Sciare dal cielo al mare in Islanda 

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Di solito si scia solo su alte montagne incappucciate di neve. Ma in Islanda in inverno potete sciare dalla cima delle colline fino alla vostra cuccetta su una barca a vela. Così ha fatto la nostra autrice Megan Michelson e così potrete fare godendovi una delle isole più desiderate d’Europa da prospettive sempre nuove.


Ísafjörður (‘fiordo di ghiaccio’), il capoluogo dei Vestfirðir © Robin Runck / Shutterstock
Ísafjörður (‘fiordo di ghiaccio’), il capoluogo dei Vestfirðir © Robin Runck / Shutterstock
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L’Islanda è diventata una delle destinazioni preferite dai viaggiatori avventurosi di tutto il mondo, che la scelgono per gli aspri sentieri escursionistici, le scenografiche cascate e le sorgenti termali calde, nonché per le pensioni in campagna e i soggiorni in fattoria.

I visitatori vengono in Islanda perlopiù nei mesi più caldi, per camminare tra i vulcani o fare snorkelling nella dorsale medio atlantica. È uno di quei posti in cui l’estate assomiglia un po’ all’inverno. E nel vero inverno? Beh, il nome dell’isola (terra del ghiaccio) dice tutto: io e le mie amiche volevamo vedere quell’Islanda. Volevamo esplorare sugli sci il suo paesaggio ricoperto di neve senza avere nessun altro intorno.

Un’amica, guida professionista, menzionò di aver avuto un incarico per Ice Axe Expeditions che comprendeva sei notti a bordo di una barca a vela nei remoti fiordi occidentali, i Vestfirðir, e sei giorni di ski touring. Decidemmo di imbarcarci in un’avventura backcountry che sarebbe stata diversa da qualsiasi cosa mai provata.

Volevamo sciare in un posto quasi intoccato dall’uomo, che ti fa sentire alla fine della Terra e così distante dalla civiltà che sei solo tu e le foche. Non ci misi molto a convincere cinque amiche, tra le più esperte in sci backcountry, provenienti dai quattro angoli degli States.

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E così partiamo da Reykjavík per Ísafjörður (‘fiordo di ghiaccio’), il capoluogo dei Vestfirðir, nel nord-ovest dell’Islanda. Sull’areo un islandese ci chiede che cosa c’è nelle lunghe sacche che abbiamo caricato in stiva e quando gli diciamo che sono sci appare confuso. “Perché portate gli sci a Ísafjörður?”, chiede. “Lì non c’è neve”. Sapevamo che gli sciatori non vengono in Islanda aspettandosi la bella neve dell’Alaska o delle Alpi. Vengono per le bellezze naturali, per esperienze meravigliose e magiche come sciare dalla sommità al mare, o sentire la neve sotto i piedi mentre si respira aria salmastra.

Ma l’Islanda non è certo una meta rinomata per lo sci, anche se ha una decina di piccoli centri, perlopiù adatti alle famiglie, e due agenzie di eliski lavorano nella penisola di Troll. Da molto tempo mi affascinava l’idea di sciare fino in riva all’oceano: solo una manciata di posti in tutto il mondo lo consentono. Condizioni meteo imprevedibili, tuttavia, diventano parte della nostra avventura.

È l’inizio di maggio, la fine della stagione nevosa e il clou dello sci escursionismo primaverile. Non c’è molta neve, ma, per fortuna, ce n’è a sufficienza per fare quello che siamo venute a fare: andare in esplorazione con gli sci ai piedi e divertirci senza sapere bene che cosa ci sarebbe capitato dopo. La nostra casa per la settimana galleggia nel porticciolo di Ísafjörður: un’elegante barca a vela da spedizioni lunga 18 m chiamata Aurora Arktika, dipinta in rosso ciliegia e con una riconoscibile aura da nave pirata, del tipo ‘non fate scherzi’. In passato una barca da competizione, l’Aurora Arktika apparteneva a Sir Robin Knox-Johnston, un velista britannico che per primo fece il giro del mondo in solitaria senza fermarsi. Ora la barca si gode una vita tranquilla e trasporta sciatori da un fiordo all’altro per un’impresa locale che gestisce viaggi guidati di vela e sci una manciata di volte l’anno. In zona ci sono altre agenzie che offrono viaggi in barca tutto l’anno per escursionisti e sciatori.

