In questa zona del Friuli Venezia Giulia, che si estende dall’Isonzo verso est fino al confine nazionale, si attraversano paesi di chiara influenza slovena e asburgica, si fa esperienza delle tradizioni e del ritmo di vita delle aziende agricole di un’Italia di confine ma tutt’altro che periferica, che esprime nella produttività la sua eccellenza. C’è Gorizia, nominata Capitale Europa della Cultura 2025 assieme a Nova Gorica, e c’è il Collio, un territorio dove il tempo sembra scorrere più lentamente che altrove.
Benvenuti a Gorizia
Ogni viaggio a Gorizia che si rispetti comincia dal Castello: è l’archetipo del classico castello che probabilmente tutti noi abbiamo provato a disegnare almeno una volta nella vita. La sua posizione sul colle, con le mura di cinta che racchiudono il corpo centrale, ne accentua la suggestione medievale. È annunciato dalla Porta Leopoldina, del 1660, ma fu eretto attorno al XII secolo per ospitare il conte di Gorizia, unendo diverse strutture architettoniche già esistenti, e negli anni cambiò forma di continuo, con l’aggiunta di maschi e torrioni. Ciò che vedete è il frutto di una ricostruzione minuziosa avvenuta nel 1938, dopo che il castello fu quasi raso al suolo durante la prima guerra mondiale. Sopra l’ingresso principale un cinquecentesco leone di Venezia ricorda il breve periodo in cui la città appartenne alla Serenissima. All’interno potrete visitare il Museo del Medioevo Goriziano e girare per le varie sale, che ospitano arredi e armamenti d’epoca. Vi farete un’idea delle condizioni in cui vivevano principi e principesse, non tanto felici in tempi di guerra, chiusi in stanze buie e con poca acqua. Tra tutte le camere non perdetevi la Sala del Conte, il Salone degli Stati Provinciali, con il suo magnifico coro ligneo, e la camera della tortura. La Corte dei Lanzi è il fiore all’occhiello del castello, la sua anima medievale, racchiusa da edifici risalenti ai secoli XV e XVII. Prima di lasciare il forte non dimenticatevi di percorrere il cammino di ronda sulle mura di cinta: se il cielo è sereno scatterete ottime fotografie. All’interno di Borgo Castello, il borgo che si è sviluppato attorno alla corte, potrete anche vedere la Cappella di Santo Spirito, un piccolo edificio romanico con un campanile a vela, innalzato nel 1414 e ristrutturato dopo la Grande Guerra. La chiesetta non è visitabile, ma dalla vetrata all’esterno riuscirete a osservare gli affreschi del XVI secolo che la tradizione attribuisce al figlio del Tintoretto.
Nel borgo sono raccolti in tre strutture adiacenti i Musei Provinciali di Gorizia. Comprendono il Museo della Grande Guerra, che raccoglie documenti e testimonianze del conflitto bellico nella zona, il Museo della Moda e delle Arti Applicate, con una collezione di abiti e tessuti degli ultimi tre secoli che documentano lo sviluppo di attività artigianali come la produzione di merletti, e la Collezione Archeologica, che ripercorre la storia della città.
Una piazza triangolare
La tappa successiva è lo slargo pedonale cinto da palazzi che si apre come un sipario: Piazza della Vittoria, con la sua curiosa forma triangolare. È un luogo molto piacevole dove fermarsi all’ombra del castello – ci troverete bar e ristoranti. Un tempo la zona dove ora sorge la piazza era un grande prato e fino a qualche anno fa era ancora attraversata da strade. Al suo centro troverete la bella Fontana del Nettuno, costruita nel 1756 su progetto di Nicolò Pacassi. Dopo il castello, la Chiesa di Sant’Ignazio è senza dubbio il monumento più significativo di Gorizia: vedrete spesso comparire all’orizzonte le sue cupole a cipolla. È un edificio dalle forme barocche che si affaccia magnificamente su Piazza della Vittoria. Al suo interno custodisce un pregevole altare del 1716 e un pulpito affrescato da Cristoph Tausch, autore anche del progetto architettonico. La chiesa fu costruita nella metà del XVII secolo per volontà dei gesuiti, arrivati a Gorizia su richiamo del Vaticano per contrastare il crescente protestantesimo.
