Bloccati in paradiso: quando il Covid-19 ti cambia il programma di viaggio

Dopo settimane bloccati in casa per il lockdown legato al Covid-19 spesso ci troviamo a immaginare spiagge bianche, acque cristalline, ma ci viene sempre più difficile ricordare il calore del sole sulla pelle, il sapore salmastro dell’acqua di mare e come si appiccica ai capelli, o quel fastidio che ora ci pare un lusso di altri tempi: la sabbia che si insinua nelle scarpe. Eppure ci sono alcuni viaggiatori che l’esperienza del coronavirus l’hanno vissuta in maniera piuttosto anomala, bloccati nel pezzetto di mondo in cui si sono trovati al momento dello scoppio della pandemia. Sandra e Jamie, di Upendo Vibes e Serena e Carlo, The Nirvan sono due coppie di viaggiatori sorpresi lontani da casa da questa inaspettata rivoluzione degli spazi. Ecco la loro storia.

Upendo Vibes e Serena e Carlo, The Nirvan sono due coppie di viaggiatori sorpresi lontani da casa durante la pandemia ©The Nirvan
Upendo Vibes e Serena e Carlo, The Nirvan sono due coppie di viaggiatori sorpresi lontani da casa durante la pandemia ©The Nirvan
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Ciao, intanto raccontateci chi siete e cosa vi ha portati così lontano da casa.

Upendo Vibes

Siamo Sandra e Jamie, due fotografi e videomaker professionisti e content creators. Stiamo insieme da quasi 16 anni e da un po di tempo ci siamo resi conto che la vita di città non faceva per noi. Ora, viaggiamo per creare contenuti (foto e video) per brand e aziende con cui collaboriamo di volta in volta, oltre al materiale che creiamo per noi stessi come reportage del viaggio. Abbiamo viaggiato per tutta l'Europa a bordo del nostro van due anni fa e abbiamo esplorato il sud America l'anno scorso. Il nostro progetto 2020 è partito a inizio febbraio, quando siamo volati a Bangkok, e prevedeva la scoperta del sud est asiatico (in particolare Thailandia, Vietnam e Cambogia). Il nostro obbiettivo personale, oltre alle collaborazioni, era quello di realizzare un documentario alla scoperta di cibi, usi e costumi tipici delle varie popolazioni, entrando il più possibile a stretto contatto con loro, ma su questo ci siamo presto dovuti ridimensionare per paura del virus. 

The Nirvan

Siamo Serena, 30 anni e Carlo, 31 anni. Stiamo insieme da 5 e fino a 7 mesi fa convivevamo in un appartamento a Milano. Abbiamo sempre viaggiato durante le ferie come backpackers, soprattutto in Asia e Africa. Dopo un trekking in Nepal, però, abbiamo capito l’importanza del nostro tempo, decidendo di lasciare i nostri lavori e investire i nostri pochi risparmi in un viaggio full time della durata di un anno e mezzo su un van.

Lo scorso aprile abbiamo comprato un Fiat Ducato usato e durante i 3 mesi successivi lo abbiamo trasformato in una piccola casetta su ruote. A fine agosto abbiamo spedito il nostro van in Canada con una nave, e da lì è iniziato il nostro grande viaggio: abbiamo attraversato il Canada da Est a Ovest per poi percorrere la famosa Alaska Highway raggiungendo Fairbanks, a pochi chilometri dal circolo polare artico. Da quel punto così a Nord è iniziato il viaggio lungo la panamericana, che ci porterà fino alla Patagonia, in Argentina.

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Dove stavate viaggiando prima che scoppiasse l’emergenza?

Upendo Vibes

Quando siamo partiti dall'Italia la situazione era preoccupante solo in Cina, amici e parenti continuavano a chiedere se fossimo sicuri di partire, e a suggerire che potesse essere pericoloso andare proprio in Asia, il fulcro di tutto. Abbiamo poi scelto di seguire l'istinto, e siamo partiti. Il primo periodo lo abbiamo passato in Thailandia e quando in Italia si sono registrati i primi casi ci trovavamo a Sukhothai, e mi ricordo che stavamo visitando uno dei bellissimi templi della città, pensando a quanti pochi turisti ci fossero in giro e a quanto sarebbe stato bello poter giocare a nascondino lì in mezzo. Dopo qualche giorno siamo volati in Vietnam, ad Hanoi, dove siamo rimasti quasi una settimana per una collaborazione lavorativa con un tour operator locale. Il visto durava due settimane in tutto, quindi ne rimaneva solo una per esplorare il paese, e intanto le persone iniziavano ad avere strane espressioni quando dicevi loro di essere italiano. In Italia infatti, nel frattempo, stavano venendo fuori centinaia di casi al Nord. Un giorno ci siamo ritrovati a mentire ad un tassista circa la nostra provenienza per evitare di essere lasciati a piedi. Abbiamo deciso di "essere tedeschi" perché sembrava decisamente più facile che spiegare che fossimo in viaggio da quasi un mese ad una persona che a malapena parlava inglese. Il visto scadeva l'11 marzo. Una volta attraversato il confine tra Vietnam e Cambogia in barca risalendo il Mekong, abbiamo scoperto che l'OMS aveva appena dichiarato la pandemia. 

