Foraging tra le tombe: a Londra i cimiteri diventano parchi
Li chiamano “I magnifici sette” di Londra. E se può sembrare una definizione un po’ strana per dei luoghi di sepoltura – in effetti, pare che lo storico dell’architettura Hugh Meller si sia ispirato all’omonimo film western nel battezzarli così – forse è il caso di specificare che si tratta di cimiteri monumentali, da tempo ormai non più utilizzati per nuove inumazioni e ospitati in grandi e bellissimi parchi, in aree più o meno periferiche della città, oltre le antiche mura romane che ne definirono a lungo i confini.
I cimiteri di Abney Park, Brompton, Highgate, Kensal Green, Nunhead, Tower Hamlets e West Norwood furono creati in seguito a una legge del 1832 che incoraggiava la costruzione di nuovi cimiteri privati fuori dal centro di Londra, sempre più sovraffollata di abitanti che ne riempivano non solo strade ed edifici ma anche il sottosuolo delle parrocchie di quartiere, creando seri rischi per la salute dei cittadini. Ispirati dalla visita al famoso cimitero di Père Lachaise a Parigi, alcuni architetti e politici britannici proposero di creare ampi cimiteri suburbani nelle zone più povere, pagando il terreno agli abitanti ben felici di cederlo. Il primo ad aprire fu quello di Kensal Green, nel 1832. Gli ultimi – prima del Burial Act del 1852 che regolò in maniera ancor più rigorosa le sepolture – furono quelli di Brompton e Tower Hamlets, i più centrali. Quello di Tower Hamlets – a pochi passi dalla stazione di Mile End, a sua volta a 10 minuti di metropolitana da Liverpool Street – è l’unico che è anche una riserva naturale dentro Londra.
Tower Hamlets, un angolo di campagna in città
Tower Hamlets è un tranquillo sobborgo popolare dell’East End dalla storia molto antica e non sempre facile. Lo dimostra la gran quantità di tombe comuni presenti nel cimitero, che si alternano ai sepolcri più sontuosi decorati da sculture ed elementi architettonici. O per lo meno, da quel che resta di essi dopo i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale – che distrussero anche le due cappelle esistenti – e l’abbandono seguito alla bancarotta della società privata che lo gestiva e la sua chiusura nel 1966. La rinascita comincia nel 1986, quando il Municipio di Tower Hamlets prende la gestione del parco che, curato dai The Friends of Tower Hamlets Cemetery Park (FoTHCp), nel 2000 viene dichiarato riserva naturale.
Nati negli anni ’90 come gruppo informale di volontari, i Friends si sono costituiti come associazione nel 1999 e dal 2004 gestiscono ufficialmente il parco, preservandone la biodiversità di flora e fauna e promuovendo iniziative di tutela, promozione e cultura sulla conservazione ambientale. “Questo non è né un cimitero, né un parco con aiuole e laghetti come siamo abituati a immaginarcelo” – racconta Kenneth Greenway, il direttore del Parco, mentre passeggiamo tra lapidi diroccate spesso coperte da piante, zone boscose e arbusti fioriti – “È un piccolo angolo di campagna in città, dove puoi scappare per qualche minuto dallo stress quotidiano, osservare i mutamenti delle stagioni, ritrovare un legame con la natura e anche una fonte di benessere”.
Cultura e natura tra le tombe
I suoi 10 ettari ospitano circa 350.000 sepolcri ma anche tantissime specie di farfalle, ragni, uccelli – tra cui sparvieri, fiorrancini e picchi rossi maggiori – e le preziose api. E, naturalmente, alberi secolari e diverse specie vegetali, alcune spontanee e altre piantate per aumentare la diversità di fiori e piante di cui possano nutrirsi insetti e animali. “Usiamo le tombe come “vivaio”, perché con il loro terreno poco profondo e ricco di nutrienti sono perfette”. Non aspettatevi però aiuole curate e siepi ben potate: qui la natura è lasciata libera di fare il suo corso.
