Il pellegrinaggio degli 88 templi e i ponti di liane: la spiritualità selvaggia dello Shikoku

Redazione Lonely Planet
9 minuti di lettura

lo Shikoku è sinonimo di bellezza naturale e di ricerca di perfezione spirituale. Su quest’isola si trova il circuito degli 88 templi, il pellegrinaggio più famoso del Giappone, nonché un’idea di viaggio che sa unire la ricerca di spiritualità con la bellezza intatta della natura. Se, invece, non volete cimentarvi nell’intero percorso, ma ammirare i templi più spettacolari, ecco i nostri consigli su quali inserire nel vostro itinerario.

Valle di Iya Shikoku
L’incredibile paesaggio della Valle di Iya © funboxphoto
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Il pellegrinaggio degli 88 templi

Assistere al pellegrinaggio degli henro, i fedeli che percorrono a piedi il circuito degli 88 templi, è una delle esperienze più suggestive che si possono fare durante un viaggio nello Shikoku. Li vedrete ovunque, mentre procedono a grandi passi lungo le vie trafficate delle città e si inerpicano sui colli di valli remote, figure solitarie vestite di bianco, che avanzano risolute sia nell’afa estiva sia sotto gli acquazzoni, spostandosi da un tempio all’altro. Chi sono e cosa li spinge ad affrontare un viaggio a piedi così impegnativo e faticoso di oltre 1200 km? 

Sebbene l’ambiente socioculturale e le motivazioni degli henro siano spesso molto diversi, tutti seguono le orme del leggendario Kōbō Daishi, il monaco che raggiunse l’illuminazione spirituale nello Shikoku, al quale va attribuito il merito di aver diffuso in Giappone il buddhismo Shingon e di aver dato un notevole contributo alla cultura di questo paese. Per quanto non sia certo che abbia veramente fondato o visitato tutti gli 88 templi, i fedeli affrontano il pellegrinaggio nella convinzione di essere accompagnati dallo spirito di Kōbō Daishi, il che spiega gli ideogrammi scritti sullo zaino e su altri oggetti utilizzati da molti pellegrini: 同行二人 (dōgyō ninin) significa infatti ‘due persone condividono lo stesso viaggio’. 

Un ponte sul fiume  Yoshino ©bee32/Getty Images
Un ponte sul fiume  Yoshino ©bee32/Getty Images

Indipendentemente dalle motivazioni di ogni henro, il pellegrinaggio segue uno schema e un ritmo simili per tutti. L’abbigliamento prevede sempre gli hakue (indumenti bianchi), che simboleggiano la sincerità delle intenzioni e la purezza della mente, il sugegasa (cappello di paglia), che da tempo immemorabile protegge i pellegrini sia dal sole sia dalla pioggia, e il kongōzue (bastone colorato). 

Anche la visita ai templi si svolge più o meno nella stessa maniera: dopo aver fatto rintoccare una volta la campana, i pellegrini recitano il Sutra del Cuore nel Daishi-dō (uno dei due edifici principali dei complessi templari) e poi si recano al nōkyō-jo (banco) per farsi scrivere con caratteri eleganti su un apposito libretto il nome del tempio e la data del pellegrinaggio. 

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L’ingresso del Tatsueji, Il tempio numero 19 durante la fioritura dei ciliegi ©Amehime/Shutterstock
L’ingresso del Tatsueji, Il tempio numero 19 durante la fioritura dei ciliegi ©Amehime/Shutterstock

Come diventare un aruki henro (pellegrino a piedi)

Se anche voi desiderate diventare un aruki henro (pellegrino a piedi), per completare il circuito mettete in preventivo di impiegare circa 40-60 giorni, calcolando di percorrere in media 25 chilometri al giorno. Per pianificare l’itinerario, consultate la guida Shikoku Japan 88 Route Guide. La guida, i capi d’abbigliamento e gli accessori da henro utili per affrontare il viaggio sono in vendita anche presso il primo tempio, il Ryōzen-ji. Prima di partire per il pellegrinaggio, vi consigliamo di leggere il libro Japanese Pilgrimage di Oliver Statler, mentre per avere qualche suggerimento originale sui luoghi in cui pernottare si può scaricare Tales of a Summer Henro di Craig McLachlan. 