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The Nirvan

Stiamo viaggiando da 7 mesi e da 3 siamo in Messico. Da qui abbiamo seguito lo sviluppo degli eventi relativi all’emergenza sanitaria in atto, prima in Cina, poi in Italia e in tutto il mondo. Nelle ultime settimane abbiamo proseguito il viaggio perché non erano ancora state annunciate persone positive al covid-19, ma eravamo preparati all’eventualità che l’emergenza sarebbe arrivata anche in Messico.

Dove eravate quando avete scoperto che non potevate proseguire, né rientrare?

Upendo Vibes 

Appena entrati in Cambogia abbiamo deciso di fare qualche giorno di mare, prima di proseguire a esplorare il paese e, soprattutto, i templi di Angkor. Abbiamo optato per Koh Rong Sanloem, piccola e selvaggia isoletta di fronte all'orribile città/cantiere che è Sihanoukville. In una settimana sull'isola abbiamo visto tanta gente partire, e ogni giorno sempre meno persone arrivare. La popolazione locale, gli Khmer, iniziavano a guardare noi occidentali con diffidenza, i bambini si mettevano una mano in faccia come a simulare una mascherina ogni volta che ci incontravano, o fingevano colpi di tosse. L'atmosfera stava diventando strana. 

Dopo una riunione della polizia con tutti i proprietari delle attività, qualche locale ha iniziato a chiudere. Dato che eravamo curiosi di visitare l'isola di fronte, più grande, Koh Rong, abbiamo approfittato di questo momento di incertezze e di stranezze per lasciare la paradisiaca koh Rong Sanloem e cambiare aria per qualche giorno, prima di tornare sulla terraferma e proseguire per i templi di Angkor. Sull'isola grande siamo rimasti solo 2 notti, il mare era più mosso e meno cristallino, la gente era ancora meno e l'atmosfera non ci piaceva. Con il fatto che l'isola è più grande, le poche persone presenti si disperdevano, ed era come essere completamente soli. Non ci piaceva. Nel frattempo abbiamo scoperto, tramite gli amici italiani, francesi e spagnoli che abbiamo conosciuto nella prima isoletta, che i locali erano quasi tutti chiusi, e che il giorno dopo sarebbero entrati in quarantena. Con la paura che non ci facessero partire per Siem Reap (Angkor Wat) e quindi di rimanere bloccati a Sihanoukville, siamo tornati sulla nostra bella isoletta, Koh Rong Sanloem, in quarantena ma con tanti amici a supporto. Le misure di sicurezza adottate in quei giorni sono cresciute ogni giorno di più. Ogni market rimasto aperto aveva lo spray o il gel disinfettante all'ingresso, era diventato obbligatorio indossare la mascherina, i ristoranti avevano iniziato a lavorare solo tramite take away per evitare assembramenti, qualcuno provava a partire per raggiungere il suo paese ma ogni volo veniva cancellato. Eravamo rimasti pochissimi e ormai ci conoscevamo tutti, ma cercavamo comunque di creare piccoli gruppi per evitare problemi con la polizia, che passava più volte al giorno in scooter con microfono e cassa, intimando a tutti di lavarsi le mani, indossare la mascherina ed evitare assembramenti. Si alternavano momenti in cui ci reputavamo fortunati ad essere lì, ad altri di completa incertezza, ansia e preoccupazione per la tragedia che si stava consumando in Italia e ormai anche nel resto del mondo. 

The Nirvan

Il 16 marzo abbiamo visitato il nostro primo Cenote in Yucatán, fermandoci per la notte nel parcheggio con il nostro van. La mattina del giorno seguente il proprietario è venuto a comunicarci che da quel giorno tutte le attrazioni turistiche dello Yucatán erano chiuse. Ci è inizialmente dispiaciuto pensare che avremmo interrotto il nostro viaggio, ma siamo stati felici di sapere che il Messico si stava muovendo rapidamente per prevenire il peggio. Ci siamo sentiti estremamente fortunati a trovarci in questo paese in un momento di emergenza perché è dotato di servizi efficienti, è sicuro, e possiede una gran varietà di cibo. Se fossimo capitati in un paese più a sud del Messico forse sarebbe stato più difficile affrontare questa situazione. Il rientro in Italia è la nostra ultima opzione. Non abbiamo mai pensato di rientrare perché il nostro paese si trovava e si trova tutt’ora in una situazione di elevata emergenza e, viaggiando in aereo, avremmo messo a repentaglio la nostra salute e quella degli altri. Il nostro visto ci consente di rimanere in Messico altri tre mesi e speriamo di poter proseguire il viaggio prima che scada.

