Dal Salone del Gusto: in viaggio c'è più valore
Siamo stati al Salone Internazionale del Gusto 2010 e a Terra Madre, a Torino, per verificare la bontà (in tutti i sensi) di un'idea che ci ispira da sempre: per chi viaggia c'è più valore nelle cose, a cominciare dal cibo.

Dal Salone del Gusto: in viaggio c'è più valore
Difficile pensare a un'occasione migliore per il nostro test del grande evento dedicato ai sapori del mondo - il Salone del Gusto - e al concomitante incontro degli oltre 5.000 rappresentanti di comunità del cibo che formano Terra Madre, la rete mondiale nata nel 2004 e costituita da tutti coloro che si impegnano a sostenere una produzione alimentare rispettosa di ambiente e realtà locali.
Non possiamo mancare anche per una certa aria di casa data dal fatto che molte delle nostre guide italiane sono arricchite da contributi raccolti in collaborazione proprio con il progetto Terra Madre.
Il nesso tra viaggi e cibo è evidente. Lungo le strade del gusto si muovono sempre più persone e lo fanno con un livello di consapevolezza in crescita. La ricerca di sapori, cibi e culture alimentari è diventata una delle leve che spingono a girare il mondo, accanto a quelle dell'arte, dell'incontro con altri popoli, del benessere o del semplice svago. Per chi interpreta il viaggio in questo modo, la kermesse torinese è un sogno che si realizza. Negli spazi del Salone del Gusto e di Terra Madre, infatti, si incontrano con meravigliosa facilità tutte le strade del pianeta.
Si può partire da molto vicino, dall'Italia, e dedicare un tempo deliziosamente imprecisato a esplorare e assaggiare in giro per gli stand nostrani. Se gli spazi espositivi sono una miniatura fedele dell'universo mondo, però, nulla vieta di ampliare il raggio d'azione. Dopo un altro energetico assaggio del miele di timo fornito dall'ape nera sicula, bastano pochi passi per volare decisi oltre Atlantico e atterrare in una delle aree più interessanti del Salone: quello dell'America Latina.
Qui la tentazione di prendere in mano una Lonely Planet è irresistibile: con l'anteprima della nuova edizione della guida Argentina (novembre 2010) sotto il naso, ci divertiamo a fiutare i profumi e a esplorare i colori degli stand. Il primo incontro è con i delegati del Presidio Slow Food delle patate andine della Quebrada de Humahuaca, coltivate tra i 1800 e i 3800 metri sul livello del mare.
Qualche metro è sufficiente a muoversi per le Ande e a imbattersi in un misterioso prodotto la cui origine si perde nel passato preispanico. Parliamo della radice dello yacón, che regala una polpa dolce e succosa color giallo paglierino, dalla consistenza simile a quelle della pera.
Visto che uno dei temi di quest'anno è la memoria del cibo, ovvero l'importanza del passaggio tra una generazione e l'altra della sapienza alimentare, ricordiamo che per Slow Food l'Argentina non significa solo remoti spazi andini. Nel quartiere Manuel Alberti di Buenos Aires, per esempio, sono in atto un progetto di educazione del gusto e la realizzazione di un orto comunitario per i bambini in condizione di indigenza.
Il legame profondo tra cibo e cultura e la necessità di tramandare questa ricchezza si confermano così una delle chiavi di lettura più forti dell'evento, come ha indicato Carlo Petrini nel suo discorso di apertura.
A metà mattinata il tema era stato ripreso dal Laboratorio della terra "Piacere e benessere", in un seminario della Scuola di Alti Studi su Sostenibilità e Politiche Alimentari che ha indicato prospettive dense di riferimenti filosofici verso la conquista (o il ritorno, vale anche così) di un rapporto armonico tra cibo e piacere.
In modo ancora più forte e concreto, però, il fatto che il cibo porti con sé valori indiscutibili lo ha ricordato lo stand dell'Afghanistan (sono bastati pochi passi per spostarsi in Asia), con le sue coltivazioni di zafferano diventate un potentissimo strumento per sottrarre terreno alle colture di oppio.
Una giornata all'insegna della memoria e della sostenibilità non poteva che concludersi con un salto all'area espositiva dedicata all'Africa, il continente Madre. Per tornare allo zafferano, il primo colore che ci viene incontro è il rosso, quello dei pistilli di questo fiore che si raccoglie nella comunità di Taliouine, nella provincia marocchina di Taroudant.
Ancora il Marocco è protagonista con l'olio di Argan che si produce secondo un'antica sapienza nelle regioni della costa meridionale, tra Safi e Goulimime. Non mancano altri deliziosi spunti (e meravigliose ispirazioni per un viaggio africano), come quelli che arrivano dalla bottarga di muggine ricavata dai pescatori nomadi imraguen in Mauritania, o dall'oroupounnà (polvere di foglie di baobab) preparata dal popolo dogon in Mali.
E la vecchia Europa? Anche in giro per i suoi stand le emozioni gustative non mancano. Si può incontrare la bontà della salsiccia mirandesa prima di andare in Portogallo o i poteri organolettici dell'aglio sarac di Ljubitovica, raccolto con millenaria sapienza dalle donne croate e ancora oggi in grado di tenere lontane le streghe del digiuno. Impossibile, qualche metro più in là, non farsi tentare da un assaggio dei favolosi formaggi di Gascogne e Guyenne, che ci regalano anche uno dei sorrisi più contagiosi della giornata.
Per orientarsi in tutta questa abbondanza non resta che affidarsi all'inclinazione personale. Così, è solo per il gusto di chi scrive se al termine dell'esplorazione avremo messo in borsa qualche vasetto di confetture dei villaggi Sassoni (dalla Transilvania con sapore), una bottiglia di olio ragusano, una fetta di caprino dello Jämtland stagionato in grotta (la sapienza svedese, per fortuna, non è confinata ai mobili da montare) e una dolcissima e indimenticabile composta di prugne bosniache.
Mettersi subito in viaggio, a questo punto, è il modo migliore per arricchire le esperienze gustative. Per il prossimo appuntamento con il Salone del Gusto e Terra Madre, invece, bisognerà aspettare il 2012.