La Calabria è molto di più: viaggio in una terra straordinaria

La Calabria è molto di più del suo mare spettacolare. E lo stesso mare nasconde molto di più di ciò che è maggiormente noto. Ma ciò non toglie che il Tirreno e lo Ionio, in Calabria, si presentino nelle loro vesti migliori e abbiano la capacità di far innamorare per sempre.

Riace, il volto del bronzo detto Il giovane. Credits S..pellicciotti / Shutterstock
Riace, il volto del bronzo detto Il giovane. Credits S..pellicciotti / Shutterstock
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Catturati dal mare

Fra i più antichi viaggiatori di cui si conosca il volto con precisione ci sono due uomini senza nome, che approdarono in Calabria quasi per caso, diretti altrove, gettati a mare dalla nave sulla quale viaggiavano per evitare un naufragio. Sono i Bronzi di Riace, due ‘greci’ che viaggiavano su una nave romana diretta chissà dove. Ma non in Calabria. Dal loro primo bagno nel mare Ionio i due non misero piede in terra calabra fino al 1972, quando vennero ritrovati. Restarono sotto la superficie in compagnia dei pesci, fra un fortunale e una bonaccia, nel baluginare dei raggi solari tra le onde.

In realtà molti, come i Bronzi, arrivano in Calabria per caso, oppure solo di passaggio, e spesso, se si fermano, si fermano al mare. D’altronde se c’è qualcosa di noto di questa regione magnifica e ancora in massima parte da scoprire è (oltre ai Bronzi di Riace ovviamente) il mare, in particolare alcune - poche - località. Diciamolo subito, però: la Calabria è molto di più del suo mare spettacolare. E lo stesso mare è molto di più di ciò che di esso si conosce. Ma ciò non toglie che sia qualcosa di irripetibile e se i Bronzi ci sono stati bene per quasi 2000 anni - uscendone in perfetta forma - un motivo ci sarà.

L'Arcomagno incontra il Tirreno. Credits tanialerro.art / Shutterstock
L’Arcomagno incontra il Tirreno. Credits tanialerro.art / Shutterstock

Più delizia che croce

È talmente bello il mare di Calabria, che è quasi la sfortuna delle regione. Mi spiego meglio: perché spingersi in un entroterra ricco e affascinante, con una natura selvaggia e rigogliosa, borghi e città d’arte e un’enciclopedia di tradizioni, quando ci si trova già al cospetto della perfezione di Tropea e Capo Vaticano, della Costa degli Aranci o di Squillace? Perché già dai luoghi più turistici e noti, è chiaro che la Calabria ha un carattere proprio e diverso, che esiste qualcosa di percepibile solo a un occhio in grado di ‘vedere’ l’insolito e apprezzarlo, spogliandosi dei preconcetti e facendosi trascinare come da una corrente marina in un’ubriacatura di luce, vento e riflessi.

Lo sono quelli che posso ammirare quando mi tuffo nelle spiagge di Capo Vaticano, un promontorio di granito che si proietta nel mare a sud di Tropea, probabilmente il luogo più noto della Calabria e quello dove si incontra il turismo. Ma quando arrivo a Tropea, già ho negli occhi, per esempio, l’Arcomagno, un grande arco roccioso che si getta nel mare proprio al limitare nord della costa tirrenica. È il biglietto da visita con il quale si presenta il Tirreno calabrese, un debutto col botto, che incredibilmente mantiene altissimo il livello man mano che scendo a Scalea, che inaugura il leit motiv del litorale calabro: a un mare splendido, corrisponde alto sulle colline o sulla scogliera un borgo affascinante e ricco di storia. Poco dopo Scalea con il castello e gli affreschi bizantini, inizia la Costa dei Cedri, dove questo schema mostra già tutte le sue varianti: a Diamante, un borgo dipinto direttamente sul mare; a Belvedere Marittimo, un paese prezioso e quieto dal quale il mare si vede lontano, ma ne sento chiaramente l’odore sorseggiando una granita di fico d’India; a Cetraro, una cittadina che è come un balcone altissimo sulla vastità del Tirreno, con una piazza che sembra piuttosto una terrazza.

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Fiumefreddo Bruzio, in provincia di Cosenza. Credits Landscape Nature Photo / Shutterstock
Fiumefreddo Bruzio, in provincia di Cosenza. Credits Landscape Nature Photo / Shutterstock

Il meglio deve ancora venire

Questo è solo l’inizio: mentre al livello del mare si susseguono spiagge attrezzate e libere, lunghi litorali di piccoli ciottoli inframmezzati da pettini come a Paola, città del grande santuario di San Francesco, o scogli isolati nel mare, come quelli d’Isca di fronte ad Amantea, citati già nelle antiche geografie omeriche, in alto borghi perfetti e monti selvaggi sorvegliano in bagnanti. Ad esempio Fiumefreddo Bruzio, un capolavoro di recupero e restauro, che ha una piazza che è come la tolda di una nave di mattoni; o il Monte Cocuzzolo, la più alta cima della Catena costiera, che però si risale con facilità e mi regala una vista incredibile su Stromboli, che galleggia all’orizzonte.

