Cosa fare in un weekend a Napoli e dintorni

Redazione Lonely Planet
13 minuti di lettura

Ci sono le gite fuori porta. E poi c’è quel weekend che volete fare da tempo e per cui aspettate il momento giusto. Spoiler alert: è sempre un buon momento per programmare un viaggio a Napoli e dintorni. Potrebbe essere un weekend romantico, con i bambini, con gli amici o da soli all’insegna del benessere o della cultura, perché la verità è che a Napoli c’è sempre qualcosa da fare. Ecco allora qualche idea per decidere cosa vedere a Napoli in un weekend.

L’indicibile bellezza del Golfo di Napoli ©Sergii Figurnyi/Shutterstock
L’indicibile bellezza del Golfo di Napoli ©Sergii Figurnyi/Shutterstock
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Le cose da vedere assolutamente a Napoli

Se non avete tempo da perdere e volete andare sul sicuro in una città che è un teatro barocco di bellezza e storia, ecco una pratica e snella guida sulle cose da vedere assolutamente a Napoli:

La Cappella Sansevero e il Cristo Velato

Edificato nel 1590 come ex voto, questo scrigno di arte barocca acquistò il prestigio di cui gode oggi a partire dal 1749, grazie all’eclettico Raimondo di Sangro, principe di Sansevero, che chiamò al suo cospetto i migliori artisti del tempo per progettare un luogo indimenticabile. Il risultato è strabiliante: alzate lo sguardo verso gli affreschi di Francesco Maria Russo e poi abbassatelo lentamente sulla star della cappella, il Cristo velato. Per celebrare la sua grandezza, Raimondo di Sangro chiese ai migliori artisti del Settecento di lasciare il loro segno in questa cappella. Giuseppe Sanmartino superò le aspettative del committente con il Cristo velato (1753), che pare appena adagiato su materasso e cuscino, protetto da un sottilissimo velo a mostrare i particolari di un corpo martoriato, con la fisionomia perfettamente visibile. Molti pensarono che quel velo fosse tessuto marmorizzato, frutto di strani trucchi alchemici del principe. La verità, invece, va ricercata solo nella sapiente mano dell’artista.

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Chiesa del Gesù Nuovo

Porta d’ingresso al decumano inferiore, Piazza del Gesù Nuovo ospita l’omonima chiesa, in cui la pittura e la scultura barocca esplodono in tutta la loro ricchezza. Per prima cosa, però, fermatevi a osservare la facciata: non sembra quella di un edificio religioso; e in effetti era di uno strepitoso palazzo nobiliare, dove si riunivano gli intellettuali del tempo, che nel 1547 il viceré Pedro de Toledo requisì alla potente famiglia dei Sanseverino, colpevole di aver appoggiato la rivolta contro l’Inquisizione. L’edificio finì nelle mani dei gesuiti, che, con interventi radicali, cambiarono volto alla chiesa, ma non alla sua facciata in bugnato di piperno, tuttora avvolta da un mistero. Che cosa significano i segni incisi su alcune bugne? Antiche leggende vogliono che siano stati lasciati dai tagliapietre, un linguaggio in codice solo per loro. Per qualcuno, più di recente, sarebbero invece lettere dell’alfabeto aramaico corrispondenti a note musicali. Insomma, la facciata sarebbe un grande spartito per un concerto di circa 45 minuti. Forse è solo suggestione. Forse.

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Spaccanapoli e la Basilica di Santa Chiara ©Stefano Tammaro/Shutterstock
Spaccanapoli e la Basilica di Santa Chiara ©Stefano Tammaro/Shutterstock

Spaccanapoli

La zona più antica di Napoli è attraversata da tre vie parallele di origine greca che vanno da est a ovest e sono dette ‘superiore’, ‘maggiore’ e ‘inferiore’. Una di queste, oggi nota come Spaccanapoli, era una plateia (ciò che i romani chiamavano decumano), un luogo nevralgico per la comunità ai tempi della fondazione greca. Ancora oggi, per annusare l’aria che tira in città ci si immerge in questo angolo interno, dove ci si muove al ritmo costante e rilassato di un incessante struscio. La via è stretta, il tratto più animato è Via San Biagio dei Librai, ma vi suggeriamo di alzare lo sguardo sui palazzi che vi si affacciano: ce ne sono di belli e nobiliari. Napoli pare svelare qui la sua anima più vera, non solo ai napoletani, ma anche ai visitatori.

Basilica e Monastero di Santa Chiara

L’essenziale fascino della basilica gotica e la ricchezza decorativa del Chiostro delle Clarisse, nel loro accostamento, rendono il luogo magnifico. Tutto ebbe inizio alla fine del Trecento, con la regina Sancia d’Aragona, che, non essendosi potuta fare monaca d iclausura, chiese al marito, Roberto I d’Angiò, di edificarle un complesso religioso. Il re non esitò ad accontentarla, tramandando a noi questo scrigno d’arte. Prima di entrare nel complesso monastico, fate caso al bel campanile trecentesco; non tentate però la scalata: si può vedere solo dall’esterno.