I viaggiatori che non hanno abbastanza tempo a disposizione o che non sono interessati a seguire tutto il circuito possono limitarsi a percorrere le tappe di una giornata. Oltre a Naruto, le città in cui i templi si trovano più vicini l’uno all’altro sono Matsuyama, per i templi dal n. 46 al n. 53, e Zentsūji, nella Prefettura di Kagawa. 

Se poi avete voglia di compiere il circuito, ma non amate troppo camminare, tenete presente che oggi la maggior parte dei pellegrini visita gli 88 templi a bordo di autobus turistici, in taxi, automobile, motocicletta o bicicletta. Ciò che conta è mettercela tutta! 

Ciliegi in fiore al Ryozenji, il tempio numero 1©Amehime/Shutterstock
Ciliegi in fiore al Ryozenji, il tempio numero 1©Amehime/Shutterstock
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Il meglio dei templi

Tempio 21: Tairyū-ji

Da oltre 12 secoli gli henro si inerpicano su faticosi e ripidi sentieri montani per raggiungere il magnifico Tairyū-ji. Oggi una funivia, che con i suoi 2,7 km è la più lunga del Giappone occidentale, rende molto più agevole la salita al tempio, offrendo a tutti l’opportunità di visitare questo luogo molto suggestivo. Vale veramente la pena di salire lassù per ammirare il magnifico panorama. Chi dispone di un’automobile può raggiungere facilmente la stazione di partenza della funivia, che comunque è servita anche dagli autobus provenienti dalla stazione di Tokushima.

Tempio 24: Hotsumisaki-ji

È considerato uno dei complessi più importanti del circuito degli 88 templi, perché fu proprio a Muroto che Kōbō Daishi raggiunse l’illuminazione spirituale. Questo magnifico tempio in cima a una collina può essere raggiunto a piedi seguendo l’antico sentiero percorso dagli

henro, che inizia pochi passi a nord-est del promontorio, oppure in automobile percorrendo la strada tortuosa che si snoda 1 km a nord-ovest del promontorio. L’antichità degli edifici e delle statue esalta l’intensa spiritualità del luogo. 

Il monte Ishizuchi ©Yoshinori Okada/Shutterstock
Il monte Ishizuchi ©Yoshinori Okada/Shutterstock

Tempio 38: Kongōfuku-ji

L’Ashizuri-misaki un promontorio impervio e pittoresco sferzato dagli elementi atmosferici, che gode di una vasta fama per il Kongōfuku-ji, il 38° degli 88 templi del circuito di pellegrinaggio, e per il suo faro. In questa zona i pellegrini che percorrono il circuito a piedi tirano un sospiro di sollievo, in quanto hanno superato il tratto più lungo, quello di 94 km che separa questo tempio dallo Iwamoto-ji di Kubokawa. 

Il curioso nome di questo promontorio (ashizuri significa ‘pestare i piedi’) è legato alla storia di un anziano monaco, che batté il piede per l’angoscia, nel vedere il suo giovane discepolo partire in barca alla ricerca della terra promessa di Fudaraku. In passato si riteneva che Fudaraku fosse il felice regno di Kannon, il bodhisattva della compassione, e molti partivano da questo promontorio per andare alla ricerca di questo leggendario paradiso terrestre, senza lasciare traccia di sé. A distanza di secoli, Ashizuri continua ad avere una fama molto sinistra, essendo il luogo prescelto da molti giapponesi per suicidarsi, come fece una giovane geisha, che si avvicinò allo strapiombo a passi di danza, per poi sfracellarsi sugli scogli sottostanti. 

Chi lo desidera potrà fare brevi ma gradevoli passeggiate intorno al capo, che consentono di raggiungere una piattaforma panoramica e il faro. 

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Il sentiero tra I boschi che porta al tempio 45, Iwaya-ji © Amehime
Il sentiero tra I boschi che porta al tempio 45, Iwaya-ji © Amehime

Tempio 45: Iwaya-ji 

Per arrivare in questa zona i pellegrini affrontano un faticoso percorso a piedi attraverso il montuoso interno dello Shikoku, ma se non siete henro dovrete noleggiare un’automobile per raggiungere il 45° tempio, l’Iwaya-ji, un complesso isolato situato in posizione estremamente suggestiva, abbarbicato com’è sulle pendici rocciose di un’altura che domina la valle. Al suo interno si percepisce quasi la presenza dei santi del passato. Un sentiero in salita fiancheggiato da antichissime statue conduce agli edifici del tempio e poi si inerpica su un monte e lo oltrepassa. Accanto al tempio principale c’è una scala di legno, che consente di raggiungere la piattaforma situata nella rientranza della parete rocciosa, dove i pellegrini si raccolgono in preghiera. 

