Cosa vedere al quartiere Isola di Milano

Oltre il limite settentrionale di zona Garibaldi, alle pendici delle ambizioni futuristiche di Porta Nuova, il quartiere Isola vive sospeso su una linea dove la tensione tra le epoche è palpabile, tra una modernizzazione che spinge verso il futuro e le radici aggrappate alla storia più autentica della “vecchia Milano”. Tra gli innumerevoli ristoranti che spuntano come funghi dopo un acquazzone, i locali dove sperimentano gli alchimisti della mixology e gli spazi in odore di design-district un giro all’Isola resta una delle esperienze milanesi da fare, un must che si carica del fascino di un quartiere che riesce, in una manciata di vie, a riassumere Milano e le sue contraddizioni.

Bosco verticale Milano
La celebre coppia di torri del Bosco Verticale ©Pierluigi.Palazzi
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L’isola che non c’è (più)

Una cintura di campi e piccoli borghi agricoli circondava Milano fino al 1873, anno in cui venne definitivamente fagocitata dalla fame di una città in espansione. Tra loro un quartiere che fino a quel momento era poco più che un grumo di cascine alla deriva, isolate dal resto della campagna da un reticolo di rogge e navigli. Col tempo strade e ferrovie si sono sovrapposte al tracciato dei corsi d’acqua, caseggiati operai e palazzi liberty hanno sostituito i campi, ma lo statuto di “separazione” del quartiere si è conservato. Ad alimentarne il suo mito un’antropologia variegata fatta di bohémien squattrinati ad animare le bettole a passi di tango, di famiglie operaie stipate oltre le ringhiere, dei traffici loschi all’ombra dei cortili, quelli della della malavita milanese, la celebre Ligera. Un piccolo mondo rionale, meticcio e sempre un po’ riottoso che la città borghese ha ben presto ribattezzato, non senza sprezzo, la Casbà de Milan. Il tempo è passato consegnando al quartiere nuove parole d’ordine. Il suo nome è stato cancellato dalla mappa dei quartieri più malfamati riscrivendolo in quella del metro quadro più caro. Ai palazzi e alle ringhiere si sono sostituite le torri di vetro e acciaio dei quartieri ricchi mentre vecchi laboratori artigiani si sono convertiti alle esigenze della design week. Ma l’isolanità resiste. Resta vivo un microcosmo che le più faraoniche imprese di riqualificazione sono riuscite del tutto a domare diventando, forse proprio per questo, uno degli approdi più affascinanti e trendy dell’arcipelago metropolitano. 

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Ristoranti e locali

L’isola è uno dei quartieri a più forte vocazione gastronomica della città, sempre in grado di fornire una soluzione al fatidico dilemma del “dove mangiare” o “dove fare l’aperitivo” a Milano. Il suo volto recente è stato così profondamente ridefinito dal business della ristorazione da trasformarlo in un vero e proprio food-district. Il catalogo che potete sfogliare è trasversale e va ad accontentare i gusti notoriamente onnivori e amanti della novità dei milanesi. Si va dalle nostalgie immutabili dell’osteria di quartiere al concept restaurant appena uscito dalla penna di un designer, attraversando una selva di hamburgerie, neo-trattorie fusion, ristoranti “monografici” di ramen o di pesce crudo. La maggior parte dei locali è concentrata tra Via Borsieri, Via Volturno e Via Pollaiuolo, con numerose alternative, tutte da scovare, nella trama delle vie laterali, perfette anche per l’aperitivo e la movida notturna.  

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skyline di Milano
Lo skyline di Milano ©MarinaGreen

Tra case di ringhiera e icone dell’architettura

L’imponente flusso migratorio che ha, di fatto, dato vita alla popolazione dell’Isola a cavallo tra ‘800 e ’99 ha condizionato lo sviluppo urbanistico del quartiere dominato dalle tradizionali case di ringhiera e dai più eleganti palazzotti liberty della piccola borghesia. Dall’atmosfere vagamente parigine e pullulanti di dehors di Via Borsieri scivolate verso Via Cola Montano: all’angolo con via Pepe si può ammirare uno dei migliori esempi di razionalismo italiano applicato all’edilizia residenziale: casa comolli-rustici (1934­-38) del duo di architetti Lingeri e Terragni.

Per ammirare le icone dell’architettura di quartiere dovete però tornare verso il suo cuore e lasciarvi sorprendere, in positivo o in negativo lo deciderete voi, dalla riqualificazione dell’isolato tra Via de Castilia e via Confalonieri. Qui svettano la celebre coppia di torri del Bosco Verticale, sorta di edizione contemporanea e super-esclusiva dei giardini pensili di Babilonia. Gli edifici, progettati da Stefano Boeri e Associati sembrano aver incarnato il principio per cui che si amino o che si odino l’importante è che se ne parli. Di sicuro non vi lasceranno indifferenti. Vicino alle torri sono sorti altri edifici come lo Ziggurat, sede milanese di Google e la Casa della Memoria, spazio civico dedicato alla conservazione della memoria della Resistenza e delle vittime del terrorismo. Le sue “facciate parlanti” riproducono a mosaico alcune fotografie di fatti cruciali della storia della città del secondo dopoguerra.

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Santuari e fonderie

Ai margini settentrionali del quartiere potete scovare l’Isola più antica, quella nata quando la zona era ancora dominata da boschi e campi. Il Santuario di Santa Maria alla Fontana fu costruito all’inizio del Cinquecento nel luogo dove, secondo la tradizione, sgorga una fonte dalle acque curative. Nasconde ambienti raffinatamente decorati e chiostri dal sapore bramantesco. Sempre in Via Tahon de Revel si trova l’antica Fonderia napoleonica eugenia della ditta Barigozzi che fuse i portali in bronzo del Duomo. I suoi suggestivi spazi proto-industriali ospitano un museo dedicato alla storia dell’arte fusoria, che organizza mostre ed eventi d’arte contemporanea.

L’isola impegnata

Il lato “impegnato” dell’Isola è parte integrante della sua eredità storica, imbevuta di quello spirito fiero e indipendente che la fece resistere, unico quartiere di Milano ai moti del pane del 1898. Col tempo molti circoli e centri sociali sono spariti o, come dicono alcuni, imborghesiti. La rigenerazione controllata ha battuto lo spontaneismo e la creatività anarchica che prevaleva fino a qualche anno fa. Le realtà culturali alternative sono, però, ancora diverse. Spuntato come una piccola repubblica verde indipendente il giardino condiviso Isola Pepe Verde è nato dalla riqualificazione di un lembo di terra sottratto alla cementificazione da un’associazione di quartiere. Nella loro spontaneità gli spazi verdi orizzontali e accessibili del giardino sono il contrappunto più marcato alle geometrie vip del Bosco Verticale. Piano Terra è un centro culturale dove ci si auto-organizza in attività che vanno dall’alpinismo al cucito. Stecca3 è uno spazio ibrido socioculturale che fa da incubatore per l’artigianato e l’associazionismo della demolita e rimpianta Stecca degli Artigiani. Sempre in Via De Castilia la Fondazione Catella è immersa nei giardini botanici contemporanei della BAM, la Biblioteca degli Alberi. Si è data alla diffusione della cultura della sostenibilità e alla valorizzazione del territorio urbano. 

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