Complesso di San Gregorio Armeno

Nell’arcinota ‘via dei pastori’ (o ‘dei presepi’), c’è una realtà meno nota ai viaggiatori, che di solito si accalcano davanti alle botteghe artigiane, ma di una bellezza unica. È il complesso di San Gregorio Armeno, tra i luoghi di culto più importanti della città: qui è custodito il sangue di santa Patrizia, che, come quello del co-patrono san Gennaro, si scioglie per la gioia dei fedeli.

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Palazzo Reale

Per accogliere il re di Spagna Filippo III ci voleva un palazzo straordinario, qualcosa che Napoli non aveva mai visto prima. E ci voleva anche uno di quegli architetti di grido, come Domenico Fontana, per impostare l’opera. Così, nel 1599 il viceré Fernando Ruiz de Castro diede il via all’imponente cantiere proprio nei giardini del Palazzo Vicereale, vicino al mare; ma ci vollero due secoli per donare all’edificio l’aspetto di cui possiamo godere oggi, grazie all’opera degli importanti architetti che si sono avvicendati nella sua progettazione.

Borgo Marinari

Sull’isolotto di Megaride, dove un tempo sorgeva la villa di Lucullo e oggi c’è il Castel dell’Ovo, si può respirare l’atmosfera di un piccolo borgo di pescatori, nucleo storico dei ‘luciani’, ovvero gli abitanti di Santa Lucia, gente da sempre, orgogliosamente, di mare. Il Borgo Marinari è un approdo per le piccole imbarcazioni, ma è anche area residenziale, con ancora le abitazioni di un tempo, a due soli piani, da cui Napoli ha avuto origine. Nell’ultimo ventennio il borgo è stato riqualificato, sgominando il contrabbando di sigarette per il quale era un centro nevralgico. E oggi è piacevolissimo passeggiare nella sua piazzetta piena di ristorantini e godere dell’invidiabile panorama sul Vesuvio e sulla città.

Lungomare

Conoscere Napoli significa anche entrare in contatto con il suo mare. Per guardarlo da vicino e farvi baciare dal sole, fate questa passeggiata di 2,5 km tra Via Partenope e Via Francesco Caracciolo: da una parte vedrete il mare, con il suo blu prepotente, Capri e i sogni di vacanze dorate, dall’altra un locale dietro l’altro, dove mangiare o prendere un aperitivo, e poi venditori ambulanti, bici che sfrecciano, runner che si allenano, intere famiglie che fanno lo struscio e il Vesuvio che domina la scena e orienta i forestieri. Lasciandovi il golfo alle spalle, guardando davanti a voi vedrete il Vomero e la collina di Posillipo con le sue ville da sogno. E non vorrete essere in nessun altro posto.

Castel Sant’Elmo

Dando le spalle al mare e guardando la collina del Vomero, vedrete sempre il Castel Sant’Elmo, protagonista assoluto di tutte le foto. Del resto, dopo secoli in cui ha protetto la città da invasori e rivoltosi, è passato di mano in mano (dagli Angioini agli Aragonesi e ai Borbone), si è adattato a vivere come fratello minore della Certosa di San Martino e a ospitare un carcere, ora si prende la scena. Lasciateglielo fare: se lo merita. Ed è fotogenico.

Museo e Real Bosco di Capodimonte

Negli ex appartamenti reali, immersi in un vasto bosco che i napoletani vivono come il loro parco del cuore, c’è un museo di importanza mondiale che celebra il passato con una pinacoteca, un’esposizione di arti decorative e un gabinetto di disegni, ma che guarda anche al futuro con allestimenti moderni, mostre contemporanee e progetti educativi e di riqualificazione architettonica: un fulgido esempio di armonia tra antico e moderno.

Piazza del Plebiscito all’alba ©Rudy Balasko/Shutterstock
Piazza del Plebiscito all’alba ©Rudy Balasko/Shutterstock

Scoprire Napoli con un itinerario a piedi

Il migliori modo per apprezzare il fascino di Napoli nella zona di Via dei Tribunali e dintorni è con una passeggiata. Iniziate dalla Basilica di San Domenico Maggiore, ricca di cappelle nobiliari, tra cui la Carafa di Santa Severina in controfacciata e la Brancaccio nella navata destra; nella piazza, notate la secentesca guglia di San Domenico. Poi risalite Via dei Tribunali in cerca del LAPIS Museum, che vi farà scoprire le viscere della Basilica della Pietrasanta.

