Arte, cultura, tesori UNESCO, musei innovativi, progetti sociali, sport, vita balneare, street food e buona cucina: qualunque sia il vostro approccio al turismo e per quanto vari possano essere i vostri interessi, Palermo come per magia saprà tirare fuori dal cilindro una carta vincente. La bella notizia però deve ancora arrivare: in sole 48 ore potrete gustare un assaggio di tutte queste esperienze di viaggio, certo trottando un po’ ma sempre concedendovi spazi di relax, ché qui siete nel Sud più autentico e non avete bisogno di correre, ma di scegliere da che parte stare.
Giorno 1: passeggiando fra il centro e la Zisa
Il cuore del centro
Scenografica apertura del nostro itinerario è il centro del centro: la secentesca Piazza dei Quattro Canti, dove convergono i quattro quartieri storici, appunto detti ‘canti’. In corrispondenza di ogni canto svetta una facciata che è un tripudio di stemmi, colonne e sculture, disposte su tre livelli: al primo c’è la statua di una stagione, al secondo di un sovrano e al terzo di una santa protettrice – fateci l’abitudine: a Palermo ovunque andiate ci sarà l’icona di un santo a sorvegliare i vostri movimenti!
Pochi passi a sud-est vi portano nella Piazza Pretoria, dove potrete lanciare uno sguardo malizioso alle statue che in passato fecero gridare allo scandalo le suore del vicino convento: ecco la Fontana della Vergogna, tutta colma di figure mitologiche che esibiscono con nonchalance le loro parti intime. Senz’alcuna vergogna, invece, voi potete scegliere se farvi un selfie accanto a un tritone o a una ninfa prima di proseguire verso l’adiacente Piazza Bellini e leggere negli edifici che vi si affacciano un compendio storico-architettonico della città, che parte dagli sparuti resti delle mura puniche per arrivare all’ottocentesco Teatro Bellini. A calamitare la vostra attenzione saranno inevitabilmente le tre cupole rosse della Chiesa di San Cataldo, un tratto iconico dell’architettura arabo-normanna (anche se il colore rosso si deve a un errore nei restauri ottocenteschi!), ma la vera sorpresa sono gli sfavillanti mosaici, tra i più antichi di Palermo, nascosti dietro la facciata barocca della Chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, per tutti La Martorana. L’assonanza con la frutta martorana non è casuale: qui anticamente, in occasione della visita di un prelato, le monache si ingegnarono per rimpinguare gli spogli rami degli aranci con frutti finti ma zuccherini. Seguite il fil rouge della dolcezza per passare all’altro grandioso complesso conventuale della piazza: il Monastero di Santa Caterina d’Alessandria, che nasconde a lato del suo magnifico chiostro maiolicato la pasticceria i Segreti del Chiostro. Dopo avere ceduto alle tentazioni golose, alcune davvero peccaminose come le ‘minne di vergine’, potrete cercare la redenzione nella chiesa del complesso, dove il barocco palermitano raggiunge apici di espressività: le statue che si stagliano contro i colorati intarsi marmorei sembrano venirvi incontro. La vista dai tetti, con le cupole dello skyline palermitano a ‘portata di dito’, è insuperabile.
Un tuffo nel multiculturalismo da Ballarò alla Cattedrale
Oltre Via Maqueda, il mercato di Ballarò è l’erede del suq che già occupava queste strade sotto la dominazione araba e in qualche modo ne evoca ancora le atmosfere. Fatevi ipnotizzare dalle abbanniate, le cantilene con cui i mercatari promuovono le loro merci, e affidatevi all’olfatto per un assaggio del più verace street food: il profumino di frittura è indizio di panelle appena cotte, se invece vi ritrovate immersi in una nube di fumo accompagnata da odore di carne siete vicini a una griglia dove si cucinano le stigghiole (solo per carnivori audaci).
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Procedendo verso ovest vi addentrerete nell’anima multietnica del quartiere, che sembra avere inciso nel DNA lo spirito dell’accoglienza – Ballarò è all’interno del canto storico dell’Albergheria, l’area che ‘albergava’ gli ospiti. Oggi la convivenza è però una conquista da ricercare nel quotidiano, non sempre priva di conflitti, frutto del dialogo costante fra i ballarioti di nascita e di adozione. Uno dei promotori di questo dialogo è Moltivolti, ristorante di cucina internazionale e spazio per il coworking, ma anche un’impresa impegnata nel sociale il cui motto è “la mia terra è dove poggio i miei piedi”. Ai fornelli cinque cuochi di nazionalità diverse danno vita a un menu che accosta piatti del mondo, senza tralasciare specialità siciliane, e che conquistando il nostro palato ci ricorda che il mix di tradizioni è sempre una risorsa.
