Il suono eterno di Cremona
Molti anni fa, inviata a Cremona Musica dal mio editore, ho conosciuto un certo tipo di città. Girovagando per una delle fiere di strumenti musicali artigianali più importanti al mondo, dove il prodotto dell'unicità cremonese si mostra finito, pronto per essere acquistato e inviato in ogni dove, ho iniziato a percepire l’importanza di questo luogo, senza però intuirne del tutto la straordinarietà. La mia recentissima seconda volta ha cambiato la prospettiva.

Cremona non è solo una cittadina della bassa padana con una grande tradizione artigianale e un incantevole centro storico. Non è solo terra d’origine di Stradivari, Amati e Guarneri, i più grandi maestri liutai di tutti i tempi, patria di cibi prelibati e dimora di tratti incontaminati e piacevolmente fruibili del fiume Po. Al termine del mio ultimo soggiorno, quando mi è stato chiesto che cosa mi avesse più colpito di Cremona, ho sentito l’urgenza di cercare parole inedite per descrivere questo luogo e andare oltre le prime impressioni, comuni ma incomplete. E ho capito che a colpirmi è stato il ‘suono’ di questa città di musica, che arriva diretto dal passato attraversando i ponti del tempo, e produce un’armonia perfettamente intonata al presente e diretta a un futuro eterno.

Esplorando il centro storico, entrando nei laboratori e nelle botteghe dei liutai, partecipando agli eventi musicali, ho pian piano accolto la vibrazione di Cremona. Non è solo una città che produce e conserva strumenti: è un microcosmo musicale dove il passato e il presente si uniscono in una danza senza tempo. Qui la musica la si fa, e la si vive. Cremona è musica: considerata dalla metà del Cinquecento capitale mondiale del violino, che non è arte astratta, ma pulsante e sentita, è attraversata da musicisti che passeggiano per le vie del centro portando lo strumento in spalla, punteggiata da laboratori di liuteria, circa 180, disseminati nel tessuto cittadino – una densità unica al mondo –, ciascuno custode di segreti tramandati come eredità familiari; è fatta di grandi eventi, come il Monteverdi Festival o lo Stradivari Festival, ma anche di quelli minori che animano tutto il corso dell’anno.
Ci sono storie e luoghi cittadini che incarnano questa identità speciale, e contribuiscono in particolar modo a delinearne la fisionomia. Tutto parte necessariamente da Antonio Stradivari, nato a Cremona intorno al 1644, che ha elevato la liuteria da mestiere artigianale ad arte sublime. I suoi violini – se ne contano oggi circa seicento esemplari superstiti – non sono semplici strumenti ma creature dotate di personalità uniche, battezzate con nomi evocativi come ‘Il Messia’, ‘Lady Blunt’, ‘Il Cremonese’, e ogni Stradivari possiede una voce inconfondibile, un timbro che i più grandi solisti del mondo riconoscono a occhi chiusi. Ma Stradivari non è stato un genio isolato. Prima di lui, gli Amati hanno posto le fondamenta dell’eccellenza cremonese, raffinando proporzioni e tecniche. Contemporaneamente, i Guarneri hanno portato avanti una tradizione parallela, culminata nel genio tormentato di Giuseppe Guarneri ‘del Gesù’, i cui violini – dalla potenza espressiva che riflette il carattere impetuoso del loro creatore, e scelti anche da Paganini – sono oggi ambìti quanto quelli del rivale.

C’è poi la Scuola Internazionale di Liuteria, fondata nel 1938, tempio moderno di quest’arte antica. Nei suoi laboratori, giovani provenienti da ogni continente si chinano su banconi consumati dal tempo, imparando gesti che non cambiano nei secoli. La selezione del legno – abete rosso della Val di Fiemme per la tavola armonica, acero dei Balcani per fondo e fasce – richiede l’occhio di un intenditore, la stagionatura può durare decenni, ogni curva deve essere perfetta e ogni spessore calibrato al decimo di millimetro. E poi c’è il mistero della vernice, quella patina ambrata che i maestri del passato si sono portati nella tomba e che ancora oggi ogni liutaio cerca di reinventare.
Nella ‘città del violino’, non può mancare un Museo del Violino, dove una collezione di strumenti storici dal valore inestimabile dorme in teche di cristallo. Ma il vero miracolo ‘cremonese’ avviene nell’Auditorium Giovanni Arvedi, capolavoro di ingegneria acustica dove questi strumenti antichi tornano periodicamente a vibrare. Durante un concerto o un’audizione aperta, quando un solista imbraccia uno Stradivari del 1715 e l’auditorium si riempie di un suono che non ha età, il pubblico trattiene il fiato, consapevole di assistere a qualcosa che trascende la semplice performance musicale.
Altrettanto significativo nel dipingere l’anima musicale della città, il Teatro Ponchielli, con i suoi velluti rossi e gli ori, completa il panorama. Ricostruito nel 1806 in perfetto stile italiano, è il palcoscenico dove la città celebra la sua vocazione musicale con una programmazione che spazia dal repertorio classico alle avanguardie contemporanee. La sua acustica lo rende meta ambita per registrazioni di prestigio e sede ideale per il Monteverdi Festival, che ogni primavera riporta in vita le opere del genio cremonese che ha reso barocca la musica occidentale rinascimentale.
La vitalità musicale di Cremona si manifesta poi attraverso eventi che attraggono il mondo intero. Lo Stradivari Festival trasforma ogni autunno la città in un palcoscenico diffuso dove i più grandi interpreti internazionali suonano gli strumenti storici nei luoghi che li videro nascere. Cremona Musica, il già citato ‘primo assaggio’, raduna ogni anno migliaia di musicisti, liutai e appassionati da ogni continente, confermando il ruolo della città come crocevia mondiale della liuteria contemporanea.