Tempio 51: Ishite-ji 

A est del Dōgo Onsen sorge l’Ishite-ji, il 51° degli 88 templi e uno dei più suggestivi dell’intero circuito di pellegrinaggio. Il termine Ishite significa ‘mano di pietra’ e deriva da una leggenda legata a Kōbō Daishi, che narra la storia di un bambino venuto al mondo con una pietra in mano. Non perdete l’occasione di esplorare le gallerie e le grotte che si aprono dietro al complesso. Sul fianco della collina si erge una statua di Kōbō Daishi rivolta verso il tempio. 

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Templi 68 e 69: Jinne-in e Kanon-ji 

Questi due templi ‒ che a quanto si dice sarebbero stati fondati nel 703 ‒ sono interessanti per il fatto di essere gli unici di tutto il circuito di pellegrinaggio a sorgere nello stesso complesso. Si tratta di un luogo sacro di grande importanza, dedicato alle preghiere per ottenere la vittoria in battaglia: nel XIII secolo l’imperatore Kameyama fece svolgere in questi templi diverse cerimonie propiziatorie, che lo aiutarono a respingere un tentativo di invasione da parte dei mongoli. All’interno di questo complesso si trova anche un invitante negozio specializzato nella preparazione dei tagliolini. 

Tempio 88: Ōkubo-ji 

L’Ōkubo-ji, l’ultimo degli 88 templi del circuito di pellegrinaggio dello Shikoku, si trova nella zona sud-orientale della Prefettura di Kagawa e merita sicuramente una visita. Per raggiungere l’ultimo tempio, gli henro che si spostano a piedi devono affrontare una ripida salita, anche se ‒ per completare il circuito nel modo migliore ‒ dovrebbero tornare a piedi al tempio 1. Infatti, la ricerca dell’illuminazione spirituale è un viaggio infinito, come un cerchio. 

Il ponte di liane  a kazura-bashi ©stockstudioX/Getty Images
Il ponte di liane a kazura-bashi ©stockstudioX/Getty Images

La Valle di Iya

A prescindere dal pellegrinaggio, un viaggio in Shikoku deve prevedere la spettacolare Valle di Iya, un luogo davvero speciale dove troverete gole con pareti a picco e montagne ammantate da fitti boschi che costituiscono un richiamo irresistibile per chi cerca un po’ di pace lontano dalle metropoli. Una passeggiata lungo le sue strade strette e tortuose che si snodano sul ciglio di dirupi, ammirando le gelide acque dello Iya-gawa che scorre impetuoso nel fondovalle, rappresenta un’esperienza di viaggio veramente straordinaria. Di giorno potrete rilassarvi in uno degli eccellenti onsen della zona, mentre il divertimento serale consiste soprattutto in attività decisamente poco faticose, come gustare i soba (tagliolini di grano saraceno) e ripensare ai panorami ammirati nelle ore precedenti. 

I documenti più antichi relativi a questa valle descrivono una tribù di sciamani che vi si insediò nel corso del IX secolo, per sfuggire alle persecuzioni subite a Nara. Alla fine del XII secolo, la Valle di Iya diede asilo ai membri del clan Heike, che erano stati dispersi dopo la sconfitta patita per mano dei Minamoto durante le guerre Gempei. Si ritiene che i loro discendenti vivano ancora oggi in molti villaggi di questa valle. 

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I ponti di liane (kazura-bashi) della Valle di Iya costituiscono il glorioso retaggio di un Giappone remoto e al di fuori del tempo. L’attraversamento di questi ponti è sempre stato difficile, un fatto che andava a tutto vantaggio dei banditi e dei guerrieri sconfitti, che cercavano rifugio in queste gole sperdute. Questi capolavori dell’ingegneria antica furono costruiti circa un millennio fa, intrecciando le liane selvatiche che pendevano su entrambi i versanti di questa stretta valle. I ponti sono stati rinforzati con parapetti, assi e cavi solo nel corso degli ultimi anni. 

In questa valle sono rimasti solo tre kazura-bashi, uno molto turistico a Nishi Iya, sul quale incombe un grande parcheggio, e una coppia di ponti ‘marito e moglie’ a Higashi Iya, località 30 km più a est; la gola profonda e appartata che li incornicia vale ampiamente la fatica del viaggio. 

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