Mollo tutto e parto. Storie di nomadi digitali che ce l'hanno fatta

Redazione Lonely Planet
8 minuti di lettura

Hanno deciso di fare il grande salto, dopo un viaggio illuminante in solitaria o un periodo stressante in ufficio, e di abbracciare il lifestyle errante. Lo hanno fatto mettendo in campo la voglia di scoperta e di riscatto, a caccia di stimoli perduti e nuove sfide e alla fine ci sono riusciti, sia da un punto di vista emotivo che professionale. Oggi vi raccontiamo le storie di 7 nomadi digitali che sono diventati cittadini del mondo inventandosi un mestiere e facendo carriera. E che dicono in coro: Si può fare, basta crederci (e avere un piano).

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Chi sono i nomadi digitali e come ce l'hanno fatta a fare del viaggio uno stile di vita. Credits ©sengelma
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Essere nomadi digitali è una scelta di vita, ma spesso è anche destino. Chi molla tutto e mette a punto un piano sostenibile per vivere in movimento lo fa di solito dopo un'epifania, un'illuminazione improvvisa. Molto spesso però quello del cambio vita era un progetto che covava da tempo e aveva solo voglia di venire fuori. Per mollare stabilità, un domicilio e a volte persino un lavoro a tempo indeterminato ci vuole fegato, ma anche forza di volontà. Perché non basta dire: "Voglio vivere e lavorare da una spiaggia di Bali" per farcela davvero. Le storie di questi 7 nomadi che da anni sono cittadini del mondo e lavorano come imprenditori digitali la dicono lunga sul fatto che avere un sogno è sufficiente per decidere di cambiare le cose, ma non è abbastanza per far sì che quel progetto diventi realtà. Gli stereotipi e i tabù legati al viaggiare da soli, al mantenersi lavorando mentre ci si sposta da una città all'altra, ai pericoli e alle difficoltà economiche che potrebbero comparire sono tantissimi e spesso sono famiglia e amici che fanno scatenare dubbi e perplessità. Ma superata la fase iniziale l'avventura può cominciare, alla ricerca non solo di nuovo stimoli e di luoghi del mondo da esplorare ma anche di nuovi amici e contatti.

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Nomadi digitali

Francesca, che viaggia da sola

Francesca Ruvolo è una nomade digitale dal 2014: la sua avventura on the road è iniziata a 24 anni, dopo un viaggio di due mesi in solitaria in Messico in cui ha capito di voler vivere e lavorare viaggiando a lungo termine e non solo da turista.

"Sono subito rimasta affascinata da questo stile di vita, volevo anche io lavorare seduta in un bar in spiaggia con un guacamole accanto. I miei studi mi avevano dato le competenze per poterlo fare e la mia testardaggine la forza di volontà per riuscirci. Così è iniziato tutto".

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I suoi veri alleati, soprattutto all'inizio, sono state le persone che ha incontrato e che fanno parte della comunità di nomadi digitali come lei. Da quei suoi primi due mesi da sola in Messico sono cambiate tante cose: oggi il blog WildFlowerMood è il suo lavoro a tempo pieno, il mezzo attraverso il quale racconta che viaggiare da soli, anche se si è donna, non è affatto impossibile.

"Mi dicevano Non è pericoloso? Con chi parlerai? Come ci si organizza? Si può anche lavorare mentre si viaggia? Sei una ragazza, è pericoloso! Mi sentivo un’aliena ai loro occhi, mentre all’estero era un’alternativa di viaggio praticata. Così ho deciso di parlarne io".

Matthew, dall'ufficio al backpacking

Matt Kepnes è americano, lavorava in ufficio dalle 9 alle 5 tutti i giorni come fanno in tanti. Ma l'esempio della comunità dei backpackers lo ha convinto a mollare tutto, investire sul suo blog nomadicmatt.com e provare a diventare uno scrittore di viaggio in stile Bill Bryson. Con il successo online che aumentava Matt ha cominciato a insegnare agli altri come si vive viaggiando. Nonostante la sua sicurezza però ha avuto parecchi dubbi lungo la via.

"Penso che dubitare di se stessi sia un problema che molti imprenditori e lavoratori autonomi si ritrovano a vivere. Ne ho le capacità? Può funzionare? È una scelta stupida quella di lasciare un lavoro sicuro? Queste domande, l’ansia e la preoccupazione ti accompagnano sempre, anche inconsciamente, e possono pesare se non si riesce a tenerle sotto controllo. Per questo faccio del mio meglio per avere sempre una soluzione".

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Mollare tutto senza un piano? Matt non lo consiglierebbe mai. E a chi vuole diventare un nomade digitale come lui dice a gran voce:

"Sondate sempre il terreno prima di fare il grande passo! Significa avere un piano pronto. Significa avere le competenze per cominciare. Significa avere sufficienti risparmi sul conto. Pianificate. Preparatevi. E poi lanciatevi".

Dario, una vita in viaggio

Prima di cominciare la sua vita errante, Dario Vignali si è fatto una domanda:

Come posso costruirmi una professione che mi consenta di viaggiare quanto più possibile?".

La risposta è nella sua carriera di imprenditore digitale e di formatore di persone che, come lui, vogliono fare un percorso non convenzionale.

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L'idea di Dario, che pur essendo a capo di diverse società non ha mai messo piede in un ufficio e continua a viaggiare per il puro piacere di farlo, sta tutta nella parola chiave consapevolezza.

