In auto: da Glasgow in fuga verso i loch
Dalla città più grande della Scozia, Glasgow, Adam Weymouth è partito alla ricerca di laghi incontaminati in cui nuotare, mercati ricchi di pesce fresco, cime rugose da scalare e maestosi castelli da cui farsi incantare. Lo seguiamo in questo itinerario per visitare la Scozia in auto.

Ho frequentato l’università a Glasgow e, nonostante abitassi in un appartamento nel cuore del West End, non mi sono mai sentito rinchiuso, come invece mi succedeva a Londra. Dalla finestra della mia camera vedevo le montagne e, inforcata la bici, in mezz’ora mi ritrovavo fra le colline, riuscendo anche a tornare in tempo per un concerto. Amavo questa città vivace e spigolosa, a un tiro di sasso dallo splendore delle Highlands. Per approfittare al massimo di questa vicinanza, andavo in macchina fino a Inveraray seguendo un percorso che non mi portava mai a più di qualche ora da casa, ma, quando raggiungevo le acque ghiacciate del Loch Lomond, mi sembrava di essere capitato in un altro mondo.
Ho perso il conto delle volte che ho percorso la A82, un nome prosaico per una strada che è pura poesia. Quando ero all’università, la facevo in autostop quasi tutti i weekend: piazzarmi col pollice alzato alla pompa di benzina in fondo a Great Western Road era l’inizio dell’avventura. E ogni volta per me era uno shock vedere la città sparire così velocemente. La strada che porta fuori Glasgow è simile a tante altre, un’incongrua mescolanza di quartieri periferici e centri commerciali, autosaloni e auto in coda. Ma poi, a un tratto, la strada raggiunge Balloch e subito dopo appare il Loch Lomond, il più grande lago d’acqua dolce della Scozia. Le spalle si rilassano, la tensione svanisce. Si può respirare. Non c’è da stupirsi che gli abitanti di Glasgow vengano qui a rilassarsi e concedersi un po’ di svago all’aria aperta.
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Terminata l’università, e con un’auto propria, ho avuto più tempo per esplorare questo lago in lungo e in largo. Poco distante da Balloch, lungo la sponda orientale, sorge Balmaha, da dove in cinque minuti di traghetto raggiungo Inchcailloch, una delle tante isole situate nella parte meridionale del lago. È una splendida giornata di inizio maggio, ma siamo a metà settimana ed è mattino presto, quindi sono praticamente solo mentre passeggio tra le querce. Si sentono solo gli uccelli e, per fortuna, non è ancora la stagione dei famelici moscerini. In mezz’ora raggiungo l’altro versante dell’isola che ha una delle poche spiagge di sabbia del lago. Per nulla intimidito dall’unico yacht all’ancora, mi spoglio e mi tuffo. Il freddo arriva come una sferzata sul corpo e faccio qualche energica bracciata per scaldarmi. Il silenzio del mattino è rotto solo dalle mie grida di felicità. Ogni ricordo della città è sparito, lavato via dalle acque del lago.
Mentre mi asciugo sulla spiaggia, alzo gli occhi sul Ben Lomond, il munro più meridionale della Scozia (i munros, in tutto 282, sono monti che superano i 914 m). Quando ero ancora all’università, ero andato a piedi da casa mia alla vetta del Ben Lomond come parte di un progetto artistico. Anche all’epoca ci avevo messo solo due giorni. Da allora l’ho scalato molte volte: dal parcheggio, più avanti lungo questa strada, con qualche ora di ripida salita arrivate alla vetta e a magnifiche vedute sul loch e la città. Una volta ho dormito lassù, svegliandomi con i cervi in un’alba rosata. Probabilmente è uno dei monti più scalati della Scozia, ma non per questo meno speciale. Oggi, però, non c’è tempo. La strada chiama.

Riattraverso Balloch e seguo la A82 lungo la sponda occidentale del lago, con un occhio alla strada e uno ai falchi pescatori a caccia sopra le acque. Un tempo estinti in Gran Bretagna, questi magnifici rapaci hanno fatto ritorno in Scozia negli anni ’50 e ora si contano più di 200 coppie nidificanti. Non è raro vederli in questa zona.
Lascio il Loch Lomond a Tarbet e dopo appena due chilometri arrivo alla punta settentrionale del Loch Long. Qui iniziano le Alpi di Arrochar, un gruppo di montagne tra le propaggini superiori del Loch Long e del Loch Goil. Le ho viste spennellate di neve in estate, e in inverno sono belle e austere quanto quelle sul continente. La cima più famosa è il Cobbler (‘ciabattino’): pare assomigli a un calzolaio al lavoro, ma non sono mai riuscito a vederlo. Anche il tragitto è spettacolare, snodandosi attraverso la valle di Glen Croe, all’ombra del Beinn Ìme, fino alla cima del passo chiamata ‘Rest and Be Thankful’ (’riposa e sii grato’), un nome che descrive in modo squisito la sensazione provata dai viaggiatori di un tempo.

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La strada scende a Cairndow e al terzo lago del mio viaggio, Loch Fyne, famoso per il pesce, soprattutto le ostriche, e l’omonima catena di ristoranti diffusa in tutto il Regno Unito. Tutto iniziò qui, al Loch Fyne Oyster Bar. Il birrificio Fyne Ales, un’azienda di famiglia a breve distanza lungo un sentierino, produce birre altrettanto eccellenti. Oggi si trovano in tutta la Scozia, ma non c’è nulla di meglio che gustarle alla fonte. Mi fermo per una birra fredda nel cortile ombreggiato. Per quanto sia tentato di ordinarne un’altra, mi rimetto al volante diretto a ovest, arrivando a Inveraray al tramonto.
Il tempo regge e i lunghi raggi di una sera di tarda primavera inondano le case affacciate sulla baia. È una bella cittadina in stile georgiano, ideata dal duca di Argyll intorno alla metà del XVIII secolo a completamento del vicino castello di sua proprietà. Ha ancora un’aura solenne, con le sue case bianche e le ampie strade. Faccio come sempre, compro una zuppa di pesce al negozio di fish and chips della via principale e scendo in riva al lago. Sono arrivate le prime rondini che si librano basse sul lago. Mi distendo sull’erba. Glasgow dista poche ore, ma non ho nessuna fretta.