Sugli sci in Norvegia tra le leggende del Telemark
Tra i più coraggiosi eroi della seconda guerra mondiale ci fu un gruppo di irriducibili soldati norvegesi impegnati in un’epica impresa invernale sugli sci. Il nostro autore Geordie Stewart ha deciso di ripercorrere le loro tracce e raggiungere il Galdhøpiggen, la montagna più alta del Nord Europa, con gli sci.

“Hei! Kan vi bli med dere?”. Per tredici britannici accalcati intorno a una stufa a legna in un piccolo rifugio, sentire qualcuno parlare norvegese non dovrebbe essere così sorprendente. In fondo siamo in Norvegia, al centro dello Hardangervidda, uno degli altipiani più vasti e freddi d’Europa. Eppure la cosa attira la nostra attenzione.
Non abbiamo idea di che cosa stiano dicendo, ma lo stato d’animo è evidente. I due uomini che entrano nel rifugio sono inequivocabilmente stanchi e provati. Fa freddo, intorno ai -20°C (per non parlare del vento gelido che abbiamo dovuto sopportare tutto il giorno). Hanno l’aspetto che si può prevedere – che quasi ci si aspetta – abbiano due che entrano in un rifugetto sullo Hardangervidda: fisici atletici, zigomi accentuati, penetranti occhi blu e barbe gelate. L’aspetto che dovrebbero avere gli esploratori, come quelli che accompagnarono Fridtjof Nansen e Roald Amundsen nelle loro spedizioni polari a inizio Novecento.