Dalla piazza potrete entrare in Via Rastello: una via di tradizioni molto antiche, che deve il suo nome al cancello a forma di rastrello che nel medioevo separava la zona del castello dal resto della città. Un tempo ospitava una serie di botteghe di artigiani e mercanti, che oggi rivivono grazie all’operato dell’Associazione volontaria Via Rastello, composta di sole donne, nata nel 2021 con l’obiettivo di rivalorizzare la storia di una delle arterie principali di Gorizia (un tempo ci passava anche il tram). E sta letteralmente rianimando l’atmosfera del quartiere con mostre collettive ed eventi a fiancheggiare le piccole attività commerciali. Se passate accanto all’antica Ferramenta Krainer noterete, ad esempio, la vetrina surrealista imbastita dall’artista Francesco Imbimbo e dedicata a Carlo Michelstaedter, scrittore goriziano morto suicida nel 1910.
Una piazza che ha fatto la storia
Ma è in Piazza della Transalpina che Gorizia comincerà a parlarvi col cuore. È infatti uno dei luoghi più simbolici della città e non la si può lasciare senza averci fatto un salto. Per anni è stata il luogo della separazione tra italiani e iugoslavi, tra Gorizia e Nova Gorica: fu spezzata letteralmente in due dalla linea di confine fino al 2004 e ora ciò che resta di quel periodo è il ceppo lapidario in marmo che segnava la frontiera. Di fronte alla piazza c’è la Vecchia Stazione Ferroviaria della Transalpina, che un tempo collegava Trieste con Jesenice, in Slovenia. Oggi è in territorio sloveno, ma naturalmente nessuno chiede più alcun lasciapassare (restrizioni da Covid permettendo). È stato l’ultimo vero confine crollato in Europa: il 1° maggio 2004, sotto una pioggia battente, una folla immensa invase la piazza per celebrare l’ingresso della Slovenia nell’Unione Europea, in un’atmosfera di festa che a molti ricordò la Berlino del 1989. Quel giorno infatti fu divelto l’ultimo confine italo-iugoslavo: un piccolo muro di calcestruzzo con una recinzione, che dal 1947 separava due città, due paesi, due mondi. L’abbattimento delle barriere, oltre a essere un evento di grande portata simbolica, ha segnato la fine di un periodo che per molti ha significato separarsi dalla propria famiglia e per alcuni è stato un vero inferno burocratico – nonostante le agevolazioni per il passaggio di frontiera stabilite dagli accordi di Osimo del 1975. Oltre a quello di Piazza della Transalpina, a Gorizia sono ancora presenti altri blocchi doganali in disuso. Uno è la Casa Rossa, che nel 1950 fu teatro della celebre domenica delle scope, quando migliaia di persone forzarono il valico dalla Iugoslavia e invasero pacificamente Gorizia. I negozi aprirono e la gente iniziò a comprare e scambiarsi cibo e oggetti, tra cui le scope di saggina, che – introvabili a Nova Gorica – andarono a ruba e divennero il simbolo dell’incontro tra le due comunità. Nel vecchio valico di frontiera del Rafut, sul lato sloveno, è stato imbastito invece il Museo del Contrabbando, una piccola esposizione ci si fa un’idea di cosa si escogitava pur di superare quella linea tanto immaginaria quanto tangibile, e soprattutto di cosa si trasportava segretamente.
La storia di Gorizia ci racconta anche di una comunità ebraica ingiustamente rinchiusa in un ghetto, in via Ascoli. Fu istituito a Gorizia nel 1698, quando in città era presente una nutrita comunità ashkenazita. Dopo la Shoah gran parte dei goriziani di religione ebraica fu deportata nei campi di concentramento, e il ghetto di via Ascoli è progressivamente scomparso. La vecchia Sinagoga, che risale al 1756, è stata restaurata e oggi ospita il museo Gerusalemme dell’Isonzo, che illustra la storia della comunità ebraica di Gorizia.
