In Turchia alla scoperta degli antichi regni dell’Anatolia
Rovine degli hatti, porte e bassorilievi in pietra degli ittiti, fortezze del regno di Urartu, resti di quello del Ponto, tombe frigie, chiese medievali armene e georgiane, moschee e medrese (scuole coraniche) dei beylik (principati) selgiuchidi: nel cuore dell’Anatolia, tra le vicine potenze in guerra, nasceva e spariva una serie di regni locali e piccoli staterelli. Per comprendere l’impressionante e complicata storia della Turchia è bene non limitare la visita alle sole rovine greco-romane.

Sulla vetta del Nemrut Dağı
In cima al Nemrut Dağı, l’immenso tumulo funerario di massi di Antioco I è fiancheggiato da due terrazze con le famose statue, le cui teste alte 2 m, cadute a causa dei terremoti, giacciono a terra davanti ai rispettivi colossali corpi seduti in trono. Le statue meglio preservate sono quelle dei corpi in trono sulla terrazza est e quelle delle teste sulla terrazza ovest; esse rappresentano Antioco e quattro personaggi gr co-persiani (che riflettono l’ascendenza mista di Antioco), oltre alle figure guardiane di leoni e aquile.
Il (più consueto) approccio da sud alla vetta, da Karadut o Kahta, porta inizialmente al piccolo complesso del centro visitatori con un caffè e una vasta terrazza che offre fantastiche vedute panoramiche. Dopo aver pagato la tariffa d’ingresso si percorrono gli ultimi 2 km fino al parcheggio sulla sommità a bordo di un autobus navetta. Dal parcheggio salendo ancora a piedi per circa 600 m si giunge alle terrazze ovest ed est. L’approccio al sito da nord, provenendo da Malatya, porta invece a un ingresso e a un parcheggio distanti 250 m dalla terrazza est. Una volta in cima, a prescindere dal lato del tumulo che si costeggia, andare da una terrazza all’altra è una passeggiata di 300 m.

Le statue e le teste sono collocate in base a uno stesso ordine su entrambi i lati: da sinistra a destra, il leone, l’aquila, Antioco, Tiche di Commagene (la dea della fortuna e della fertilità), Zeus-Oromasde, Apollo-Mitra, Eracle-Artagnes, l’aquila, il leone.
Sul retro delle statue orientali ci sono iscrizioni in greco. Sulle basse mura a lato delle terrazze un tempo c’erano diversi rilievi raffiguranti processioni di antichi sovrani della Persia e della Grecia, ‘predecessori’ di Antioco. Il sito aveva una strada cerimoniale d’approccio che portava a quelli che Antioco chiamava i ‘troni degli dèi’, costruiti su ‘fondamenta che nessuno avrebbe mai demolito’.
Molti tour portano i turisti al sito per vedere l’alba, al tramonto di solito ci sono meno persone, mentre visitandolo durante le ore diurne è molto facile averlo tutto per sé.

Ani, l’antica capitale armena
Dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, il sito archeologico di Ani va assolutamente inserito in qualsiasi itinerario di viaggio in Turchia. Al di là di un lungo tratto di mura fortificate e alla deriva in un mare di prati ondulati sono disseminati i relitti di grandi edifici in pietra, punti di riferimento di una città fantasma che oltre un millennio fa era la maestosa capitale dell’Armenia, con una popolazione di quasi 100.000 abitanti e in grado di rivaleggiare con Costantinopoli in quanto a potere e gloria. Le suggestive rovine oggi sorgono su un altopiano spazzato dal vento, in alto sopra la Gola di Arpaçay (Akhurian), in cui scorre un fiume che segna il confine turco-armeno e oltre la quale si innalza il Monte Aragats (4090 m) incappucciato di neve. Nella pressoché totale assenza di folla, i visitatori possono immaginare il passato di questa terra: il prospero regno, il solenne cerimoniale della liturgia armena e i viaggiatori, i mercanti e i nobili dell’XI secolo intenti nei loro affari in questo crocevia commerciale lungo la Via della Seta.
Che cosa vedere ad Ani
Suggeriamo di visitare il sito seguendo un percorso antiorario, così da avvicinarsi alla Chiesa di San Prkitch (del Redentore) dalla prospettiva migliore (ovest). In genere la luce più indicata è quella del tardo pomeriggio, ma in mattinata di solito fa meno caldo. Per quanto riguarda il tempo da dedicare alla visita del sito, calcolate almeno due ore e mezza per esplorare le rovine, tre se si aggiunge l’İç Kale, e il doppio includendo anche un’approfondita perlustrazione delle grotte della ‘città sotterranea’.
La Manuçehr Camii, costruita nel 1072 dai turchi selgiuchidi che si avvalsero di architetti e artigiani armeni, presenta una commistione di stili ed è ritenuta essere la prima moschea turca eretta in Anatolia. È un edificio relativamente ben preservato, con un alto minareto a pianta ottagonale, che oggi conserva solo più sei volte; il fresco interno è caratterizzato da lavorazioni in pietra rossa e nera, con intarsi in pietra policroma a decorare i soffitti.
Completata nel 1010, la cattedrale con i suoi ciuffi d’erba sul tetto è il più grande edificio presente ad Ani. Con sobrie mura esterne in pietra decorate con delicati archi ciechi e in parte coperte dalle impalcature, le imponenti proporzioni della cattedrale risaltano meglio all’interno, tra slanciati pilastri compositi con nervature che salgono a incorniciare gli archi e la luce che filtra dalle tante alte e strette finestre a ferritoia. La cupola centrale che un tempo coronava l’edificio è crollata secoli fa.
In bella posizione dominante il fiume che scorre nella gola, la Chiesa di Tigran Honents ( XIII secolo) è piuttosto integra, seppur l’attuale porta principale è quella che un tempo si trovava in un muro interno, restaurato in seguito al crollo dell’estremità occidentale della navata. Eretta nel 1215 dal pio mercante Tigran Honents, è dedicata a san Gregorio l’Illuminatore ed è chiamata in turco anche Resimli Kilise (Chiesa con Dipinti), per i frammenti di affreschi dai colori vivaci che rappresentano scene tratte dalla Bibbia e dalla storia della Chiesa armena.

