Sleddog nelle Ande, tra Cile e Argentina

6 minuti di lettura

La slitta tirata da cani ha una lunga storia ed è diffusa in tutto il mondo, comprese le regioni più nevose dell’America meridionale. Oggi seguiamo la nostra autrice Kerry Christiani in un'avventura sulla neve nelle Ande, tra Cile e Argentina.

I cani da slitta pronti alla partenza ©hectormf /Shutterstock
I cani da slitta pronti alla partenza ©hectormf /Shutterstock
Pubblicità

Il fuoristrada di Konrad sale lentamente su per la strada, piena di buche e coperta di neve, che si snoda nella fitta foresta di coigüe, e veniamo accolti da un coro di latrati e abbai. Il bosco si schiude a mostrare una baita circondata da canili e dai suoi residenti canini, tutti fuori a saltare tirando i guinzagli. Konrad mi assicura che stanno benissimo: “Sono molto socievoli e comunicano volentieri”, mi spiega. “Sono solo contenti di vederci”. Konrad, un tedesco sulla quarantina, alto e atletico, con una mascella ben scolpita, mi porta in giro.

Siamo vicini alla cima di un basso monte e posso vedere un altopiano che si apre poco oltre, ingioiellato di alte araucaria sempreverdi, endemiche in questa regione del Cile. Konrad sarà la mia guida durante la spedizione di mushing di una settimana per le Ande. L’idea di guidare una slitta tirata da husky qui, nella Regione dei Laghi cilena, vicino al confine con l’Argentina, sembra un po’ surreale, soprattutto perché a casa mia nel Regno Unito adesso è estate.

La regione dei laghi, in Cile ©Sofia Paz  /Shutterstock
La regione dei laghi, in Cile ©Sofia Paz /Shutterstock

Chiedo a Konrad com’è arrivato in questa parte del mondo. Mi risponde che, dopo quindici anni come pilota dell’aeronautica militare tedesca, voleva un cambio di scena totale e uno stile di vita più gratificante. “Amo stare in Cile”, mi dice. “È un paese meraviglioso, pieno di natura incontaminata e infinite possibilità di esplorare”. Poi Konrad mi presenta alle sue decine di husky. Occhi blu, occhi marroni, occhi che sono un mix di entrambi: mi saltano addosso e alcuni appoggiano le zampe sulle mie spalle. “Quindi, quanti cani tireranno la mia slitta?”, chiedo. Konrad studia con attenzione la mia statura minuta. “Dipende dall’altezza e dal peso. Di solito dai cinque ai sette. Per te, cinque sono più che sufficienti”, mi dice. “Nebula e Mystique saranno i nostri cani capo squadra, e questi quattro formeranno il resto della tua muta”, continua Konrad.

“Quando inizio ad addestrarli, appena sono grandi abbastanza per lavorare, si nota subito quali cani sono più dominanti e saranno i migliori leader. Ma durante il viaggio sarà tua responsabilità guidare la slitta e prenderti cura dei cani quando sono a riposo”. Konrad inizia a insegnarmi come guidare la slitta in modo corretto. Mi mostra come mettere loro l’imbragatura. I cani sono forti, ma per fortuna anche molto collaborativi e stanno fermi mentre li aggancio alla slitta. In piedi sul retro della slitta, prendo confidenza con il “freno di emergenza”, un’ancora metallica uncinata che può rallentare o fermare la slitta. Proprio come quella di una barca, si lancia dietro la slitta e viene trascinata sulla neve.

Pubblicità
Il vulcano di Villarrica  ©Maciej Bledowski  /Shutterstock
Il vulcano di Villarrica ©Maciej Bledowski /Shutterstock

Poi Konrad mi insegna un po’ di lingua husky. “I cani non sono come i cavalli, non ci sono redini che si possano tirare”, mi spiega. “Li si comanda a voce. Gi vuol dire ‘destra’; ha significa ‘sinistra’; haike sta per ‘corri’; e whoa li ferma”. Durante un giro di prova, noto con maggiore chiarezza quanto i cani siano diversi l’uno dall’altro, nonostante appartengano tutti essenzialmente alla stessa razza. “Ho Siberian e Alaskan husky, oltre a incroci, dato che nel tempo libero faccio anche corse di sleddog”, mi spiega Konrad. “I Siberian furono quelli addomesticati in origine nella Russia artica a partire dai lupi, mentre gli Alaskan sono di solito degli incroci”. I cani della mia muta iniziano a emettere piccoli mugolii, chiaramente desiderosi di partire. Si può notare l’eccitazione nel loro atteggiamento. “Sì, gli piace un sacco correre e tirare la slitta”, dice Konrad. “Un husky non farà mai niente che non voglia fare”.