Rimettetevi in cammino alla scoperta di un trionfale simbolo del multiculturalismo della città: la Cappella Palatina, all’interno del Palazzo dei Normanni. Capolavoro di sincretismo di religioni e culture del mondo mediterraneo, nella sua architettura coniuga la pianta basilicale latina con le decorazioni a muqarnas (intarsi a nido d’ape) inequivocabilmente moresche, ma il suo cuore è bizantino: la cupola semisferica dal mastodontico mosaico del Cristo pantocratore toglie il fiato. Completate il vostro tour all’insegna delle contaminazioni presso la Cattedrale, un esotico intrico di cupole, torri e merlature, portali e portici, cupolette maiolicate, archi-ponti e una torre campanaria.
Dal ventre fertile di Palermo alla Zisa: riqualificazione e autenticità
Lasciatevi alle spalle il centro storico valicando la Porta Nuova per scoprire una vivace borgata che è tanto cambiata negli ultimi anni da essere un segreto persino per molti palermitani: Danisinni. Avulsa dal caos e dal traffico dei dintorni, questa conca rigogliosa oggi accoglie i viaggiatori in una fattoria urbana incastonata fra casette, dove si può gustare l’autentica cucina casereccia grazie alle iniziative di home restaurant, sperimentare l’ospitalità dell’ostello sociale concepito per mettere in relazione ospiti e gente del posto (chi vi pernotta può partecipare attivamente alla vita della borgata) o assistere a uno spettacolo di circo nello Chapiteau e godersi un break in un contesto rurale senza uscire dalla città, anzi ad appena una decina di minuti a piedi dal centro.
Da Danisinni una scalinata sale verso la Zisa, la ‘splendida’ (questo il significato del nome di origine araba), una fortezza impenetrabile e una dimora delle favole per lo svago dei sovrani normanni. A breve distanza Palermo sfoggia l’anima dinamica delle sue periferie nei Cantieri Culturali alla Zisa, ex complesso industriale che oggi nei suoi giganteschi padiglioni produce cultura e socializzazione anziché mobili e vagoni ferroviari. Attivi già da anni, i Cantieri da un lato offrono proposte culturali di qualità, garantite da eccellenze come il Centro Internazionale di Fotografia diretto da Letizia Battaglia, l’area destinata all’arte contemporanea ZAC recentemente presa in gestione dalla Fondazione Merz e il cinema De Seta spesso sede di festival, dall’altro vogliono rappresentare un luogo di aggregazione della comunità, destinato anche a chi abita il quartiere, non all’élite intellettuale. Sono così sbocciate realtà da vivere nel quotidiano, come la ciclofficina, il laboratorio per bambini del Teatro Ditirammu e soprattutto Cre.Zi. Plus, uno spazio di ristorazione con funzioni ibride, alcune legate all’inclusione sociale. Potete fermarvi a cena e chiudere qui la vostra prima giornata, oppure tornare verso il centro per omaggiare il Teatro Massimo, un simbolo della rinascita culturale della città, e per curiosare fra i tanti locali che ne animano i vicoletti.
Giorno 2: natura, sport e musei fronte mare
Il mare bagna Palermo: dal blu di Mondello e al verde della Favorita
Nel vostro primo giorno d’itinerario potreste esservi dimenticati che Palermo è una città di mare: rimedieremo in questa seconda giornata, dove il Mediterraneo farà avvertire con forza la sua presenza.