Ma il THCP non è solo un santuario naturale: è un luogo di ritrovo, un centro di cultura e socialità. Ogni anno l’associazione organizza oltre 150 incontri su vari temi, accogliendo studenti di ogni età negli spazi del Soanes Centre (Southern Grove, E3 4PX), e il parco ospita opere e performance di giovani artisti, festival del cinema e spettacoli di circo contemporaneo. E proprio qui, nel cimitero, sono ambientate alcune scene del libro di JK Rowling, La Via del Male.
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Andar per erbe al cimitero
Kenneth è un grande appassionato di natura – ma anche di cucina, è stato tra i concorrenti del popolare show televisivo Come Dine with Me, in cui cuochi casalinghi si sfidano a vicenda nel preparare il pasto migliore – Ken si occupa di tenere pulito e curato il parco con l’aiuto, da poco, di due collaboratori e con i gruppi di volontari. Ma anche di organizzare gran parte delle attività che servono a finanziare il lavoro di conservazione del parco, con un ricco calendario con proposte per adulti e bambini consultabile sul sito.
Sono diversi, ad esempio, i tour guidati da lui: da quelli alla scoperta di piante e fiori ai corsi di giardinaggio, fino alle vere e proprie uscite di foraging (la raccolta di erbe spontanee commestibili) che volendo possono anche terminare con la preparazione e l’assaggio di piatti e drink, dalle frittate alle erbe a tisane e bevande aromatizzate. “Adesso il foraging va di moda ma è qualcosa che i nostri antenati hanno sempre fatto. Per me è soprattutto un modo di portare la gente a guardare in modo diverso alla natura e ai posti che si attraversano quotidianamente, a tenere in considerazione l’origine del cibo che mangiamo, a far attenzione ai cambiamenti delle stagioni e a sapori, consistenze, modi di conservazione. Altrimenti, il palato si abitua a gusti piatti e sempre uguali”. Così, mentre passeggiamo tra tombe e sentieri, Ken mi mostra alcune delle piante più interessanti dal punto di vista culinario: per esempio ci sono il crow garlic (aglio pippolino) con i bei fiori e il sapore a metà tra aglio e cipolla, e i buonissimi three corners leeks (aglio triquetro), simili a piccoli porri con le lunghe foglie dalla sezione triangolare, che molti chef della città stanno usando per i loro piatti. L’hedge bedstraw (caglio bianco) è perfetto da mangiare fresco o per fare una bevanda tonificante agli agrumi, mentre la pimpinella col suo sapore di cetriolo può dare una nota insolita al Pimm’s, il classico drink inglese. E ancora: l’achillea, le cui foglie funzionano anche da “cerotto” naturale; le primule e le margherite, di cui mangiare fiori e foglie (quelli delle seconde sanno, rispettivamente, di liquirizia e sedano); le fragole selvatiche che qui crescono grazie al surriscaldamento della città, e il lady's smock (billeri dei prati, anche chiamato cuckooflower perché i suoi fiorellini sbocciano in primavera quando arrivano i primi cuculi) che sa incredibilmente di wasabi. E poi ancora rovi di more, noccioli, ortiche, carote selvatiche.
Una vera e propria dispensa a cielo aperto, insomma, che va però “amministrata” con attenzione. “Non permettiamo il foraging a scopo commerciale, al di là di alcune iniziative che abbiamo fatto con cuochi locali o con un’azienda della zona che ha realizzato una soda con le nostre erbe per un evento. A parte il fatto che ci sono tante piante velenose non facilmente riconoscibili per l’occhio poco esperto, per cui è sempre necessaria la nostra guida, il nostro ruolo è anche quello di essere custodi del paesaggio naturale”, spiega Kenneth. “Dobbiamo sempre ricordarci che le piante non sono qui per l’uomo ma per la natura in sé”.
Girare il mondo per conoscerne i sapori: questa la “missione” di Luciana Squadrilli, giornalista gastronomica che collabora con guide e testate italiane e internazionali. Sa resistere a tutto tranne che alla pizza, al buon vino e all’acquisto compulsivo di biglietti (aerei o per concerti, poco importa).