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Jamie a  Koh Rong Sanloem © Upendo Vibes
Jamie a Koh Rong Sanloem © Upendo Vibes

Quali opzioni vi si sono presentate e come avete deciso il da farsi?

Upendo Vibes 

Le nostre incertezze si accumulavano di giorno in giorno, ed erano sempre più insistenti e difficili da gestire. Confrontarsi con le altre persone era talvolta un sollievo, ma ogni tanto aumentava i nostri dubbi. Potevamo provare a venire via dall'isola e tentare di raggiungere la Thailandia in qualche modo, perché da lì avremmo avuto il volo di ritorno a fine aprile e poteva essere utile iniziare a spostarsi. Salvo poi scoprire che per raggiungere la Thailandia avevamo bisogno di un certificato medico di buona salute, del tampone per COVID-19 e di un'assicurazione sanitaria che coprisse minimo 100.000 dollari di spese mediche. Per l'assicurazione siamo riusciti a regolamentarci, ma dall'ambasciata thailandese in Cambogia ci è arrivata una risposta che ci ha destabilizzanti: ci dicevano che in Cambogia sarebbe stato difficile, se non impossibile, ottenere il certificato medico. Quindi abbiamo scartato l'opzione di raggiungere la Thailandia e abbiamo pensato che tutto sommato avremmo potuto stare sull'isola ancora qualche giorno prima di prendere una decisione. Volevamo aspettare i primi di aprile per capire come sarebbe evoluta la situazione in Italia e decidere se fosse saggio rientrare in patria prima del previsto. 

Poi ci siamo messi in contatto con una persona che lavora per l'ambasciata italiana a Bangkok, siamo stati inseriti in un gruppo Whatsapp di italiani bloccati in Cambogia. Il suggerimento era uno: andate a Phnom Penh. 

A quanto pareva l'ambasciata italiana in Thailandia (in Cambogia purtroppo non è presente) stava cercando di organizzare un volo di rimpatrio da Phnom Penh, con l'aiuto di altre ambasciate europee presenti in Cambogia. Ci intimavano di recarci nella capitale, per essere pronti qualora fosse disponibile un volo, cosa che loro avrebbero potuto scoprire dall'oggi al domani e senza preavviso. Dato che dall'isola partiva una sola barca al giorno per la terraferma e poi servivano 5 ore di macchina per raggiungere Phnom Penh, lasciare l'isola sembrava l'unica soluzione possibile. 

L'opzione "rimanere sull'isola" ci è sembrata tante volte la più appetibile e la più sicura per la nostra salute, ma poi il buonsenso ha avuto la meglio perché non abbiamo idea di quanto potesse durare la quarantena e rimanere per tre mesi sarebbe stato possibile perché il visto, vista l'emergenza, si sarebbe rinnovato automaticamente e gratuitamente. Potevamo anche permettercelo economicamente, perché qui le spese sono davvero basse e spendevamo 20 dollari al giorno in due, tra dormire e mangiare (3 pasti). Un problema era la stagione, di qui ad un mese inizierà la stagione dei monsoni che durerà per 4 mesi abbondanti. L'altro problema grande è che io (Sandra) ho bisogno di un farmaco per l'epilessia, la mia scorta arriva fino a metà maggio ma se fossimo andati oltre, non avrei potuto reperirli sull'isola e questo sarebbe stato un disastro. 

Da qui la nostra decisione finale: dovevamo tornare in Italia prima che chiudessero tutto, traffico aereo incluso, grazie all'aiuto dell'ambasciata.Ed è per questo che ora vi scriviamo dalla camera di un albergo a Phnom Penh, dove siamo in attesa di indicazioni da parte dell'ambasciata, che sta organizzando questo volo di rimpatrio e cerca di aggiornarci quotidianamente. 

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The Nirvan

Subito dopo aver appreso delle restrizioni che un po’ alla volta venivano attuate in Messico, abbiamo deciso di andare a rifugiarci il prima possibile verso un’area tranquilla vicino al mare dove poter parcheggiare il van e rimanere isolati il più possibile (abbiamo un pannello solare che ci rende indipendenti dal punto di vista energetico e abbiamo 80 litri come capacità di acqua). Abbiamo scelto un bel posto su una lingua di sabbia a cavallo tra il mare caraibico e delle saline. A farci compagnia c’erano pellicani, fenicotteri e gabbiani e il rumore del mare e del vento come sottofondo.