Partiamo quindi dall’acqua, quella limpida e turchese di Mondello: la sua lunga distesa di sabbia chiara, in cui si alternano lidi a spiagge libere, coccola gli amanti della vita balneare, palermitani e non, mentre lo stabilimento liberty che si protende verso il mare riflette tra le onde l’eleganza tardo-ottocentesca dei villini che si nascondono nelle vie interne del borgo. Dopo che vi sarete rinvigoriti con un bagno mattutino e qualche raggio di sole, è il momento di un’immersione nella natura: calzate scarpe comode e date sfogo al vostro impeto sportivo nel Parco della Favorita, che con i suoi quasi 400 ettari di estensione è il polmone verde di Palermo, meta prediletta dagli abitanti per un po’ di jogging o di mountain biking. Potreste seguire i sentieri che si arrampicano sulle pendici del Monte Pellegrino (il più impegnativo parte dalle spalle delle scuderie reali e richiede circa due ore e mezzo per arrivare alla cima) oppure, se prediligete qualcosa di più soft, partite dall’insolita architettura della Palazzina Cinese, l’esotico casino di caccia voluto da Ferdinando I di Borbone, e seguite i pianeggianti sentieri in terra battuta che dalle pinete si inoltrano nel cuore della macchia mediterranea. Qualunque sia la vostra scelta, cercate di risparmiare qualche ora da dedicare alle attrattive del waterfront cittadino, vostra prossima meta.
Dalla Cala a Sant’Erasmo tra acque blu, musei innovativi e progetti sociali
Riconquistato il centro città, fate rotta verso il porticciolo turistico della Cala. Qui potrete ricongiungervi con le origini di Palermo, che nel suo stesso nome rivela l’indissolubile legame con il mare: furono i greci a battezzarla Panormos, ‘tutto porto’. Godetevi la passeggiata dall’antico Castello a Mare, di origine araba, fino all’estremità opposta, dove la graziosa Chiesa di Santa Maria della Catena deve il nome alla catena che un tempo era tesa da qui al castello per chiudere il porto. Spostatevi verso Piazza Marina, una cornice di raffinati palazzi storici che abbraccia un giardinetto pubblico in cui oziare all’ombra del fogliame. Ne è star indiscussa il mastodontico Ficus macrophylla (riconoscibile per le radici aeree che congiungono i rami al terreno), detentore di un record non da poco: è l’albero più grande d’Europa.
La tappa successiva è Palazzo Butera, una casa-museo di nuova concezione dove vivrete un’esperienza dell’arte emotiva e immersiva, grazie a un’esposizione che crea un dialogo dinamico fra epoche e mondi differenti e fra il contenitore – l’incredibile e gigantesco palazzo nobiliare settecentesco – e il contenuto, la ricca e quanto mai eterogenea collezione privata di Francesca e Massimo Valsecchi, un racconto delle civiltà a 360 gradi (si spazia dai dipinti degli antichi domini dei Branciforti alle foto di Gilbert&George). Affacciatevi sulla terrazza maiolicata per cogliere un altro pregio del museo: restituisce a chi vi accede la vista sul mare, per secoli privilegio esclusivo dei principi che vissero qui.
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Dopo esservi persi a fantasticare immersi nella bellezza, tornate con i piedi per terra, ma sempre in prossimità dell’acqua, per un radicale cambio di scena: dai fasti di un palazzo nobiliare passerete a un ex borgo di pescatori. Dirigetevi verso sud con una piccola deviazione dal mare per cedere alla malìa della Chiesa di Santa Maria dello Spasimo (chiude alle ore 18, ma spesso la sera è sede di eventi), sconsacrata, che ha tratto un fascino unico dal crollo della volta: lo squarcio di cielo blu che ha preso il posto del soffitto incarna perfettamente il sublime verso cui tendono le colonne con il tipico slancio mistico del gotico. In Via dello Spasimo tre murales di forte impatto visivo ci raccontano il ruolo della street art a Palermo, che ha contribuito a rivitalizzare il centro storico, appropriandosi di muri decadenti per trasformarli in opere d’arte e veicolare messaggi.
Tornate quindi sul lungomare e passeggiate fino al molo del Borgo Sant’Erasmo, vostra meta, oggetto di una riqualificazione che non ne tradisce l’essenza marittima. Qui sta per nascere l’ostello sociale del Progetto Odisseo, che garantirà agli ospiti un soggiorno di alto comfort a prezzo calmierato, chiedendo in cambio un po’ del loro tempo da dedicare alle iniziative sociali (progetti contro la dispersione scolastica e a sostegno delle famiglie fragili), secondo la disponibilità e le abilità di ciascuno. Accanto, la trattoria Molo Sant’Erasmo è un luogo ritrovato, una tonnara abbandonata trasformata in un luminoso ristorante in cui concedersi un pasto a base di pesce con vista sul Mediterraneo. Non c’è conclusione migliore di questo scorcio di mare per congedarvi da Palermo dopo 48 ore e chissà, forse starete già pensando a quando tornare.