Confessioni di un viaggiatore senza senso dell'orientamento

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Perché alcuni trovano senza problemi la piazza in un centro storico che non hanno mai visitato, o riescono a raggiungere per la prima volta una destinazione semplicemente seguendo i cartelli stradali, senza dare nemmeno una sbirciatina al navigatore? E altri non riescono mai a trovare il bagno, che come sapete è sempre in fondo a destra? 

Capire una mappa: per qualcuno è un gioco da ragazzi, per altri una sfida ©frantic00/Shutterstock
Capire una mappa: per qualcuno è un gioco da ragazzi, per altri una sfida ©frantic00/Shutterstock
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Viaggiare, per noi che quando hanno distribuito il senso dell’orientamento eravamo a rifare il passaporto, è molto più facile da quando esiste il GPS: basta aprire Google Maps per rispondere a tre grandi domande esistenziali: dove siamo, da dove veniamo, dove stiamo andando. 

Eppure il nostro cervello funziona esattamente come un GPS, grazie alle cellule di posizione e alle cellule griglia, la cui scoperta è valsa un Nobel ai ricercatori che le hanno individuate. Ma da quando ci affidiamo compulsivamente ai navigatori stradali, la nostra capacità di orientarci si sta lentamente affievolendo, lo dice la scienza. Per questo tornare a orientarsi in modo analogico, affidandosi a punti di riferimento fisici o lanciando un’occhiata a una cartina, può essere un ottimo allenamento per stimolare i neuroni dell’orientamento. Soprattutto se avete un pessimo senso della direzione.

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Viaggiare da soli

Consolatevi sapendo che non siete soli: una persona su cinque fatica a distinguere la destra dalla sinistra. Circa l’1% della popolazione mondiale soffre di disorientamento topografico, una condizione neurologica che rende difficile orientarsi anche dentro casa, mentre sembra che i tassisti londinesi e i finlandesi in generale siano tra i più abili a orientarsi, i primi per deformazione professionale, i secondi per l’eredità genetica dei vichinghi, che erano ottimi navigatori. 

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A volte è difficile credere che il nostro cervello funzioni esattamente come un GPS ©Ammentorp Photography/Alamy Stock Photo
A volte è difficile credere che il nostro cervello funzioni esattamente come un GPS ©Ammentorp Photography/Alamy Stock Photo

Il ruolo dei sensi

In genere cerchiamo di orientarci con gli occhi, guardando i cartelli, cercando di individuare la Tour Eiffel che luccica in lontananza o semplicemente osservando una mappa, così come con l’udito seguiamo le indicazioni vocali del navigatore (“Tra seicento metri svoltare a sinistra!”) o raggiungiamo la spiaggia seguendo lo sciabordio delle onde che si fa sempre più forte, man mano che ci avviciniamo. 

Tutte considerazioni empiricamente valide, ma secondo la scienza la vera risposta è nel nostro naso. Un gruppo di ricercatori della McGill University di Montreal ha condotto una ricerca, pubblicata su Nature che mette in relazione il senso dell’olfatto con quello della direzione: chi ha un naso fino si orienta meglio nello spazio, grazie a una correlazione tra la memoria spaziale, che condivide con l’olfatto una parte dell’ippocampo e della corteccia orbitofrontale. In natura moltissimi mammiferi, ma anche uccelli, rettili e pesci, utilizzano le tracce olfattive per trovare il cibo, schivare i predatori, ritornare alla propria tana. Il naso umano è in grado di rilevare circa un trilione di odori differenti, ma ci sono persone dal detector olfattivo meno sofisticato che a quanto pare hanno più difficoltà a raccapezzarsi.

Oltre ai cinque sensi intervengono anche i propriocettori e il feedback vestibolare, due meccanismi che ci aiutano a tenerci in equilibrio e avere consapevolezza del nostro corpo nello spazio, in relazione a ciò che ci circonda. 

Anche una città ordinatissima per qualcuno sembra un labirinto ©drcrowe/Shutterstock
Anche una città ordinatissima per qualcuno sembra un labirinto ©drcrowe/Shutterstock
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Vi siete persi? Che ansia!

Se maggiori livelli di concentrazione vi aiutano sicuramente a orientarvi meglio, imponendovi di far caso alla strada di andata per non perdervi al ritorno, la vostra preoccupazione di perdervi potrebbe auto sabotarvi. La dottoressa Mary Hegarty, una delle maggiori esperte mondiali del “pensiero spaziale”, nel suo laboratorio alla University of California di Santa Barbara ha condotto numerosi esperimenti neuroscientifici sull’orientamento, giungendo alla conclusione che anche la psicologia gioca un ruolo chiave nella nostra capacità di orientarci: ci orientiamo peggio quando siamo in apprensione perché ci mancano i punti di riferimento, o non riusciamo a recuperare dalla memoria informazioni che credevamo di aver memorizzato, dal nome della via in cui abbiamo parcheggiato la macchina, al numero del gate all’aeroporto.

La soluzione, per noi disorientati cronici, è a portata di mano: basta estrarre lo smartphone e lasciarci guidare. O decidere di affidarci al nostro scarso senso della direzione per prendere nuove strade, scoprire mete che nemmeno sospettavamo esistessero, girovagare senza una meta precisa. Tutto dipende dal fatto di avere abbastanza tempo ed essere disposti a lasciarci stupire.

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