Il bello di perdersi

Trovarsi in una città sconosciuta senza avere la minima idea di dove andare. Per qualcuno l'idea di perdersi può sembrare un incubo, per altri un bel ricordo dei tempi andati, di quando l’unico modo per ritrovare la strada di casa era chiedere informazioni a uno sconosciuto o affidarsi all’istinto anziché a un navigatore. Certo è molto più semplice poter valutare i tempi, i percorsi alternativi, programmare la sosta in un bar consigliato dalla guida e la praticità in viaggio vince a mani basse con il romanticismo. 

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Strade che si inerpicano sulle montagne del Ladakh ©Thapakorn Karnosod/Getty Images
Strade che si inerpicano sulle montagne del Ladakh ©Thapakorn Karnosod/Getty Images

Ma seppur questa sia la regola è capitato a tutti di aver letto male la cartina della città, o di aver proseguito seguendo una mappa mentale quando lo smartphone aveva esaurito la batteria. E spesso è stato proprio quello il momento in cui ci si è imbattuti in una sorpresa, in un fuori programma, che si sia trattato di uno scorcio inaspettato o di un personaggio sbucato dal nulla e, a pensarci bene sarà stato l’aneddoto che avete raccontato di più: più del museo di cui avete minuziosamente ammirato ogni opera, più del locale caratteristico che “sì, bello, ma”.

La prima volta che mi sono persa ero arrivata a Parigi da due ore e già sapevo che non sarei mai più tornata a casa uguale a prima. Non avevo uno smart phone e non avevo neppure una cartina, ma avevo letto un sacco di libri e sapevo che Montparnasse stava a sinistra, Montmartre a destra, e la Senna in centro, a dividere i fantasmi degli artisti del 900 da quelli del ‘800, anche se dopo un anno avrei concluso che probabilmente se ne stanno tutti a aspettare il tramonto con una bottiglia di vino e un po’ di formaggio all’Ile de la Cité o sul Pont des Arts. 

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Pont des Arts, Parigi ©Adrienne Pitts/Lonely Planet
Pont des Arts, Parigi ©Adrienne Pitts/Lonely Planet

La mia “casa” era tanto perfetta quanto provvisoria: un collegio che nei ricordi è completamente rivestito di legno scuro. Legno sui muri, legno sui pavimenti, legno per terra e una gran finestra (ovviamente di legno) da cui i giardini di Lussemburgo mi sussurravano di uscire, perché ci sarebbe stato altro tempo per cercare un appartamento, per capire il funzionamento dei corsi all’Università, per conoscere i futuri compagni di avventure, mentre il tempo per godere dello spettacolo delle loro foglie che, proprio in quelle due settimane di permanenza in collegio, sarebbero diventare prima d’oro, poi arancioni e infine marroni, non era molto.

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È così che ricordo gli scorci più belli di Parigi, scoperti seguendo il vento e i colori anziché una mappa. E poco importa che quel che mi parevano grandi esplorazioni si sarebbero risolte in un paio di chilometri seguendo attentamente la guida: nulla può equiparare la meraviglia di trovarsi, completamente impreparati, davanti alla Grande Mosquée de Paris, con i passerotti che entrano e escono dalle finestre e sfrecciano accanto a gruppi di persone intente a bere tè e assaggiare dolcetti, o la soddisfazione nel trovarsi infine al Pantheon e poterlo considerare un riferimento sulla strada di casa.

La medina di Fez, Marocco ©Doug McKinlay/Lonely Planet
La medina di Fez, Marocco ©Doug McKinlay/Lonely Planet

Insomma, questo per dire che perdersi è cosa buona, quando non si hanno problemi di tempo, o qualcuno da far stare in pensiero. Così come il tentare di non perdersi troppo può essere un gioco, un’avventura da condividere con i compagni di viaggio (in ogni viaggio c’è qualcuno che ha un pessimo senso dell’orientamento e qualcun altro che se ne prende gioco). Un ottimo luogo dove giocare a perdersi, ad esempio, è la medina di Fèz, ma per questo vi abbiamo già dato tutti i nostri migliori consigli.

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L'alba sulla spiaggia di Kalamítsi, Grecia © Giulia Grimaldi/ Lonely Planet Italia
L'alba sulla spiaggia di Kalamítsi, Grecia © Giulia Grimaldi/ Lonely Planet Italia

Un altro luogo molto divertente in cui perdersi è la penisola Calcidica, nella Grecia nord-orientale. Guidando da Salonicco dovrete innanzitutto scegliere su quale “dito” perdervi: la penisola di Kassandra (a ovest) è quella più organizzata e battuta dal turismo, quella di Agion Oros (a est), dove si trova la repubblica monastica del Monte Athos, è in parte vietata alle donne, motivo per cui io scesi dritta verso Sithonia. Nulla di più bello e semplice che guidare verso sud, tenendo sempre d’occhio il mare quanto basta per scegliere l’attracco migliore per farne il campo base. Peccato che anche il sole stava calando, che il mare fosse sparito dietro le brulle colline e che i cellulari fossero stati prosciugati di energia per foto su Instagram. Una macchina, un campeggio da raggiungere e un labirinto di stradine in mezzo al nulla a ricamare le colline. Dopo un numero di tentativi che avrebbero messo a dura prova il senso dell’orientamento di chiunque, alla fine ecco un’indicazione, una strada che non ritorna su se stessa, ma che scende nel buio totale verso la spiaggia. L’ultima fatica per montare la tenda al buio e poi la quiete, prima della vera ricompensa: l’alba di fronte al mare con il monte Athos a fare da sfondo. Certo, qualcuno potrebbe obiettare che montare la tenda al buio non sia un’esperienza imperdibile, ma la sorpresa di svegliarsi in un luogo dalla bellezza ancora sconosciuta di Kalamítsi, sì. E se avessi avuto un navigatore a guidarmi, tutta quella sorpresa sarebbe stata privata della ricerca, dell’attesa, della meraviglia: sarebbe stato bello, ma non speciale. 

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Destinazioni in questo articolo:

Francia Grecia Marocco
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