello show televisivo Top Gear di ‘miglior strada del mondo’ mi aveva incuriosito. Decido di mangiare la foglia ed eccoci a salire, salire, salire. La strada arriva a 2042 m di quota, inerpicandosi a zigzag attraverso i Carpazi meridionali: il percorso fu stabilito dal paranoico Ceaușescu per scopi difensivi, in caso l’URSS avesse deciso di invadere la Romania (com’era avvenuto in Ungheria e Cecoslovacchia). Il fatto che le condizioni climatiche estreme costringano a chiudere la strada da fine ottobre all’inizio di giugno non pare sia stato preso in considerazione.
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l paesaggio intorno è desolato anche in estate. Nel punto più alto il parcheggio è pieno di bancarelle che vendono pasticcini, pannocchie bollite, formaggi grossi come palle da cannone e carne affumicata di ogni tipo. I rumeni hanno scelto di guidare sulla Transfăgărășan per turismo e gettando lo sguardo in basso vediamo bus di viaggi organizzati iniziare la lenta ascesa su per il monte. Vorremmo proseguire il viaggio, abbandonando la Transilvania e i bus, ma abbiamo poca benzina e vedendo che non si profila nessuna stazione di servizio, decidiamo di ritornare sui nostri passi – solo per trovarci imbottigliati nel traffico. Scendendo pian piano, facciamo salire due autostoppisti polacchi. Sono contenti che la nostra meta sia Sibiu, e tutto quel che dicono sul loro campeggio su questi monti è: ‘Ne abbiamo abbastanza. Ora è tempo di città’.

Un’altra bellezza sassone, Sibiu è piccola e con un’atmosfera vivace. Ceniamo con carne alla griglia accompagnata da birra scura e palinka (brandy alla frutta). Si sta svolgendo un festival folk, dove la gente indossa costumi ricamati e balla in cerchio la hora tenendosi per mano. Intanto un trio di musicisti rom fa scintille con violino, fisarmonica e cembalo. La musica di questa minoranza così marginalizzata è uno dei punti forti di questa regione misteriosa, allettante e piacevolmente priva di vampiri, inusuale in Europa proprio perché preserva tenacemente la tradizione.