Dopo due settimane in questo paradiso, due poliziotti che ci hanno consigliato di spostarci al villaggio de Las Coloradas, a 7 km da dove ci trovavamo e dove andavamo a rifornirci. Essendo completamente isolati, in caso di emergenza, nessuno ci avrebbe potuto aiutare. Inoltre, ci hanno riferito della presenza di imbarcazioni di narcotrafficanti, perciò non ce lo siamo fatti ripetere due volte, accogliendo con molto piacere il loro invito.

Ci sono alcuni vantaggi ad essere bloccati su un'isola semi deserta © Upendo Vibes
Ci sono alcuni vantaggi ad essere bloccati su un'isola semi deserta © Upendo Vibes

Quali sono le difficoltà e i vantaggi dell’essere bloccati in paradiso?

Upendo Vibes 

L'essere bloccati in una capitale non è certo poetico e pittoresco come l'essere bloccati su un'isola, ci sentiamo molto più in gabbia. Sull'isola indossavamo sempre la mascherina ma potevamo comunque andare al mare, bere la nostra birra al tramonto in uno dei pochi bar rimasti aperti, avevamo un bel gruppo di amici ed eravamo tranquilli per la nostra salute, in quanto realmente "isolati". In città è diverso, non ci sentiamo tranquilli ad uscire, ed è meglio non farlo. Qui i casi scarseggiano, ma temiamo sia solo per lo scarso controllo, per cui preferiamo restare qui. La fortuna è che abbiamo trovato un posto con la piscina e il ristorante interno, quindi non abbiamo necessità di uscire per forza. Inoltre stiamo approfittando per metterci in pari con tutto il lavoro accumulato, con la post produzione, la scrittura del blog, l'editing. Passerà veloce.

The Nirvan

Da più di una settimana siamo posizionati vicino alla spiaggia di Las Coloradas, un villaggio di circa 2000 persone. Inizialmente ci siamo totalmente isolati perché pensavamo, essendo stranieri, di essere discriminati e soprattutto di recare fastidio agli abitanti, come è successo ad altri viaggiatori. Invece, dopo aver spiegato la nostra situazione, la gente ci ha accolto in modo generoso, comprendendo le nostre difficoltà e invitandoci a rimanere con loro. Ci sentiamo anche sicuri perché questo villaggio non ha nessun positivo al virus e da tre settimane all’ingresso del villaggio c’è un posto di blocco per impedire l’entrata e l’uscita, evitando così la diffusione del virus in questa comunità. 

Gli unici aspetti “negativi” sono che, non potendo uscire dal villaggio, non è possibile recarsi in città (a 70km) per fare scorte di cibo. Ci sono però dei piccoli negozietti che vendono i beni di prima necessità. Inoltre, all’interno del villaggio non è possibile pagare con la carta di credito e non ci sono atm. Tra due o tre settimane finiremo i contanti, per fortuna, abbiamo parlato con il responsabile del villaggio che sembra voglia aiutarci nel risolvere questa situazione.

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Che fare bloccati in paradiso? La notte lo spettacolo è gratis, basta alzare gli occhi © The Nirvan
Che fare bloccati in paradiso? La notte lo spettacolo è gratis, basta alzare gli occhi © The Nirvan

Sapete quale sarà la prossima tappa?

UpendoVibes 

Torneremo in Italia con un mese di anticipo, ma sappiamo già dove andare quando si potrà tornare a viaggiare: in Kenya. Là c'è la famiglia di Jamie. Suo padre, i suoi nonni, zii, cugini. Siamo stati là l'ultima volta nel 2011 ed è decisamente passato troppo tempo, dobbiamo tornarci. È proprio dovuto alle origini di Jamie il nome della nostra pagina : upendo vuol dire infatti "amore" in swahili. 

The Nirvan

In questo momento saremmo dovuti essere in Belize, ma siamo consapevoli che dovremo rimanere in questo villaggio per minimo un mese (prevediamo anche di più). Continueremo il nostro viaggio lungo la panamericana solamente quando la situazione sarà tranquilla e tutte le frontiere saranno nuovamente transitabili. Viaggiando abbiamo imparato che bisogna essere pronti a qualsiasi imprevisto e cambio di programma, quindi abbiamo accettato questa situazione serenamente.

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Destinazioni in questo articolo:

Cambogia Messico Thailandia
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