Antonio e Laurina: il dramma shakespeariano delle Marche
Prendi un genio della letteratura, fagli scrivere un dramma d’amore e ti ritrovi Shakespeare che fa penare Romeo e Giulietta tra i palazzi cinquecenteschi di Verona e Mantova: nobili famiglie che si trovano alle prese con antiche rivalità, lotte di potere e vero amore. Una trama così avvincente che vince sempre. Ma se la tragedia dovesse raccontare un contrastato amore realisticamente più Italiano, gli ingredienti sarebbero diversi. Invece del balcone di Giulietta pensate a un dirupo in mezzo ai boschi marchigiani, sostituite gli intrighi di famiglia con l’obbligo della guerra, vestite i protagonisti in abili umili e depurate la passione d’amore con la devozione cristiana e il senso di colpa. Oggi vi raccontiamo la storia di Antonio e Laurina.
La nostra storia si sviluppa nei boschi attorno a Torre di Palme, sulla costa fermana, che con le sue stradine acciottolate, le case in pietra, i balconi fioriti e la spettacolare terrazza che domina il mare è diventato un luogo idilliaco in cui ritirarsi per godersi con calma la bellezza delle Marche.
A poche centinaia di metri da Torre di Palme si sviluppa il Bosco del Cugnolo, ed è qui che si trova la Grotta degli Amanti, il set della drammatica storia di Antonio e Laurina. Quello che ora vi accoglie come unico esempio di macchia mediterranea ancora incontaminata in tutto il litorale fermano (godetevelo seguendo il piacevole sentiero immerso nella natura selvaggia) un tempo era la fonte di sostentamento del borgo. Nulla cresceva tra le strade strette del paese, per cui le donne venivano fin qui a raccogliere i rami più piccoli e fare piccole fascine per i forni. Il sottobosco attuale non esisteva e solo le piante ad alto fusto sono le stesse che testimoniano l’amore e la tragedia vissute in questo canyon. Anche le pendici, quasi verticali, venivano coltivate per permettere scambi tra chi aveva le botteghe in paese e assicurare, così, il sostentamento di tutti.
Immaginate ora il paese nel 1911, immaginate di essere giovani e abituati a una vita semplice fatta di orizzonti traboccanti di mar Adriatico, vita in famiglia e feste di paese. Immaginate, soprattutto, di essere innamorati. Antonio ha 21 anni e Laurina 19, probabilmente si guardano timidamente quando si incrociano al mercato o in chiesa e il mondo di cui hanno bisogno non va oltre ai boschi conosciuti, a quella riva così facile da controllare dal belvedere del paese. E mentre i loro pensieri viaggiano verso il matrimonio arriva una chiamata a partire per la guerra, in Libia, ovunque essa sia. In un attimo il piccolo mondo si deve allargare, far spazio alla politica, alla violenza, agli addii. Antonio parte, Laurina impara a scrivere per potergli inviare delle lettere al fronte.
Quando le notizie arrivano da quel mondo lontano non sono mai buone, come la morte dell’amato della migliore amica di Laurina. Una tragedia che la tocca come fosse la propria, perché ne ha tutto il sapore. Allora la decisione è facile da prendere quando Antonio torna per un congedo di pochi giorni. Scappare, nascondersi, sottrarsi al volere altrui per vivere il proprio amore fino alla fine. Antonio diventa disertore, assicurandosi un appuntamento con il plotone d’esecuzione se venisse trovato, e Laurina si macchia di disonore, nonostante l’amore che li muove sia tanto giovane quanto puro.
Ma a scappare, quando il mondo sta dentro i confini dello sguardo, non si va lontani. Una grotta in mezzo al bosco del Cugnolo li accoglie per otto giorni. Alcuni pastori portano loro pane e sarde. L’esercito, però, è sulle tracce di Antonio e per trovare una soluzione i due innamorati la cercano dove sono abituati: in chiesa. Lontani dagli stereotipi d’amore rocambolesco, trascorrono le loro ultime ore insieme in preghiera nella chiesa seicentesca di San Filippo. A quel punto la decisione è presa: si legano l’uno all’altra con lo scialle di Laurina in vita e con la cintura di Antonio ai polsi e si gettano nel burrone di San Filippo. Un salto di 70 metri che pensano li porti all fine insieme e, chissà, forse a un nuovo inizio.
E qui arriva la svolta shakespeariana: mentre Laurina muore sul colpo, Antonio atterra sul corpo inerme dell’amata che, attutendo l’atterraggio, suo malgrado lo salva. Ritrovati da due bambine che portavano le pecore al pascolo, il disertore viene trasportato all’ospedale su un calesse con un pagliericcio. In tutto il paese la notizia si diffonde prima ancora che le malelingue possano infierire: le grida di dolore di Antonio, trasportato sotto l’attuale belvedere, sono più che esaustive.
Dopo mesi di sofferenze provocate dalla caduta e, ancor più, dal senso di colpa, anche Antonio muore, accusato di diserzione e di istigazione al suicidio. La loro storia, però, vive ancora: se verrete da queste parti, la sentirete raccontare in tante varianti, elaborate in oltre un secolo di dicerie. Passeggiando per il paese, così come per il bosco, lasciatevi convincere da tutte quante e rivivete la vita di Torre di Palme come quando non era uno dei tanti splendidi borghi d’Italia, ma un mondo intero.
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Il borgo
Fortificato nel Medioevo contro le incursioni dei saraceni, il borgo di Torre di Palme è tagliato in due da Via Piave, che attraversa l’abitato da ovest a est. Sulla strada si affaccia no la Chiesa di San Giovanni, con i suoi leggeri affreschi cinquecenteschi, l’austero Palazzo dei Priori e la Chiesa di Sant’Agostino. Nella luce fioca dell’interno di quest’ultima, lo sguardo è calamitato dal prezioso polittico di Vittore Crivelli, dietro l’altare maggiore (la Madonna in trono è circondata dai santi e tutti hanno i volti tristi), e da una tavola di Vincenzo Pagani, a sinistra del presbiterio. Alla fine del borgo, subito dopo la Chiesa di Santa Maria a Mare, del XII secolo, si apre il Piazzale Belvedere, forse il più bel punto d’osservazione di tutta la costa fermana: nelle giornate terse, dalle panchine addossate alla grande bougainvillea che nella bella stagione si tinge di viola, si può vedere il Monte Conero (572 m). Uno spettacolo che vale il viaggio.