L’antipasto alla Costa degli Dei è servito e non si può dire che, al pari dei pasti calabresi, non abbia già saziato. Ma quando si tratta di bellezza non c’è dieta che tenga. Pizzo e Tropea è chiaro che sono più frequentati di altre mete, ma ognuno a modo proprio riesce a mantenere un carattere autentico e unico, che va cercato e trovato. Una volta individuato, nella notte quieta e rischiarata dal riflesso del mare, quando anche i più accaniti cercatori di gelati si ritirano, fa innamorare. L’infinità di spiagge e calette fantastiche di Capo Vaticano potrebbe quasi convincermi a non proseguire il viaggio, ma è il momento della Costa Viola, dove percorrendo il Sentiero del Tracciolino scopro che, in quanto a panorami straordinari, la Calabria tirrenica non aveva ancora detto tutto. E poi Bagnara Calabra, a riempirsi la pancia di pescespada e torroni, e Scilla, che sfoggia un castello su una rupe, l’antico borgo di pescatori di Chianalea e, per non farsi mancare nulla, ancora spiagge dove farsi accarezzare dal sole.

Il Golfo di Sibari tra le nuvole. Credits R.A.M.photo / Shutterstock
Il Golfo di Sibari tra le nuvole. Credits R.A.M.photo / Shutterstock
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Mare greco, arabo, aragonese

I Bronzi di Riace tutta questa meraviglia non fecero in tempo a vederla: naufragarono dall’altra parte, sullo Ionio. C’è infatti un altro mondo, parallelo, nell’universo-mare di Calabria, connesso al suo omologo dall’altro versante solo visivamente e da un luogo ben preciso: Tiriolo. Da questo borgo in cima alle alture dell’istmo calabrese si vedono entrambi i mari. Diverso dal suo cugino tirrenico, il litorale ionico non ha però nulla da invidiargli.

Anche qui ci sono scogli isolati e monumentali come l’Incudine, che sorge come un fungo dal mare a Capo Spulico, a pochi passi da un castello aragonese con le fondamenta nei flutti. Poi borghi perfetti e ameni che sorvegliano le onde, tipo Rocca Imperiale, che fa gli onori di casa per il viaggiatore che giunge da nord. Rincorrendo il sole di mezzogiorno incontro una cosa bassa e sabbiosa, forse meno bella, ma che regala grandi aperture verso il mare e che rappresenta uno dei luoghi storicamente più rilevanti della regione. Qui sorge Sibari, antica colonia magnogreca nata nei pressi della foce ramificata del Crati, qui si trova un importante museo archeologico. Il Mare Ionio significa di certo spiagge e tuffi, ma anche, appunto, Magna Grecia. I suoi fasti, illustrati al Museo Archeologico Nazionale di Crotone, riecheggiano a Capo Colonna, rincorrendosi sussurrati dal vento fra i resti del Tempio di Hera Lacinia, oppure più a sud nel Museo e nel Parco Archeologico dell’Antica Kaulon e infine a Locri, fischiando tra le rovine di una delle più importanti città di quell’epoca lontana.

Ai tempi in cui la Calabria faceva da sponda al mare ‘greco’, succedettero periodi meno sicuri in cui la costa fu punteggiata di torri di avvistamento e altri borghi alti sul mare, al sicuro dalle incursioni arabe e poi turche. Corigliano, con un castello incredibile che ha attraversato le epoche, Rossano, che custodisce uno dei più preziosi codici orientali al mondo, e poi abbazie nascoste tra gli alberi, come Santa Maria del Patire. Ancora, Cariati: come un borgo toscano spazzato dal vento del sud nell’abbacinante riflesso del mare sterminato. Il sistema di torri d’avvistamento culmina con la Fortezza Aragonese di Le Castella che si incontra dopo Cirò, la capitale del vino calabrese, circondata di colline vitate. 

Il Parco di Scolacium. Credits tommaso lizzul / Shutterstock
Il Parco di Scolacium. Credits tommaso lizzul / Shutterstock

Arrivare all’inizio, ripartire dalla fine

La propaggine marittima del capoluogo di regione, Catanzaro Lido, offre spiagge di sabbia dove faccio riposare membra e occhi, mi abbandono a una vivace vitalità e ai ristoranti di pesce, che recuperano un patrimonio di antiche conoscenze pescatorie. Il Parco Archeologico Nazionale di Scolacium, con le rovine testimoni di una lunghissima frequentazione, è l’ultimo passo ‘culturale’ da compiere prima di riabbracciare alla gioie del mare. Ma affinché lo shock del trapasso tra cultura e relax non sia eccessivo, nelle acque caraibiche della baia di Copanello, pagaio fino alle Vasche di Cassiodoro, approntate dall’importante tribuno dell’Italia tardo antica per allevarvi i pesci. Sulla strada attende Soverato, dove mollare gli ormeggi fra giornate in spiaggia e serate tra i locali e ristoranti del centro, e Badolato, un borgo che è riuscito a rinascere e sconfiggere lo spopolamento, divenendo un modello non solo per la Calabria ma anche per altre località in Italia e nel mondo.

Ed ecco Riace. Sono quasi al termine di questo periplo di di Calabria, durante il quale ho sempre avuto voglia di curiosare nell’interno, ma sono stato trattenuto dalla bellezza del mare, quel mare che ha imprigionato i due più celebri cittadini adottivi del borgo per secoli e secoli. Una volta emersi la Calabria non l’hanno più lasciata e andrò certamente a trovarli, a Reggio, dove abitano ora.

Questo mare che imprigiona noi esseri umani con la sua bellezza e che mi ha fatto ‘naufragare’ sotto costa, sembra solo un punto di approdo, un accesso - e che accesso - alla Calabria. Ma scopro infine che è un mare dal quale si può anche partire, non importa per dove. Dove ci portano i sogni o l’istinto. Quello stesso istinto che guida i protagonisti di un’ultima avventura nel mare calabrese, a Brancaleone Marina, quasi alla fine delle Calabria: assistere alla corsa commovente e coraggiosa della piccole tartarughe Caretta caretta appena nate verso il mare ignoto, nella notte di Calabria.

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