"Credo sia necessario maturare consapevolezza verso l’importanza di costruirsi una carriera capace di soddisfare la nostra volontà di espressione creativa, garantire la sicurezza economica" per soddisfazione personale, ma anche per "alimentare lo stile di vita che abbiamo sempre sognato".

Alice e Michael, vita di coppia flessibile

Alice Bush e Michael Carbone fanno coppia nella vita e della loro voglia di vita flessibile hanno fatto anche un lavoro. Oltre ai progetti personali hanno lanciato Italodigitale, che insegna un nuovo modo per creare un business digitale fondato sulle proprie passioni e competenze. Oggi Alice e Michael vivono in Canada con i due figli, ma quando hanno iniziato si spostavano insieme al loro pc. "Abbiamo iniziato viaggiando per il mondo con il nostro laptop, poi abbiamo iniziato a sentire il bisogno di maggior stabilità per poter implementare il business senza cambiamenti frequenti e allora ci siamo fermati più tempo in Italia e in Europa. Infine, quando abbiamo deciso di costruire una famiglia, abbiamo optato per Vancouver"

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Per loro essere nomadi digitali non vuol dire semplicemente viaggiare e divertirsi. A chi vuole fare il salto, dicono che la cosa fondamentale è "creare uno stile di vita sostenibile, concentrandosi anche sul proprio lavoro per far crescere un business e non cadere nella trappola del travel lifestyle".

Jazzie, oltre gli stereotipi

Jazzie Mas e il marito hanno vissuto per tre mesi su una spiaggia messicana prima di capire che volevano rimanere così a lungo. Con una carriera nel settore benessere e salute alle spalle, Jazzie durante la vita nomade ha lanciato una vera e propria impresa sotto il cappello di blackdigitalnomad.com. Il motivo che l'ha spinta al cambio vita? Non solo personale, ma anche ideologico: le differenze razziali in America cominciavano a starle strette e sognava una vita libera.

"Il mio consiglio? Siate coerenti e coraggiosi! Creare un’impresa è più facile che mai adesso e, per questo, c’è ancora più competizione. Dovete farvi notare per non perdervi tra la folla".

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Oggi Jazzie è felice e che sia da Playa del Carmen, Bali o Chiang Mai, insegna anche agli altri a prendersi i propri spazi, tra corsi di meditazione e chiacchiere live sui social. Chi sogna di fare come lei è un matto? Jazzie non crede proprio, però meglio non fidarsi troppo delle apparenze.

"Provateci! Questo stile di vita ha tante forme, trovate quella che fa per voi. È assolutamente possibile, ma non facile quanto sembra su Instagram, quindi non fatevi ingannare dalle apparenze".

Antonio, dal Kenya all'Oriente

Il primo biglietto aereo Antonio di Guida, professione scrittore e fotografo (è fondatore di italianbackpacker.it) lo ha preso per il Kenya, perché era quello più economico. Però da quel primo viaggio in Africa iniziato per scoprire cosa c'era oltre le mura domestiche non si è più fermato: da nomade è stato in Australia, poi in Oriente, Iran e Sudamerica, spesso in bicicletta, confondendosi coi locals.

"Al fondo di questa scelta c’è la volontà di avere una vita libera, di essere autonomo nel decidere come usare il mio tempo nell’arco della giornata, di fermarmi a sentire la bellezza di ciò che ci circonda, di decidere come, dove e quando dedicare il mio tempo a una passione, per esempio la scrittura".

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Oggi ho caricato un nuovo video sul mio canale youtube. Racconta di una delle strade più incredibili che ho fatto in questo viaggio attraverso l’America. Non tanto per la strada ricca di natura e incontri, ma strada intesa come crescita interiore. Ogni giorno era una sfida. Le strade sempre più mal ridotte e in salita, mettevano a dura prova la voglia di continuare. Quando sono arrivato in cima, ai 4100 metri di altezza, partendo dal livello del mare, è stata per me una grande gioia. 4 giorni pedalando con l’intento di farcela per raggiungere l’obbiettivo. Ed è li che ho sentito una crescita dentro di me. Attendere…non avere fretta di raggiungere l’obbiettivo, ma assaporare il cammino. Faticare per raggiungere un obbiettivo, godendolo poi in ogni sua splendida forma. Nel video racconto anche di tanti incontri, come le notti passate nelle stazioni dei vigli del fuoco, oppure di alcuni passanti che mi regalano cibo. Insomma, il video è pieno di emozioni! Vi lascio il link del video sul mio profilo e nelle storie. Se lo hai visto, lascia un commento qui o su youtube e iscriviti al canale, prossimamente caricherò altri video e vi racconterò nel migliore dei modi #l’Americainbici.

Un post condiviso da Antonio Di Guida (@antonio.diguida) in data:

La pazienza è stata sua compagna soprattutto i primi tempi, quando ha deciso che il digitale era la sua strada per continuare a lavorare durante i suoi viaggi. Da quando ha cominciato la sua vita nomade nel 2013 ad Antonio è capitato di lavorare ovunque, trovando ispirazione nei paesaggi che ha scelto come compagni di avventura.

"Mi capita di aver scritto davanti un maestoso deserto, oppure in una capanna sulle

montagne dell’Himalaya, o ancora, nella mia tenda montata sul ciglio di qualche strada semitrafficata".

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