Alla scoperta del fascino del circuito della Targa Florio, in Sicilia
Inizialmente le gare automobilistiche si disputavano sulle strade pubbliche. Secondo Tony Wheeler, nessuno di quei primi circuiti stradali possiede il fascino della Targa Florio. In questo articolo ritroverete la storia e le emozioni del passato, ma anche tutta la bellezza che il circuito tuttora conserva, percorribile a velocità più sicura e meditativa, per godere al massimo del paesaggio siciliano che vi circonderà.

La foto è del 1970 e non ho avuto problemi a ritrovare il punto in cui fu scattata a Campofelice di Roccella. Questa cittadina sulla costa settentrionale della Sicilia, raggiungibile da Palermo con un breve tragitto verso est, vanta una lunga spiaggia, una chiesa dalle linee classiche affacciata su una piazza ottagonale, una torre-castello del XIV secolo e, nelle vicinanze, le rovine di Himera, il più antico insediamento greco in questa parte dell’isola. Ma è ciò che avviene quella domenica di maggio a catalizzare l’attenzione della gente. Sotto i balconi, che ho riconosciuto subito, gli abitanti di Campofelice gremiscono i marciapiedi, si sporgono in strada, agitano le mani esultanti e fanno il tifo a gran voce per il preside di una scuola di Palermo.
Il preside è Nino Vaccarella e sta sfrecciando nella loro direzione a una velocità pazzesca su una fiammante Ferrari 512S da 600 cavalli. È in testa alla Targa Florio. Quell’anno non la vinse, ma lo fece l’anno seguente e di nuovo nel 1975, quando riportò la sua terza vittoria in questa gara. Quello scatto del 1970 riassume ciò che rendeva così irresistibile la corsa siciliana: l’ambientazione, l’entusiasmo e la totale assurdità della cosa. Com’è possibile, infatti, lasciare che la gente invada la strada, priva di ogni protezione, mentre le auto passano a tutta velocità?

Dal 1906 al 1977, tuttavia, la corsa automobilistica più antica del mondo fece proprio questo. Nel corso degli anni, la competizione subì diverse modifiche nel tracciato originale finché, nel 1951, fu adottato definitivamente il Piccolo circuito delle Madonie. Si trattava di un percorso nella catena delle Madonie, relativamente breve ma con più di 700 curve. Per vincere la Targa Florio bisognava percorrerlo undici volte e, anche se Vaccarella può essere riuscito a lanciare la sua Ferrari a piena velocità sul rettilineo costiero in direzione di Palermo, a causa di tutti quei tornanti la velocità massima raggiunta sul circuito non superò mai la media di 128,57 km/h.
Fino in tarda età, Vaccarella continuò a partecipare a rievocazioni storiche per sfoggiare i bolidi del suo periodo d’oro. Partecipò anche a qualche Gran Premio di Formula 1, ma erano le corse su strada ad appassionarlo, quando riusciva a fuggire dal lavoro quotidiano. Vinse ogni genere di gara, tra cui la 24 ore di Le Mans, ma fu alla Targa Florio che il suo nome rimase per sempre legato. Quando nel 1967 urtò un muro e fu costretto ad abbandonare la gara, nel punto in cui avvenne l’incidente apparve la scritta ‘Viva Nino’.
Da Campofelice, dove ho ritrovato il punto in cui fu scattata quella foto suggestiva, sono una decina i chilometri lungo la costa fino a uno stretto tornante a sinistra, dove la strada inizia a salire, e a torcersi, dal livello del mare ai 272 m di Cerda.

Questa cittadina era il punto di partenza e di arrivo della Targa Florio; su questa strada stretta e tortuosa le auto non potevano prendere l’avvio simultaneamente quindi, come avviene ancora oggi nel Tourist Trophy (TT) per motociclette sull’isola di Man, le partenze erano distanziate di 15 secondi. Al momento del via regnava spesso una gran confusione, ma anche se le auto non si lanciavano nella corsa tutte insieme, la competizione non si faceva attendere. Il contagiri è tuttora al suo posto, accanto alla vecchia linea di partenza, e le case automobilistiche amano ancora collaudare i loro ultimi modelli su questo circuito. La campagna attorno, di una bellezza quasi surreale con le sue strade da cartolina, di sicuro aiuta.
Come se non fosse già abbastanza tortuosa, da Cerda la strada comincia seriamente ad avvitarsi mentre procede a tornanti fino a Caltavuturo, la ‘rocca dell’avvoltoio’, a 635 m di altitudine. A questo punto il circuito, che finora si è snodato in direzione sud, piega verso nord e inizia a scendere verso la costa, attraversando i borghi di Scillato e Collesano (468 m) prima dell’ultima picchiata verso il mare. Collesano ha una storia antichissima, che vide l’avvicendarsi di greci, arabi e normanni, la cui presenza è testimoniata dai ruderi suggestivi di un castello. Vanta inoltre delle belle chiese e ospita il museo Targa Florio, che espone un modello di ogni automobile che ha vinto la gara.
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La targa menzionata nel nome della corsa si riferisce al primo trofeo consegnato da Vincenzo Florio, industriale, commerciante di vini e appassionato di auto veloci. Il nome di questa mitica gara sopravvive nella Targa Tasmania, una corsa che si tiene ogni anno nell’isola australiana, e in ogni Porsche 911 Targa che sfreccia su Rodeo Drive a Los Angeles o in King’s Road a Londra. La Porsche è stata fra le grandi protagoniste della competizione, vincendo la corsa ben undici volte, seguita a ruota dall’Alfa Romeo.
Ai tempi in cui si correva la Targa Florio, i piloti si allenavano spesso nel traffico locale, e schivare asini bizzosi faceva parte del divertimento. Ma con così tante curve da memorizzare, il tempo per allenarsi era chiaramente insufficiente. Il Piccolo circuito delle Madonie è ancora una strada magnifica da percorrere, anche se di certo non riuscirete a eguagliare il record sul giro, di poco inferiore a 34 minuti. Secondo Google Maps ci dovreste mettere due ore e sette minuti con una velocità media di poco più di 35 km/h. Considerate le 700 curve, i tornanti, le salite, le discese... è altamente improbabile che riusciate ad andare più veloci di così!