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48 ore, ma anche una settimana
Per viaggiare in Friuli Venezia Giulia conviene procurarsi una FVG Card: una carta digitale nominativa grazie alla quale potrete entrare gratuitamente nei musei della città, e partecipare senza pagar nulla alle visite guidate organizzate da PromoTurismoFVG: sono gestite da un personale preparatissimo, che vi svelerà i tanti segreti di questo territorio, l’anima sfaccettata di Gorizia. Sono in totale sette: oltre alla classica visita guidata tra palazzi asburgici e vie del centro storico, è possibile ammirare le sue bellezze al tramonto, godendosi la vista dal castello, ma anche osservare da vicino le sue fontane, gli alberi e i giardini.
Tre invece gli itinerari transfrontalieri per cogliere l’essenza di una città che in una notte si trovò divisa da un confine deciso altrove: l’itinerario borbonico Dalla corte di Francia a Gorizia: l’esilio dorato dei Borboni porterà fino al monastero di Castagnevizza, oltre confine, dov’è sepolto Carlo X ultimo re di Francia della dinastia dei Borboni. Gorizia, piccola Gerusalemme sull’Isonzo testimonia la storia ebraica della città e sconfina in Slovenia con una visita al cimitero ebraico di Val di Rose, concludendosi in sinagoga con un focus sul cibo kosher. C’è anche un percorso storico vi farà scoprire le storie di confine: la visita porta fino al Museo del Contrabbando, in piazza Transalpina, con un piede in Italia e uno in Slovenia, e al Museo del Confine (troverete tutte le informazioni su turismofvg.it ).
èStoria
In una città come Gorizia non poteva mancare un festival dedicato alla storia (locale e non solo). Si tiene ogni anno dal 2005 da un’idea di Adriano Ossola e si prefigge di avvicinare il grande pubblico ai temi della divulgazione storica. L’approccio è infatti multi-disciplinare: durante gli eventi la storia si combina con sociologia ed economia, cinema e letteratura, musica e storia dell’arte. Il tema della XVII edizione in corso quest’anno – dal 27 settembre al 3 ottobre – è dedicato alla follia, e la location degli eventi è il bellissimo Parco Basaglia, lo storico ex manicomio di Gorizia. Per informazioni sul programma controllate su www.estoria.it.
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Oslavia, tra memoria e vigneti
Superato il centro di Gorizia, oltre l’Isonzo, c’è Oslavia, una frazione di 600 abitanti conosciuta oltre che per la Ribolla gialla, che qui è squisita, per il Sacrario Militare di Oslavia. È una struttura eretta negli anni Trenta in cima al Monte Calvario, a 153 metri, per ospitare i caduti durante le battaglie della Grande Guerra combattute in zona. Il progetto fu di Ghino Venturi, che compose una sorta di fortino triangolare, con una torretta per vertice e una grande torre cilindrica al centro. La struttura, al suo interno, ospita le spoglie di quasi 60 mila soldati, disposti in rigoroso ordine alfabetico – oltre a circa 36 mila militi ignoti. È un posto molto toccante e vi consigliamo di visitarlo. Tra l’altro, a partire dall’estate 2021, verrà tabellato il Walk of Peace, un percorso da fare a piedi che unisce tutti i luoghi più significativi della Grande Guerra lungo quello che fu il fronte dell’Isonzo, dalla Slovenia fino a Trieste. In caso tenete a mente che proprio accanto all’ossario c’è un ottimo agriturismo, Klanjscek (www.klanjscek.it). Il ristorante è squisito – per non parlare dei vini – e l’accoglienza dei simpatici gestori è sempre caldissima. In tempi di pandemia, tra l’altro, hanno deciso di investire a proprie spese sull’arte per promuovere sia l’azienda vinicola di famiglia sia il territorio goriziano. Dunque tra il giardino e la cantina troverete opere di land e street art davvero interessanti, e che negli anni aumenteranno dunque avrete sempre una buona ragione per tornarci. Un modo per godersi Oslavia è fare il giro delle Panchine arancioni, un’idea dei produttori di Ribolla della zona: sette panchine disposte in sette punti strategici e in prossimità delle cantine che producono il cosiddetto orange wine. Seguendole lungo i sentieri vi offriranno scorci magnifici sul goriziano e vi faranno scoprire ottime cantine. Ad esempio quelle di Radikon, dove potrete invece assaggiare un pregevole vino naturale, che grazie al suo sapore umami è particolarmente amato dai giapponesi. Ma anche noi non abbiamo di certo disdegnato.
