Belfast-Causeway Coast e ritorno: in auto nell’Irlanda del Nord

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Secondo Brandon Presser, le spiagge solitarie dell’Ulster, spesso sottovalutate in favore delle scogliere e dei laghi dell’Irlanda, sono il perfetto antidoto al caos urbano di Belfast. Lo seguiamo in questo viaggio in auto verso il mitico ‘selciato del gigante’ di Causeway.



Carrick-a-Rede
A Carrick-a-Rede un sottile ponte di corde collega la terraferma a un isolotto roccioso © Nordic Moonlight
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‘Ecco il pescato migliore del giorno’, dice il cameriere spingendo un piatto di porcellana sul tavolo. ‘In genere spediamo il rombo giallo in Portogallo e in Spagna, ma ogni tanto ne conserviamo un po’ per i nostri clienti’. Con la forchetta infilzo delicatamente il pesce bianco e lo passo nella tapenade. Poco dopo, a piedi nudi nella sabbia, immergo le dita nell’onda limpida che rotola verso di me, con la stessa delicatezza con cui ho abbordato il pranzo. Non credo ai miei occhi: la spiaggia è ampia e gremita di bagnanti, il mare è cristallino come quello dei Caraibi. Eppure non sono su un’isola tropicale, ma sulla spiaggia pubblica di Portstewart, sulla cresta settentrionale dell’Irlanda del Nord. Il cielo terso sembra più improbabile che imprevisto, considerata la stagione, e trasforma per sempre il beige e il grigio dei miei pregiudizi nel vivace scenario azzurro e verde che si dispiega davanti a me. 

Avrei pensato che questa piccola località balneare di case a schiera in stile Tudor fosse per molti solo la coda di una gita in giornata seguendo la costiera a nord di Belfast. Ma mentre trangugio il mio gelato con pezzetti di caramello al miele mi sento stranamente affascinato da quel che scopro ‘on the road’ durante il mio piccolo tour in giornata. 

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Da Belfast, la Causeway Coastal Route è un circuito da fare comodamente in giornata che concentra esperienze e paesaggi unici, pensato per raggiungere il sito Unesco della Giant’s Causeway, il mitico ‘selciato del gigante’ fatto di colonne di pietra esagonali, situato a due ore d’auto se si seguono le strade costiere. 

Ma quando mi metto al volante, mi rendo subito conto che, nonostante la mia urgenza di vedere questo straordinario spettacolo, dopo averlo concupito per anni su Instagram, mi ci vorrà molto più di un paio d’ore per raggiungere la mia meta. Ogni curva lungo la litoranea mi implora di deviare per esplorare le tante attrattive dei dintorni. E molto spesso cedo a quelle preghiere. 

Dopo Larne, le scogliere, come mura di una fortezza, costeggiano il mare per quasi 160 chilometri, interrompendosi solo nove volte là dove valli profonde, note collettivamente come Glens of Antrim, scavano una pista verde nell’interno. Ciascuna promette un’atmosfera distinta e unica, esaltata dal capriccioso clima atlantico, che avvolge un villaggio in un manto di nebbia inondando di sole quello successivo. A Glenarm mi fermo per gironzolare nel villaggio ben conservato, a Carnlough pranzo nel porto pittoresco e a Glenariff seguo la passerella che si addentra nella lussureggiante foresta paludosa fino a una costellazione di cascate nascoste. 

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Le rovine del castello di Dunluce ©Jan Miko
Le rovine del castello di Dunluce ©Jan Miko

Le valli hanno profonde radici storiche (come vi ricorderà simpaticamente, e spontaneamente, la gente del posto): le rovine di Dunluce, più a nord, sono quelle che riportano in vita in modo più vivido le leggende di impavidi eroi. Costruito intorno al 1500 dal clan dei MacQuillian, il castello passò di mano in mano finché divenne la residenza dei conti di Antrim nel XVII secolo. Abbarbicato sull’orlo di una scogliera, i suoi timpani e le sue torri dal forte impatto visivo pare abbiano ispirato Le cronache di Narnia di C.S. Lewis. 

Fra le tante altre tappe andando verso la Giant’s Causeway, Carrick-a-Rede è quella che merita la deviazione più lunga, perché solo qui si può apprezzare appieno la spettacolarità dei promontori irlandesi dal basso. Un sottile ponte di corde collega la terraferma a un isolotto roccioso al largo, popolato da gazze marine e gabbiani tridattili. Nelle giornate limpide si distingue chiaramente ogni anfratto delle scogliere, come pure le isole scozzesi in distanza. 

Ho il cuore in gola mentre seguo gli ultimi cartelli per la Giant’s Causeway e vederla per la prima volta mi dà quella strana sensazione, che spesso provo in viaggio con destinazioni super esaltate, di doverla sfrondare dai superlativi. La controcultura di viaggio attuale, per di più, tende a rifuggire le mete classiche in favore di attrazioni più locali e meno turistiche. Scendo lungo gli Shepherd’s Steps fra colonne di basalto che si levano intorno a me come le canne di un organo: sono persino più imponenti di quanto immaginassi. Da lontano, il reticolo di queste strane pietre lisce ricorda le scaglie di una bestia che dorme in riva al mare. Secondo la leggenda, questo luogo fu costruito dal gigante irlandese Finn McCool per combattere contro Benandonner, un gigante scozzese dall’altra parte dello stretto. Una versione pittoresca dell’attività vulcanica che generò quest’area 50 milioni di anni fa. 

Le strane pietre lisce della Giant’s Causeway  ©Pierre Leclerc
Le strane pietre lisce della Giant’s Causeway ©Pierre Leclerc
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Dopo un’ora trascorsa a saltellare da una roccia all’altra come una rana fra ninfee di ossidiana, torno alla macchina per rientrare a Belfast passando per l’interno. I segnali indicano i Dark Hedges, più avanti, uno dei tanti angoli dell’Ulster che oggi sono conosciuti da tutti perché utilizzati come location de Il trono di spade. 

L’infinito cielo estivo mi spinge a proseguire ancora un po’ lungo la costa fino a Portrush, forse fino a Portstewart. Anche se non mi lascio più depistare, continuo la mia ricerca di una scoperta per caso, pesce fresco, rena soffice e forse anche di un gelato con caramello al miele. 

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