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Sciare vista mare: una delle tante magie d’Islanda  © Jonas Tufvesson / Shutterstock
Sciare vista mare: una delle tante magie d’Islanda © Jonas Tufvesson / Shutterstock

Carichiamo la nostra attrezzatura e salpiamo in acque profonde e agitate. Il mal di mare si placa quando arriviamo alla riserva naturale di Hornstrandir su una remota penisola a forma di dito, dove le acque del fiordo sono relativamente calme.

I 580 kmq di Hornstrandir sono natura pura. Un tempo qui c’erano alcune fattorie, villaggi di pescatori e cottage estivi, accessibili solo a cavallo o in barca, ma nessuno vive più qui sin dagli anni ’50. Nel 1975 il governo ha istituito una riserva naturale protetta. Con più volpi artiche che persone, la penisola non ha strade, quasi nessuna infrastruttura ed è sormontata dal ghiacciaio di Drangajökull: un ammasso gelato dall’aspetto etereo che si sta restringendo sempre più, è considerato il ghiacciaio più solitario d’Islanda.

Passiamo la nostra prima notte all’àncora poco lontano dalla riva, mangiando il merluzzo che abbiamo pescato lungo il percorso e osservando le mappe con le nostre guide, Lel ed Erin. Il nostro gruppo, tutto di donne, si accorda su un itinerario che sale e scavalla verso il fiordo successivo: una camminata in salita su terreno fangoso di 150 m di dislivello prima di raggiungere la neve.

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Il ghiacciaio Drangajökull, nella riserva di  Hornstrandir © Radek94 / Shutterstock
Il ghiacciaio Drangajökull, nella riserva di Hornstrandir © Radek94 / Shutterstock

Il mattino seguente, il nostro primo sulla barca, dopo una colazione a base di pane tostato con burro e piccoli gamberetti, ci prepariamo. Per arrivare alla riva il capitano, un uomo barbuto di nome Óli, ci fa salire su un gommone e poi ci deposita presso scogli scivolosi ricoperti di alghe – non il massimo se si calzano scarponi da sci.

Ci arrampichiamo per mezzo chilometro nelle nuvole con visibilità zero – ma c’è neve. E sembra soffice e sciabile. Ci buttiamo e inanelliamo le nostre prime curve (anche se un po’ graffiate).

Quando ritorniamo alla barca nel tardo pomeriggio, è tempo di snack après-ski (altro pesce, ovviamente) e un tuffo nelle acque artiche. Il 70° parallelo è solo 30 miglia nautiche più a nord, quindi l’acqua è sempre fredda. Rebekka, la cuoca di bordo, assomiglia a una sirena e si è posta l’obiettivo di nuotare ogni giorno un po’ di più del giorno precedente. Dopo una settimana, sarebbe rimasta in acqua per 4 minuti interi. Noi, non più di 4 secondi.

Il resto della settimana passa sciando su linee di ripido altrettanto spettacolari, raccogliendo cozze sulla spiaggia durante il riposo e osservando Rebekka nuotare. La nostra ultima discesa è la più memorabile. Dopo essere salite con gli sci a uno dei punti più alti dei Vestfirðir, la sommità rocciosa del Bolafjall (636 m), possiamo vedere il ghiacciaio di Drangajökull in lontananza e l’oceano a destra e a sinistra di dove stiamo. Ci sentiamo gli unici abitanti dell’Islanda. Da lì inizia una lunga discesa di ritorno nell’aria salina del mare.

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