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La città sotterranea di Ani
Le pareti rocciose e le valli nei dintorni dell’altopiano di Ani sono punteggiate da centinaia di grotte che le guide turistiche chiamano complessivamente ‘città sotterranea’ di Ani. In gran parte scavate dall’uomo nel corso dei millenni, le grotte sono servite come abitazioni, ripari per animali, cappelle e – le più piccole – come colombaie utili per approvvigionarsi di uova e concime. Concentrazioni di grotte si possono vedere nel canalone sotto la Chiesa di Grigor Pahlavuni e sull’altro lato della valle dal Palazzo Selgiuchide.
Le grotte occidentali sono accessibili al pubblico, mentre non lo sono quelle nella Gola di Arpaçay, un’area interdetta perché è zona di confine. Per trovare le grotte più interessanti – caravanserragli con più camere, chiese con angeli affrescati, colombaie con cupole e lunghe gallerie scavate nella roccia – è in genere necessario l’accompagnamento di una guida. L’esplorazione della città sotterranea richiede un paio di ore, da aggiungersi al tempo preventivato per la visita del sito archeologico di Ani.

Boğazkale e Hattuşa
I resti delle fortificazioni di Hattușa digradano lungo il pendio collinare in un idilliaco contesto rurale, quale testimonianza della capitale ittita dell’Età del Bronzo.
Tra i vicoli acciottolati del villaggio di Boğazkale anatre e bovini passeggiano indisturbati e i bambini gareggiano a bordo delle carriole, le aie hanno porte di epoca ittita o bizantina e ovunque si avverte la sensazione di essere in una città dal passato glorioso. Quasi tutti i turisti vengono solo per visitare Hattuşa e Yazılıkaya, che si possono raggiungere a piedi se il caldo non è eccessivo, tuttavia la zona ha molto più da offrire. Circondata da vallate con grotte ittite, nidi di aquile, farfalle e un forte risalente al Neolitico, nell’area intorno a Hattuşa non mancano le mete escursionistiche: potreste dirigervi 4 km a est di Yazılıkaya e salite sull’Yazılıkaya Dağı per ammirare il panorama al tramonto, o recarvi fino alla pozza d’acqua (che la gente del posto chiama hoşur) sul fiume Budaközü per rinfrescarvi dopo un’intera giornata trascorsa tra le rovine. Sul far della sera, il silenzio è rotto solo dallo sporadico passaggio di qualche auto che percorre la via principale di Boğazkale sollevando nuvole di polvere, ma la piacevole condizione di isolamento di questa zona rurale potrebbe indurvi a trattenervi una notte in più.
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Che cosa vedere
Il Museo di Boğazkale ha ottimi pannelli informativi che offrono un quadro completo sia sulla storia sia sulla cultura degli ittiti, mentre l’esposizione dei reperti, provenienti tutti da Hattuşa, è allestita con cura e con senso artistico facilitandone la fruizione. Il fiore all’occhiello della collezione sono le due originali statue delle sfingi che nell’antichità erano le immobili custodi della Porta della Sfinge di Hattuşa, in cima al tumulo fortificato sopra la postierla (piccola porta nascosta di una cinta fortificata) di Yer Kapı. Esposte in mostra a Berlino e a İstanbul, le sfingi sono tornate a Boğazkale nel 2011. Si tratta di uno dei più prestigiosi piccoli musei provinciali della Turchia ed è imperdibile per chiunque nutra un interesse per la civiltà ittita.
Durante l’Età del Bronzo, il regno ittita si estendeva a ovest fino al Mar Egeo e a sud fino alla Siria, con il centro di comando nella capitale Hattuşa, un’isolata città di montagna con una popolazione di 15.000 abitanti. Oggi i resti delle mura difensive, con le loro porte cerimoniali e la postierla della galleria segreta, che cingono le rovine sparse nel sito, sono gli elementi più suggestivi e impressionanti. Per fare un giro completo del sito a piedi occorrono circa tre ore (soste comprese).
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Cosa sapere per visitare Hattuşa
- Alle rovine si giunge con una facile e davvero gradevole passeggiata da Boğazkale.
- Andateci la mattina presto, prima che il XIX secolo si materializzi nelle sue sembianze di autobus turistici.
- Iniziate la vista dalla città bassa e dalle rovine del tempio, raggiungibili tramite il sentiero in salita che parte dalla biglietteria di Hattuşa, di fronte ai resti di una casa costruita sul pendio.
- Il circuito ad anello è un percorso collinare di 5 km; per percorrerlo a piedi, indossate un paio di scarpe robuste e procuratevi acqua a sufficienza.
- L’ombra è davvero scarsa, pertanto non dimenticate un cappello e la crema solare protettiva.
- Il complesso della biglietteria all’ingresso ha servizi igienici e un caffè. Non ci sono altri servizi e strutture simili nel sito.