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In questa terra, la musica non conosce confini comunali. Nella vicina Crema, la tradizione organaria perpetua un’altra forma di eccellenza sonora, con aziende storiche che continuano a costruire organi che risuonano nelle cattedrali di mezzo mondo e occupano un posto d’onore al Museo Civico e con l’International Bottesini Competition, che richiama i migliori contrabbassisti del pianeta per celebrare il virtuoso cremasco che nell’Ottocento rivoluzionò la tecnica dello strumento; più a sud, Casalmaggiore ospita ogni estate un Festival Internazionale che trasforma la cittadina in un conservatorio a cielo aperto. Per tre settimane, giovani promesse e maestri affermati convivono in un’atmosfera di condivisione artistica totale, offrendo concerti quotidiani in ogni angolo del centro storico.
Ma il luogo che forse più di tutti ha alimentato la mia nuova idea di Cremona, quello dove ne ho colto definitivamente la straordinarietà, è Casa Stradivari. Dimora nuziale e bottega del giovane Antonio, che nel 1667 vi si trasferì con la sposa Francesca Ferraboschi e qui realizzò i primi capolavori, nei tre secoli successivi alla morte del maestro ha vissuto molte vite, fino alla rinascita come Fondazione nel 2020, grazie al violinista Fabrizio von Arx, che ne è oggi il direttore artistico.
Dopo 356 anni, Casa Stradivari è tornata dunque a essere culla di strumenti ad arco. Ospita un Percorso di Alta Formazione per la costruzione di violini, viole, violoncelli e contrabbassi secondo l’antica tradizione cremonese della forma interna, aperto a quattro giovani liutai. Al piano terra è possibile osservare una vera e propria bottega in azione. Al primo piano, si suona nelle Sale della Musica, mentre il secondo piano accoglie la residenza artistica vera e propria, dove musicisti internazionali sono ospiti della casa per dialogare con giovani liutai e allievi. Gli studenti perfezionano così la propria arte confrontandosi con i più talentuosi interpreti del panorama mondiale, mentre i liutai ricevono preziose indicazioni sui propri strumenti in un’ottica di crescita continua.

Il contatto tra artisti di diversa formazione trasforma Casa Stradivari in un laboratorio di fervore creativo, per riprodurre ciò che accadeva ai tempi del maestro. Stradivari, con oltre mille strumenti realizzati, ricercava il ’suono’, la ‘risonanza’ del futuro; oggi, a Casa Stradivari, i musicisti provano gli strumenti mentre i liutai li costruiscono, seguendo l’evoluzione sonora dello strumento in divenire. Il musicista ascolta e suggerisce, il liutaio modifica una curva impercettibile: un dialogo intimo che si perpetua da secoli.
Casa Stradivari, in questo senso, è tutta Cremona. Un luogo dove la materia impara a cantare: quando il silenzio si fa sacro, nell’istante prima che l’archetto sfiori le corde per la prima volta, quando il liutaio trattiene il respiro e il violino sta per rivelare la sua voce. In quella frazione di secondo si concentrano mesi di lavoro paziente, secoli di sapienza tramandata, il mistero di un’arte che trasforma legno e vernice in emozione palpabile.
Cremona e il suo territorio hanno compreso una verità profonda: la musica non si conserva chiudendola in una teca, ma mantenendola viva nel presente. Ogni violino che esce oggi da una bottega cremonese porta con sé l’eredità di Stradivari ma anche lo spirito del suo tempo. Ogni concerto che risuona in una chiesa, per strada o in un auditorium è insieme memoria e futuro.
In un’epoca digitale che sembra aver dimenticato il valore della pazienza e del lavoro manuale, Cremona resiste come un’isola dove il tempo scorre secondo ritmi antichi. Qui si continua a credere che per creare bellezza servano mani sapienti, orecchie educate, e soprattutto un’anima capace di infondere vita alla materia. Il miracolo si ripete ogni volta che un archetto sfiora le corde: in quel suono c’è la voce degli alberi cresciuti lentamente sulle montagne, la sapienza di generazioni di artigiani, il respiro di una città che da cinquecento anni trasforma il legno in canto. E finché ci saranno giovani disposti a chinarsi su un banco di lavoro per imparare quest’arte antica, Cremona continuerà a essere il luogo dove la musica nasce e vive per sempre.