Un safari artico a Churchill in Canada

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Gli orsi polari sono temibili predatori, ma vedere da vicino questi maestosi animali nell’avamposto artico di Churchill in qualche modo ne cambia la percezione. La nostra autrice Bianca Bujan ha fatto un safari artico in questa remota zona del Canada, proprio per comprendere meglio questi magnifici animali, ed ecco come è andata.

Orsi polari nell’avamposto artico di Churchill, in Canada  ©CherylRamalho/Shutterstock
Orsi polari nell’avamposto artico di Churchill, in Canada ©CherylRamalho/Shutterstock
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Mi sta venendo la pelle d’oca, ma non per il freddo. I miei occhi hanno appena incrociato quelli di un orso polare che pesa più di 500 chili mentre muove caracollando verso di me. Mi rassicura sapere che sono al riparo mentre me ne sto in silenzio sulla piattaforma esterna di una tundra buggy con quattro ruote motrici, che sembra un mezzo corazzato: la sua pedana è infatti a 3 metri da terra. Ma sono anche perfettamente conscia che questo è il suo territorio, non il mio.

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Io e un gruppetto di altri avventurosi stiamo compiendo un’escursione alla ricerca degli orsi polari attraverso la vasta tundra fuori Churchill, Manitoba, organizzata da Frontiers North Adventures. Qui gli orsi si avvistano da imbarcazioni, da elicotteri e da veicoli da tundra, ma il tempo e gli animali sono imprevedibili, quindi non se ne è mai certi.

La nostra guida, Markus Petak, ha 14 anni di esperienza, quindi mi sento fortunata. Quando finalmente vediamo un orso non c’è più alcuna traccia umana in vista – ci siamo avventurati a più di due ore di distanza dalla città – e anche se quest’incontro è magico, un po’ intimorisce.

Il grande mammifero bianco si ferma a pochi passi da noi: alza il naso in aria e dilata le narici per cogliere gli odori che lo circondano. Io resto impietrita, trattenendo il respiro in modo da non spaventarlo. Dopo un attimo di immobilità, si volta e trotterella verso un nuovo obiettivo, poco interessato alla nostra presenza. Mentre l’orso si allontana il nostro gruppo lascia andare all’unisono il respiro – e poi viene la botta di adrenalina. Dopo quei minuti in assoluto silenzio, ora ci gettiamo in una conversazione fitta e dai toni esagitati, raccontandoci ogni singolo dettaglio del momento che abbiamo appena condiviso.

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Un orso si avvicina al tundra buggy ©aceshot1/Shutterstock
Un orso si avvicina al tundra buggy ©aceshot1/Shutterstock

È un caldo pomeriggio d’ottobre e il piacevole clima mite rende facile stare all’aperto sulla piattaforma della buggy per un lungo periodo di tempo, anche se l’aria frizzante è indizio delle temperature più basse che stanno per arrivare. È il periodo dell’anno migliore, perché i mesi di ottobre e novembre sono quelli in cui in zona si conta il maggior numero di porsi polari: si raggruppano qui in attesa del grande freddo. Presto, lungo la costa della baia di Hudson si formeranno spesse coltri di ghiaccio, consentendo agli orsi affamati di camminare sulla superficie ghiacciata per andare a caccia delle foche dagli anelli (a differenza degli altri orsi, quelli polari non vanno in letargo). Hanno aspettato questo banchetto ad alto contenuto di grasso sin dallo scioglimento dei ghiacci in giugno e, dopo diversi mesi passati vagando nell’interno, sono pronti per tornare sul mare per ricostituire le riserve energetiche di cui hanno bisogno. Sfortunatamente, il numero di giorni che passa tra un pasto e l’altro è sempre maggiore! Il cambiamento climatico sta lentamente riducendo la stagione dei ghiacci sulla baia di Hudson, restringendo la finestra della caccia alle foche e di conseguenza aumentando il periodo in cui gli orsi devono contare solo sul grasso accumulato. Questo li rende vulnerabili e a rischio d’estinzione. Frontiers North Adventures lavora a stretto contatto con Polar Bears International, una ONG ambientalista di appassionati ecologisti, scienziati, ricercatori e volontari che si batte per la sopravvivenza sul lungo periodo degli orsi polari. Cercando di salvare la coltre di ghiacci con i mezzi della scienza, della lotta conservazionista e dei media, spera di sensibilizzare tutti sulla minaccia che il cambiamento climatico rappresenta per l’Artico. Nell’ambito di quella partnership, l’ecologista e ricercatore specializzato nell’Artico Brooke Biddlecombe si unisce per un giorno alla nostra escursione. Mentre la buggy si muove per la tundra, ci mette al corrente delle sue ricerche e rende l’esplorazione ancora più interessante: così ora sappiamo che il bestione che abbiamo incontrato è di sicuro un maschio, perché è raro avvistare una femmina sulla riva in questo periodo dell’anno.