Proseguendo su Via dei Tribunali, ecco l’ipogeo della Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco, strabordante di ossa e teschi di ignoti diseredati, ‘adottati’ da chi prega per loro; il più famoso è quello della giovane Lucia. La sacrestia affrescata da Francesco Solimena vale da sola la visita della Basilica di San Paolo Maggiore, 100 m più avanti. Quasi di fronte alla chiesa, la strada in discesa è Via San Gregorio Armeno, la via ‘dei presepi’, stipata di botteghe che vendono statuine in terracotta. Al termine della via, girate a destra e poi ancora a destra per vedere la Chiesa di Santa Luciella e il suo misterioso teschio con le orecchie, venerato fin dal Seicento. Tornate su Via dei Tribunali e cercate la nota Sant’Agnese o Madonna con la pistola di Banksy, accanto a una pizzeria; la targa fa sorridere. Alzate infine lo sguardo al Complesso dei Girolamini: due chiostri, la biblioteca pubblica più antica di Napoli e affreschi di Luca Giordano.

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Sotto Napoli, esiste un’altra città ©Stephan Schlachter /Shutterstock
Sotto Napoli, esiste un’altra città ©Stephan Schlachter /Shutterstock

Cosa fare a Napoli quando piove

Il Museo Archeologico di Napoli MANN

L’imponente Palazzo degli Studi, sorto nel Cinquecento ma ristrutturato nel Settecento dall’architetto Ferdinando Fuga, accoglie per volontà di Carlo III di Borbone quello che è considerato il più importante museo archeologico al mondo per i reperti di epoca romana: 12.000 mq di capolavori, tra dipinti, sculture, mosaici. Tanta abbondanza richiede tempo: se ne avete poco, indirizzatevi verso i tesori imperdibili di questa enorme raccolta.

Al livello 0 è custodita la Collezione Farnese: cercate il gruppo del Toro Farnese, la più grande scultura antica esistente (un unico blocco in marmo di 24 tonnellate, alto 3,70 m), ritrovata alle Terme di Caracalla durante gli scavi voluti dal papa. Scendete al –1 per la Collezione Egizia, dove spicca il Naoforo Farnese in basalto, e per la Collezione Epigrafica, nella quale cercare, tra gli altri, la Tavola di Eraclea in bronzo. Al livello 2, nel Gran Salone della Meridiana affrescato da Pietro Bardellino, c’è l’Atlante Farnese, condannato da Zeus a portare su di sé il peso della volta celeste, la più antica rappresentazione delle costellazioni; il peso schiaccia anche chi l’osserva.

Galleria Borbonica

Mentre girovagate per Napoli, non dimenticate che sotto i vostri piedi c’è un’altra città, immersa nel silenzio e nel mistero. Fra i tanti cunicoli e le gallerie che percorrono questo lato oscuro, la Galleria Borbonica è il tratto più fascinoso della Napoli Sotterranea. Fra tunnel per le truppe militari nell’Ottocento, cave di tufo e cisterne dell’acqua, ricoveri per la popolazione in periodo bellico, depositi di mezzi sequestrati ai malavitosi e un’ex discarica vivrete le storie nella storia.

Ci sono diversi ingressi e differenti itinerari fra cui scegliere, tutti guidati. Il percorso Standard (ingres­so da Vico del Grottone o dal Parcheggio Morelli; 1 h circa) è adatto a tutti. Poi ci sono quello Avventura e lo Speleo Light (entrambi ingresso dal Parcheggio Morelli; 1 h 30 min; consigliati abiti sportivi): nel corso del primo potrete navigare su una zattera, lungo una linea della metro incompleta, e percorrere i cunicoli di un acquedotto; il secondo, invece, consente di entrare in magnifiche cisterne ancora piene d’acqua, come se foste speleologi; entrambi non sono adatti ai claustrofobici. La Via delle Memorie, infine, include anche la visita al Palazzo Serra di Cassano.

Catacombe di San Gaudioso

In queste catacombe, i corpi venivano infilati in nicchie di tufo a forma di arco e seduti sulle cantarelle, dove gli schiattamuorti li bucavano per farne uscire sangue e altri fluidi. Poi venivano murati, lasciando spuntare dalla parete solo il teschio, simbolo della morte. Infine, si tentava di restituire ai defunti un alito di vita e dignità affrescandone le sembianze; non senza qualche vezzo, come una gonna colorata o gli attrezzi del mestiere. Benvenuti nell’aldilà.

