In auto in Islanda lungo il Circolo Magico
Se avete sempre sognato di fare un epico viaggio on the road tra i paesaggi dell’Islanda, qui c'è un itinerario che fa al caso vostro. Oliver Berry ci racconta quel che incontra facendo il periplo dell’isola sulla Hringvegur: spettrali campi di lava, coste selvagge, possenti cascate e maestose calotte glaciali.

È metà mattina sulla costa est dell’Islanda, ma potrebbe tranquillamente essere mezzanotte. La nebbia avvolge la strada, mescolando terra, mare e cielo in un grigio spettrale. Qua e là, cime nere si materializzano nell’oscurità e squarci tra le nuvole rivelano improvvisamente scorci della linea costiera: scogliere rocciose, dune ricoperte d’erba, aspre spiagge di sabbia nera. I gabbiani si piegano e roteano nel vento. Il tempo imprevedibile fa parte del gioco quando si guida sulla Hringvegur (Strada ad anello o Strada 1, com’è indicata sulle cartine). Facendo il periplo dell’isola per 1336 km, la strada è un miracolo ingegneristico e insieme l’emblema nazionale sin da quando entrò in funzione nel 1974.
Ovviamente, tutte le distanze della Strada 1 sono misurate a partire dalla capitale. Anche a Reykjavík, pur tra gallerie d’arte e birrerie, si trovano facilmente segni del lato selvaggio dell’Islanda. Se si guarda verso nord al di là della baia di Faxaflói, un brullo tratto di terra lungo e stretto si estende lungo l’orizzonte, finendo alla cima incappucciata di neve dello Snæfellsjökull, il vulcano dove Jules Verne ambientò il suo avventuroso Viaggio al centro della Terra. Il vulcano rimane una presenza incombente mentre la Hringvegur lascia la periferia di Reykjavík in direzione nord: memoria visiva del fatto che le forze della natura non sono mai così distanti.
Verne non fu il primo scrittore a trovare l’ispirazione tra i fiordi e le valli occidentali dell’isola. Per gli islandesi la zona è intimamente collegata alle saghe, una pietra fondante della loro cultura. Trascritte per la prima volta nel XII e XIII secolo, ma radicate in una tradizione più antica di racconti trasmessi oralmente, queste storie di faide famigliari, eroi maledetti, re guerrieri e tragiche storie d’amore sono in parte genealogia, in parte storia e in parte dramma.

Mentre la Strada 1 piega verso l’interno attraverso le gibbose colline a nord-ovest di Borgarnes, oltrepassa molti luoghi legati alle saghe: una fattoria che è presente nella saga di Egil, una sorgente calda dove l’eroe della saga di Grettir riposa le stanche membra dopo la battaglia. La maggior parte dei racconti nasce da un fatto vero, ma molti hanno un lato fantastico che origina dal pantheon islandese di miti e leggende: strane storie su troll, giganti e draghi, nonché sul popolo nascosto (huldufólk) di gnomi, nani, fate ed elfi. Che questo paesaggio ultramondano abbia ispirato storie del genere è comprensibile: scolpito e ferito da migliaia di anni di attività geologica, spesso appare proprio di un altro mondo.
In nessun luogo ciò è più vero che intorno ai laghi di Mývatn e Krafla, l’area vulcanica più attiva dell’isola. Qui, la Hringvegur scende dagli altipiani e fa un giro intorno a Goðafoss (cascata degli dèi), un’assordante massa di acqua spumosa che sembra fuoriuscire da una fessura frastagliata della crosta terrestre. La cascata è il preludio a un paesaggio ancora più strano. Avvicinandosi alle rive del lago Mývatn, ai lati della strada si susseguono massi frantumati e pilastri vulcanici, resti geologici di passate eruzioni. I geyser emettono i loro getti e le pozze di fango ribollono. Da fessure del terreno escono potenti colonne di vapore per ricordarci che questa zona dell’Islanda si trova sopra la Dorsale medio-atlantica, instabile punto d’incontro delle placche tettoniche dell’Eurasia e del Nord America.

Quando la Hringvegur fa il giro intorno alla costa est, il paesaggio diventa più selvaggio e più deserto. Isolati villaggi stanno accucciati alla base di fiordi glaciali. Capanne di pastori abbandonate fiancheggiano la strada. Le cascate si gettano giù dalle colline, scolpendo gole profonde nella roccia, compreso il maelstrom di Dettifoss, la cascata con la maggior potenza d’acqua d’Europa.
La costa est è sempre stata isolata, penalizzata dalla distanza e dalla geografia. Prima della costruzione della strada, a molti paesi si accedeva solo tramite passi montani, spesso coperti di neve, e i rifornimenti arrivavano via mare o con l’aereo. Gli ingegneri dovettero affrontare sfide notevoli per avere la meglio sulla topografia e progettarono tunnel, terrapieni e ponti.
La natura si fa epica al Vatnajökull, la cui calotta (7770 kmq nel sud-est dell’isola) ha il record del volume di ghiaccio in Europa. Se si guida verso ovest da Höfn, il porticciolo in uno dei fiordi più sud- orientali, il ghiacciaio domina lo skyline, un bianco mare ghiacciato che si incunea tra i picchi come una mandibola tra denti di cane.

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Quando la Hringvegur lascia Vatnajökull e taglia a ovest, entra nei pianeggianti pascoli di Þingvallavatn, oltrepassando due cascate spettacolari: Skógafoss, una delle più alte dell’isola, che ha un salto di 60 m, e Seljalandsfoss, dove gli spruzzi riflettono la luce del sole come un prisma, creando arcobaleni. Poco per volta la campagna lascia il posto alla civiltà: cittadine e paesi appaiono più di frequente e lungo la strada fanno capolino delle serre. Questa è anche terra di allevamenti di cavalli islandesi di razza.
Più a ovest, deviando a nord dalla Strada 1, si trova il parco nazionale di Þingvellir, un luogo di una bellezza naturale incredibile: qui i vichinghi tennero le riunioni del primo parlamento islandese, l’AlÞing, un’assemblea all’aperto che, istituita nel 930, ha ancora un profondo significato storico e simbolico per gli islandesi.
Sembra appropriato che là dove inizia la storia scritta dell’Islanda finisca anche la Hringvegur. Mentre serpeggia tra i campi di lava della riserva naturale di Reykjanesfólkvangur, giunge alla periferia di Reykjavík, illuminata da lampioni che dopo una settimana sotto le stelle sembrano fuori posto. In lontananza, oltre la baia di Faxaflói, il ghiaccio dello Snæfellsnes splende nella luce serale e la Hringvegur inizia di nuovo il suo percorso circolare verso nord: un filo che si snoda all’infinito sotto il cielo d’argento.