A zonzo nel Collio
Il Collio, la regione che si sviluppa attorno a Gorizia, tra l’Isonzo e il confine sloveno, è un territorio da esplorare lentamente, magari in bicicletta (o e-bike). Di recente il Friuli Venezia Giulia è stato dotato di punti per le ricariche elettriche e totem con le mappe degli itinerari, e sono state organizzate una serie di attività che collegano cantine e ristoranti ai luoghi di interesse della zona. Ecco Amare in bici, una serie di itinerari ciclabili iperconnessi tra loro. Da Cormòns, ad esempio, si può arrivare a Grado (73 km), passando per Palmanova e Aquileia. Poi c’è la Vespa. Noleggiatene una gialla fiammante: potrete vagare liberamente nella zona del Collio. Guidare è il modo più divertente per godersi il panorama dalle colline, per girare di cantina in cantina, per perdersi tra i sentieri. Non c’è niente di meglio, infatti, di un pomeriggio a zonzo sui colli per godere appieno della magia.
Preparate uno zaino capiente, per le varie bottiglie che potreste comprare lungo la strada (e già che ci siete prenotate le visite, così da evitare sorprese), e partite da Cormòns con un calice all’Enoteca di Cormòns, magari accostato a un tagliere di prosciutto crudo per caricare le batterie.
Uscite dunque dal paese per una piccola sosta alla latteria Zoff, per visitare la stalla con le vacche più coccolate della zona – e magari comprare qualcuno dei prodotti della casa, frutto di un amore sconfinato per il territorio. Tornati verso Cormòns deviate in direzione est seguendo le indicazioni per La Subida. Qui potrete dare un’occhiata ai prodotti dell’azienda agricola, fare quattro passi nel bosco e fermarvi in trattoria se sentite già il languorino – o se amate la selvaggina.
Dalla Subida parte il Sentiero delle Vigne Alte, che si può fare anche in bici, dunque seguite i segnali a forma di cervo e puntate verso Capriva del Friuli, arriverete al Castello di Spessa. Lasciate la bici sul prato e sgranchite le gambe, come avrete notato il panorama è un susseguirsi di vigneti e colli di una dolcezza estrema: godetevelo per bene. E dire che il castello è il luogo in cui Giacomo Casanova trascorse più di un mese di vacanza, ma che descrisse come uno dei momenti più noiosi della sua vita. Consolatevi per la delusione nell’osteria della corte, e non perdetevi lo strepitoso vino della casa. Da Spessa, poi, tornate sulla Regionale 409 e affrontate i saliscendi che vi condurranno verso il confine sloveno. A San Floriano del Collio potrete visitare una delle tante aziende che aderiscono alla Strada del Vino e dei Sapori del Friuli Venezia Giulia. Se, poi, riuscite ancora a pedalare fate un ultimo sforzo per raggiungere il centro di San Floriano del Collio, dove potrete riprendere fiato da DVOR, e degustare i prodotti locali come se non ci fosse un domani.
Per gli amanti del turismo a piedi, vale la pena ricordare che sul Collio si sviluppano anche due tappe dell’Alpe Adria Trail, il percorso a piedi simbolo della cooperazione tra Carinzia, Slovenia e Friuli Venezia Giulia (la cosiddetta Regione Alpe Adria). La prima (da Šmartno a Cormòns) unisce la parte slovena (Brda) con quella friulana, mentre la seconda (da Cormòns a Gradisca d’Isonzo) è l’occasione giusta per camminare in mezzo a ettari ed ettari di vigneti.