A ripensarci, i tre giorni che ho passato a prepararmi e fare amicizia con i cani, con crescente aspettativa per l’avventura che stavo per intraprendere, sono rimasti particolarmente vividi nella memoria – anche più di alcune parti della traversata delle Ande. La mattina della nostra partenza, incontro i miei compagni per la traversata (che si fa in gruppi di quattro come minimo). Carichiamo il nostro equipaggiamento per la settimana sul fuoristrada; i cani e le slitte sono al sicuro nel rimorchio dietro di noi. Dall’allevamento di husky al paesino di Liucura, vicino al confine argentino, ci vogliono tre ore in macchina, poi lasciamo la strada e saliamo in montagna più in alto possibile, fino alla zona innevata, dove scarichiamo le slitte e fissiamo su di esse i bagagli. 

Il Passo Pino Hachado al confine tra Cile e Argentina ©Daniela Hidalgo /Shutterstock
Il Passo Pino Hachado al confine tra Cile e Argentina ©Daniela Hidalgo /Shutterstock
Pubblicità

Iscriviti alla nostra newsletter! Per te ogni settimana consigli di viaggio, offerte speciali, storie dal mondo e il 30% di sconto sul tuo primo ordine.

Da qui in poi, stiamo battendo sentieri vergini nella neve, mentre i cani tirano le loro imbragature e ci portano in alto, verso il passo Pino Hachado, che conduce in Argentina. Oltrepassare il confine è surreale. Qui c’è ben poco che segnali la frontiera, a parte alcuni solitari paletti, semisepolti nei cumuli di neve. Guardandomi alle spalle, verso il Cile, vedo le forme coniche dei vulcani incappucciate di neve che spuntano dalla fitta foresta. Prendo velocemente il ritmo di questa avventura.

Il primo giorno ci fermiamo per pranzo dopo sole due ore, dando da mangiare e da bere ai nostri cani, poi continuiamo un altro paio d’ore prima che la luce del giorno svanisca e troviamo un posticino riparato sotto le araucaria dove piantare le nostre tende e tirar fuori i nostri sacchi a pelo quattro stagioni. Mi sento come un’esploratrice d’altri tempi, che ogni giorno apre nuove vie sulla neve vergine, senza mai vedere altra anima viva durante tutta la traversata.

Il depositarsi della neve in montagna è influenzato dal vento, per cui nessuna traversata delle Ande è mai uguale all’altra. La bellezza dell’ambiente circostante non stanca mai: un paesaggio mozzafiato dopo l’altro. Mi abituo presto a dormire in tenda in una foresta, indossare molti strati di vestiti termici e un berretto, ma questo non fa che rendermi ancora più grata quando ci invitano a stare in una calda baita a Villa Pehuenia, dove ci immergiamo nella vasca idromassaggio sotto la Croce del Sud, sorseggiando un amaro ma energizzante mate attraverso una bombilla (cannuccia di metallo).

Ci sono momenti difficili: l’attraversamento di fiumi gelati con le slitte che scivolano sul ghiaccio e le faticose salite in cui dobbiamo smontare e aiutare i cani. Ci sono anche momenti di paura, come quando veniamo sorpresi, da qualche parte sul versante argentino tra il Passo Pino Hachado e Villa Pehuenia, da una tormenta di neve (o “viento blanco”) che ci impedisce di vedere alcunché. Una notte, raggomitolati intorno alla stufa a legna, al caldo e al sicuro, condividiamo la paura che abbiamo provato in quel momento. “Non correvamo alcun pericolo”, ci rassicura Konrad. “Per noi è impossibile orientarci durante una tempesta di neve, ma dobbiamo aver fiducia nei nostri husky: loro sanno trovare la strada migliore”

Leggi anche:

Pubblicato nel

Destinazioni in questo articolo:

Argentina Cile
Condividi questo articolo
Pubblicità