Pozzuoli ©vololibero /Shutterstock
Pozzuoli ©vololibero /Shutterstock
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Cosa vedere nei dintorni di Napoli

Bacoli, Cuma e i Campi Flegrei

Data la loro vicinanza a Napoli, i Campi Flegrei meriterebbero di essere visitati in ogni caso, anche solo con una gita in giornata. I Campi Flegrei sono un’area dalla intensa attività vulcanica; guardandola su una mappa, si notano i tanti crateri vecchi e nuovi che danno forma al litorale della zona, e che si aggiungono alle molte colline vulcaniche emerse nel corso dei secoli (l’ultima è il Monte Nuovo, nato geologicamente nel 1538). E poi parliamo delle località ricche di fascino: a partire da Pozzuoli, comodo scalo per Procida e Ischia e divertente cittadina sul mare ricca di ottimi ristoranti e locali alla moda.

Nel comune di Bacoli, che comprende molte delle località dei Campi Flegrei meridionali, da Baia a Miseno, troverete ristoranti d liziosi e molti resti archeologici; tra questi spicca una gigantesca cisterna, oltre terme e mausolei che sbucano a bordo strada, chiusi al pubblico ma visibili da fuori.

A Baia, frazione di Bacoli, godetevi un pranzo di pesce sul mare, un bagno di cultura o una passeggiata sul porticciolo, oppure vedete quella voragine di 400 m che si venne a creare quando la città sprofondò sott’acqua a causa del bradisismo. In epoca romana, Punta dell’Epitaffio, il margine settentrionale di Baia, era infatti collegata al promontorio del Castello Aragonese da una cintura di palazzi, interrotti solo da un canale da cui le imbarcazioni entravano in quella che all’epoca era una baia.

A Cuma i greci, attratti dalla fertilità del terreno, si insediarono nell’VIII secolo a.C., proprio agli albori della colonizzazione greca in Occidente. Provenienti dalla Calcide, nella Grecia centrale, i fondatori di Cuma importarono nella Penisola la cultura ellenica e l’alfabeto calcidese, ripreso poi sia dagli etruschi sia dai latini. Questa località ha un forte valore storico (oltre che simbolico, essendo legata alla figura della Sibilla Cumana). Il parco archeologico custodisce ciò che resta dell’insediamento, che dopo la fase greca subì il controllo dei sanniti, dei romani e infine dei saraceni, per poi essere abbandonato attorno al XIII secolo.

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Pompei, Ercolano e il Vesuvio

Visitate questa zona per sentirvi dei veri turisti, nel senso classico del termine: discendenti dei viaggiatori del Grand Tour. Così come ai tempi degli esploratori dell’Ottocento, che passeggiavano tra le grandi rovine italiane e greche per immergersi nelle loro origini, ancora oggi quell’aura di fascino permea gli scavi di Pompei, Ercolano e del Golfo di Napoli. Visitateli col cuore aperto. Penserete alla vita, alla morte e alla sfortuna, all’abisso e al sublime, ascolterete le grida di dolore degli abitanti come fossero incastonate nel magma della Campania Felix; sentirete l’attimo esatto in cui il cuore di intere città ha smesso di battere, e la loro celeberrima felicità è svanita.

Solo vedendo Pompei dall’alto con l’aiuto delle tecnologie ci si può fare un’idea dell’estensione di questa meraviglia; ad altezza uomo, infatti, è facile perdersi tra le strade ora spente di una città che rivive nella sua poetica e spettrale immobilità. A Ercolano vivrete la stessa esperienza, ma con un tocco di emozione in più: quella che vi legherà a tutti i suoi non-abitanti e alle loro vicende personali, che certo non vedrete, ma di cui sentirete la presenza. Le ville del Golfo di Napoli, invece, sono riemerse solo in parte, ma ciò che è visibile compensa l’invisibile e vi potrebbe bastare per colmare 1000 notti di rêveries e sogni di mondo antico.

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Il porticciolo di Procida ©tommaso lizzul /Shutterstock
Il porticciolo di Procida ©tommaso lizzul /Shutterstock

Capri, Ischia e Procida

Qui le forze della natura si sono esplicitate nei millenni generando un arcipelago magnifico, una triade sbucata dal mare, smussata dai venti e forgiata dal fuoco, per secoli vezzo di imperatori, preda di pirati e rifugio di personaggi estroversi. A Capri, Ischia e Procida preparatevi a familiarizzare col gergo dei marinai, ma anche a scarpinare su sentieri e scogliere: ad aspettarvi ci saranno poesia struggente e bellezza spregiudicata, panorami immensi ed esperienze gastronomiche indimenticabili. Camminerete tra ville e giardini monumentali, rovine sommerse e borghi d’altri tempi o dall’eleganza ostentata.

E che dire del mare? A Capri è esteticamente perfetto, a Ischia nasconde magma e fumarole, a Procida ha un che di romantico. Salite su una barca e sfidatene il periplo, troverete diversi anfratti silenziosi dove tuffarvi e panorami che si spingono fino alle isole Pontine da un lato, alla Costiera Amalfitana dall’altro.

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