Il periodo dell’anno migliore per vedere gli orsi è nei mesi di ottobre e novembre ©CherylRamalho/Shutterstock
Il periodo dell’anno migliore per vedere gli orsi è nei mesi di ottobre e novembre ©CherylRamalho/Shutterstock
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Mentre i maschi migrano prima verso il mare, anticipando la stagione della caccia, le femmine tendono a rimanere all’interno, badando ai cuccioli. Li tengono in tane fuori dalla vista dei maschi che sono una minaccia anche per la propria prole e spesso arrivano a cibarsene. Biddlecombe ci spiega che gli orsi polari sono una specie sessualmente bimorfica, ovvero che i maschi adulti tendono a essere molto più grandi delle femmine (a volte addirittura il doppio) – e quest’orso era grande.

Anche quando scendiamo dalla tundra buggy alla fine della gita e raggiungiamo in auto il centro di Churchill, continuiamo ad avere l’opportunità di avvistare orsi polari. Ne vediamo uno persino di fianco alla strada, mentre sonnecchia su una pila di massi di fronte alla riva: la loro presenza tra la gente qui è normale. Churchill è una cittadina piccola e isolata: i residenti stabili sono solo 800. È nota come ‘la capitale mondiale degli orsi polari’ perché ogni anno quasi un migliaio di orsi migra in questa zona tra luglio e novembre. L’alta densità di orsi polari è dovuta alla vicinanza con la baia di Hudson e alle modalità con cui si forma il ghiaccio nell’estuario – è l’ultimo punto in cui sgela e il primo in cui gela di nuovo, quindi gli orsi qui sfruttano tutto il tempo a loro disposizione per cibarsi.

Durante i mesi di punta, a muoversi nell’entroterra sono più orsi polari che persone, quindi la municipalità di Churchill ha delle procedure per garantire la sicurezza sia dei suoi abitanti sia dei vicini a quattro zampe. Non si chiudono le porte delle auto perché offrano riparo in caso il predatore si avvicini troppo e se un orso minaccioso non si lascia scacciare fuori città viene sedato e consegnato al Polar Bear Holding Facility (la ‘prigione degli orsi’), dove viene isolato e tenuto fino a un mese in una cella con aria condizionata prima di essere trasportato più a nord in elicottero. Una squadra di Polar Bear Alert pattuglia il perimetro della città e una hotline attiva 24h tiene aggiornati sugli avvistamenti. Quando mi ritiro per la notte dopo l’avventurosa giornata, fuori dalla finestra suona una sirena. È il segnale delle 22 per i residenti, che li invita a un coprifuoco volontario quand’è buio. Ora è tutto tranquillo e mentre mi addormento mi chiedo come sia condividere con il più grande predatore del mondo le strade della propria città, una località remota al limitare dell’Artide, accessibile solo in treno o in aereo. La gente che ho incontrato pare contenta di abitare a Churchill e anche se sono solo di passaggio capisco perché.

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