Noi rispondiamo con “Ja ja”, e subito facciamo loro spazio nello stretto circolo intorno alla stufa. All’inizio non parlano, ma si uniscono a noi nello scongelarsi le dita dopo la giornata fuori. Chiedo loro da dove vengono e dico che noi siamo inglesi. “Ah, OK”, replica uno di loro. “Allora benvenuti in Norvegia!”. Siamo un gruppo di 13 istruttori del reggimento di addestramento Winchester dell’esercito britannico e ci siamo imbarcati in un viaggio di ‘training avventuroso’ in Norvegia. Questo paese è sia meraviglioso che scontroso, e talvolta entrambe le cose insieme.
In questa nazione di cinque milioni di abitanti, la passione per la vita e le attività all’aperto è una parte fondamentale dell’esistenza. Da grandi esploratori polari come Nansen e Amundsen a leggende delle Olimpiadi moderne come Marit Bjørgen e Ole Einar Bjørndalen, la Norvegia e lo sci, in particolare, vanno mano nella mano. Quale luogo migliore, quindi, per un gruppo di amateur britannici che vogliano provare la propria determinazione, di un altopiano ghiacciato norvegese? L’idea era di sciare per tutto lo Hardangervidda prima di affrontare nella catena dello Jotunheimen un’ultima sfida: risalire in sci la montagna più alta del Nord Europa. Molti gli aspetti logistici da affrontare prima del viaggio: l’itinerario dettagliato, l’equipaggiamento giusto e la preparazione. Quasi metà del team non aveva mai usato gli sci prima dei mesi precedenti alla nostra partenza per Oslo. Ed eccoci qui ad avanzare con la neve alle ginocchia su un terreno ripido in un ambiente ostile.
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Cominciamo il viaggio a Rjukan, nel Telemark (famoso perché qui nacque la tecnica dello sci che porta il suo nome). Gli sciatori di telemark sono noti come ‘quelli del tallone libero’, con scarponi agganciati allo sci solo davanti. Questa era la tecnica usata in tutti i paesi nordici, dove, tradizionalmente, i cacciatori si costruivano da soli gli sci usando pezzi di legno. Il telemark è stato portato alla fama da un film del 1965 su un gruppo di sabotatori della resistenza norvegese durante l’occupazione tedesca, Gli eroi di Telemark, con Kirk Douglas protagonista. A Rjukan c’era un impianto tedesco di acqua pesante – o ossido di deuterio – un componente chiave per la creazione della bomba atomica. Piuttosto che bombardare l’impianto, che avrebbe comportato vittime civili, si decise di paracadutare i guastatori dell’Operazione Gunnerside, che si infiltrarono nei laboratori. L’audace missione ebbe successo e l’intero deposito di acqua pesante venne distrutto, insieme alle attrezzature per fabbricarla. Non venne sparato un colpo, nessuno morì. La fuga attraverso l’altopiano gelato fu altrettanto audace. Armati, in uniforme e sugli sci, ‘i Gunnerside’ percorsero sciando centinaia di chilometri di terreno accidentato fino alla vicina Svezia, mentre i 3000 tedeschi mandati a cercarli non riuscivano a localizzarli.
Per i primi quattro giorni del viaggio seguiamo il percorso ‘Eroi del Telemark’ sullo Hardangervidda, pernottando nei rifugi di Den Norske Turistforening (DNT), alcuni con custode, altri no. La rete di rifugi, splendido sistema totalmente norvegese, incoraggia a esplorare le bellezze naturali del paese, garantendo di che sopravvivere. A volte siamo solo noi 13, schiacciati in un rifugio ad aspettare l’alba per uscire nella libertà di quel paesaggio innevato.
A tratti Hardangervidda è pura natura selvaggia, un luogo di serenità e tranquillità, ma anche di venti pungenti e bufere di neve. Ogni sera a lume di candela dispieghiamo sui tavoli le mappe per valutare l’elevazione e il profilo del percorso del giorno successivo e scegliere la via più efficiente. Continuiamo ad aggiustare l’itinerario, calcolando mentalmente il tempo, la distanza e la velocità. Sei giorni in ballo, per un totale di oltre 30 ore di sci, sono ardui, fisicamente e mentalmente.
Man mano che la tecnica e le competenze all’interno del nostro gruppo migliorano (e così il meteo), aumentano anche le distanze percorse, ma il terreno diventa sempre più ondulato e inesplorato ogni giorno che passa. Non seguiamo più la rotta prestabilita e ogni mattina ci facciamo sorprendere da scenari stupefacenti e nuove esperienze. I nostri piani devono essere flessibili per consentire a tutti i membri del gruppo di farcela, anche per tratti lunghi e su discese imprevedibili. Raggiungiamo infine l’assai gradita fine dell’altopiano e in auto ci spostiamo allo Jotunheimen, per cercare di raggiungere sciando la cima del Galdhøpiggen, il monte più alto della Norvegia e del Nord Europa. Con nostro sollievo, il tempo ci riserva cieli blu e sole tutto il giorno, anche se a una temperatura paralizzante di -18°C.

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Al rifugio DNT ci dicono che siamo il primo gruppo a tentare di salire sul Galdhøpiggen con gli sci quest’anno e siamo timorosi ed entusiasti allo stesso tempo. Un mattino pungente ci accoglie mentre saliamo a zigzag su per i pendii più bassi, guadagnando lentamente quota mentre fuggiamo il freddo del fondovalle. La neve è profonda e il tempo che abbiamo previsto per la salita se ne va dalla finestra, ma comunque proseguiamo. Quando affiorano le rocce dobbiamo staccare gli sci, appenderli allo zaino e proseguire a piedi. Ci fermiamo un po’ di volte per decidere se non sia più saggio tornare indietro, ma alla fine il desiderio di arrivare in cima, le perfette condizioni climatiche e un forte spirito di squadra ci convincono a continuare. Nel ripido tratto finale procediamo scalettando con gli scarponi e a metà pomeriggio arriviamo in cima al Galdhøpiggen (2500 m), che in verità sembra l’Himalaya!
Maestose cime innevate si stagliano intorno a noi mentre il sole scende nel cielo limpido. Il vento impetuoso e la dura discesa che ci aspetta ci consigliano di non indugiare. Stacchiamo gli sci dallo zaino, togliamo le pelli di foca e un nuovo compito ci attende: discendere la montagna sciando. Per fortuna, siamo arrivati tutti sani e salvi a Spiterstulen per celebrare un’escursione coronata dal successo.