Una mini guida per visitare il Museo del Prado, a Madrid
Il Museo del Prado a Madrid è una delle pinacoteche più importanti del mondo. La sua vasta collezione comprende opere di maestri europei come Rubens, El Greco, Bruegel, Dürer, Raffaello e Rembrandt, ma sono gli spagnoli a dominare la scena, con tele incomparabili come Las meninas di Velázquez e le Pinturas negras di Goya che preannunciano l’arte moderna.
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La collezione asburgica
La collezione reale inizia con Carlo V, che s’incontra nella sala 27 al primo piano. Trionfante a cavallo del suo destriero, l’imperatore aveva appena riportato una vittoria contro i protestanti nella battaglia di Mühlberg. Il ritratto equestre è opera di Tiziano, uno dei pittori che godette anche del favore del figlio di Carlo V, Filippo II, il primo Asburgo a stabilirsi in Spagna in via permanente. Filippo, il cui ritratto si trova accanto a quello del padre, era un appassionato collezionista d’arte e, oltre a numerosi dipinti che raffigurano scene di corte e soggetti sacri, per questo monarca Tiziano realizzò diverse tele piuttosto audaci ispirate alle Metamorfosi di Ovidio.
Durante il suo regno Filippo sviluppò anche il gusto per la pittura fiamminga e attinse alle sue vaste fortune per comprare tele di maestri come Hieronymus Bosch, esposto al piano terra nella sala 056A. Qui si può ammirare il famoso trittico Il giardino delle delizie, un’opera affascinante e surreale, e nelle sale vicine si trovano altri quadri di maestri fiamminghi, tra cui Pieter Bruegel con il Il trionfo della Morte nella sala 055A e La deposizione di Van der Weyden nella sala 058.
Il Secolo d’Oro
Grazie alla collezione reale che si arricchiva sempre più di capolavori, la Spagna divenne un centro artistico a pieno titolo richiamando talenti come El Greco, la cui tela Il nobile con la mano sul petto è uno dei punti di forza del museo. Sebbene il suo stile fantasmagorico distorto non incontrasse il favore di Filippo II, fu comunque d’ispirazione a un giovane Picasso che visitò il museo secoli dopo.
Velázquez
Ma il Siglo de Oro fu soprattutto l’epoca di Velázquez. Giunto alla corte di Spagna da Siviglia nel 1622 alla tenera età di 24 anni, Diego Velázquez si conquistò rapidamente il favore del giovane re Filippo IV e si mise all’opera per realizzare i ritratti reali. Il più famoso di questi è il suo capolavoro, Las meninas (Le damigelle d’onore), nella sala 12, che raffigura al centro l’infanta Margherita circondata da attendenti e dame. L’artista dipinse anche se stesso a sinistra della bambina, mentre guarda l’osservatore con piena coscienza di sé. Riflesse nello specchio in fondo sono le due minuscole figure di re Filippo IV e della regina Mariana. Viene da chiedersi se Velázquez avesse avuto l’incarico di dipingere anche i monarchi e, in questo caso, perché avrebbe poi deciso di raffigurali così in piccolo.
La tela a cui l’artista sta lavorando non è visibile all’osservatore, che è lasciato quindi libero di trarre le sue conclusioni. Le sale vicine contengono altri splendidi ritratti di Velázquez, tra cui spicca La fucina di Vulcano nella sala 11. Dipinta in occasione di un viaggio a Roma, la tela mostra l’evoluzione della tecnica pittorica dell’artista che inserisce una fisicità immediata nella scena di sapore classico.
Goya e i Borboni
Nel 1775, circa 150 anni dopo Velázquez, un altro grande pittore di corte arrivò a Madrid. All’epoca regnavano i Borboni, una dinastia che aveva una visione decisamente più vivace e appariscente rispetto alla nera eleganza tanto amata dagli austeri Asburgo. Fu quindi una mossa coraggiosa quella compiuta da Francisco Goya, che rese omaggio a Velázquez con un ritratto piuttosto cupo della famiglia di Carlo IV. In questa tela il pittore non solo imita gli sfondi scuri del suo maestro, ma si inserisce anche lui nella composizione: lo si può vedere sbirciare dal cavalletto proprio come Velázquez in Las meninas. Ancora più audace è il suo fedele ritratto della coppia reale: l’espressione insulsa del re e la corruzione sul volto della regina Maria Luisa di Borbone-Parma, nota per la sua infedeltà, mostrano all’osservatore una casa reale prossima alla caduta. Poco dopo, infatti, Napoleone invase la Spagna innescando la brutale guerra peninsulare che segnò per sempre la psiche di Goya. Altre opere degne di nota sono El dos de mayo ed El tres de mayo nella sala 64, e le Pinturas negras (Pitture nere) nella sala 67. Queste ultime, eseguite dopo la guerra, esprimono tutta l’angoscia provata dal pittore durante il conflitto.
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Un itinerario per non perdersi le cose più importanti
Iniziate al primo piano con Las meninas di Velázquez. Il quadro vale da solo il prezzo del biglietto ed è l’introduzione ideale all’epoca d’oro dell’arte spagnola del XVII secolo; accanto ammirerete altri dipinti di Velázquez e opere di Zurbarán e Murillo. Sempre al primo piano, cercate La maja vestida e La maja desnuda di Goya, e nelle sale vicine altre opere realizzate dal pittore agli esordi della carriera. Al piano terra, all’estremità meridionale del museo, la furia di Goya contro la dominazione francese si esprime negli struggenti El dos de mayo ed El tres de mayo, mentre il tormento degli anni successivi trova spazio nelle sale adiacenti con le Pinturas negras. Sempre al piano terra, l’opera di Hieronymus Bosch Il giardino delle delizie è uno dei capolavori più preziosi del museo. Tornando al primo piano, l’Adorazione dei pastori di El Greco è un’opera straordinaria, così come Le tre Grazie di Pieter Paul Rubens, al centro della raccolta dei maestri fiamminghi. Una deviazione al secondo piano permette di ammirare alcune opere meno note di Goya, ma terminate comunque la visita con l’Edificio Jerónimos, i chiostri e il magnifico gift shop.