Tra le diverse teorie sull’etimologia del toponimo Lucania ce n’è una che prevale sulle altre, se non per solidità linguistica almeno per fascino: quella che vede l’origine della parola nel latino lux, luce. Ebbene, basta un itinerario in alcune delle aree più selvagge del potentino perché tale associazione appaia, all’improvviso, ancor più concreta.
Dal Vulture a Potenza
Terra di castelli e santuari, grandi vini e poeti, il Vulture regala scenari naturali superbi. Uno dei più noti si sviluppa intorno ai laghi di Monticchio, due placidi specchi d’acqua che riempiono parte della caldera del vulcano spento che dà il nome all’area. I fitti boschi, le ninfee nel Lago Grande, il candido monastero di San Michele Arcangelo (che ospita un museo naturalistico) troneggiante sopra il Lago Piccolo offrono tonnellate di scorci sognanti, mentre la presenza della rarissima farfalla Bramea fa venire brividi pruriginosi agli appassionati di entomologia. E, a proposito di luce, lo spettacolo delle chiome degli alberi che scintillano sull’acqua è da urlo, in qualsiasi stagione dell’anno.
Un’altra esperienza da non perdere è la visita alla Valle dei Cavalli, nei dintorni di Atella. Non serve essere dei professionisti per salire in sella, e state certi che quando vi ritroverete lungo i sentieri percorsi un tempo da briganti e soldati, con il vento tra i capelli e un cielo immenso a sovrastarvi, uno sfavillante splendore rischiarerà ogni intima parte di voi stessi, oltre che il paesaggio.
Tappa successiva è Potenza. Ma cosa c’entra una città con un itinerario di questo genere? Il fatto è che con suoi 819 metri d’altezza è il capoluogo di regione più alto d’Italia, il più vicino al cielo. E dal centro storico non mancano affascinanti scorci sulle montagne.
Bellezze lunari
Ineludibili richiami astrali conducono poi a Sasso di Castalda. Il piccolo borgo è sede di una delle attrazioni outdoor più intriganti e gettonate della Lucania: il Ponte alla Luna, così chiamato come dedica a Rocco Petrone, direttore per la NASA del programma Apollo e figlio di immigrati di Sasso, che con la sua unica campata, i trecento metri di sviluppo e i cento metri d’altezza vi imprimerà una grandiosa sferzata di adrenalina. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, a far paura è soprattutto il cosiddetto “ponte di prova”, lungo circa un terzo e da percorrere all’inizio per famigliarizzare con i dondolii e la siderale sensazione di camminare sul vuoto.
Prima di spostarsi meritano un’escursione le monumentali faggete lungo il Sentiero Frassati, per i giochi di luce dei raggi del sole che filtrano tra le foglie, come tra i vetri di una gigantesca cattedrale.
Si arriva così ad Anzi, dove ha sede un importante osservatorio astronomico. Dal telescopio vedrete la luna più grande della vostra vita, stelle e galassie, nebulose e satelliti, e se la giornata sarà nuvolosa potrete comunque consolarvi con la spiegazione didattica nel vicino planetario. Un consiglio: qualora fosse possibile potete raggiungete Anzi prima che cali il sole, perché il panorama a 360° che si gode dall’osservatorio, con la Chiesa di Santa Maria che assume toni progressivamente più lirici, vale una visita in sé.
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Luce spirituale e arte
L’ultima parte dell’itinerario prevede qualche diversificazione interpretativa sul tema della luce: una leggenda narra che dopo la distruzione dell’antica Grumentum, la statua della Madonna Nera oggi custodita a Viggiano sia stata ritrovata da alcuni pastori attratti da misteriosi bagliori. Fu questa l’origine di uno dei fenomeni devozionali più fervidi di tutta l’Italia meridionale, che si concretizza nei mesi estivi con il pellegrinaggio fino al Sacro Monte, proprio sopra il borgo della Val d’Agri. Calcolate tre ore e mezza di salita, sudore, acido lattico e panorami sublimi. Se invece capitate da queste parti tra la prima domenica di settembre e la prima di maggio, potrete ammirare la Madonna molto più comodamente, nella Chiesa Madre del paese.
Infine, eccovi a Moliterno: posto che il formaggio locale, il canestrato, è di bontà semplicemente celestiale, il motivo per cui consigliamo di raggiungere questo borgo di quattromila abitanti è la visita delle sei collezioni del MAM-Musei Aiello Moliterno. In particolare, il Museo del Paesaggio vi farà scoprire come la trattazione pittorica della luce si sia declinata in maniera diversa nella sensibilità di artisti locali dall’inizio dell’Ottocento alla seconda metà del Novecento. E così avrà fine un percorso appassionante, che, non abbiamo dubbi, sarà in grado di risplendere tra i vostri ricordi, per lungo tempo.