Il Giro del mondo artico in solitaria è terminato in Alaska

Redazione Lonely Planet
3 minuti di lettura

Tutti i viaggi, anche quelli più estremi, finiscono. E dopo oltre due mesi trascorsi attorno al Polo Nord, l’ultracyclist Omar Di Felice ha concluso il primo Giro del mondo artico, diventando il primo ciclista ad attraversarlo lungo le sue tre linee di confine: dalla Kamchatka (Russia), da cui è partito il 2 Febbraio, attraverso i vari percorsi che si sono snodati toccando tutte le nazioni all'interno del circolo polare artico.

in bici al circolo polare artico
L’avventura di Omar è terminata in Alaska, dopo aver raggiunto il Circolo Polare Artico © Omar Di felice
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La sua lunga avventura, che abbiamo seguito da vicino in questi mesi, è partita dall’estremità orientale del Pianeta, ha attraversato i confini russi pochi giorni prima dello scoppio del conflitto attualmente in corso con l’invasione dell’Ucraina, ha attraversato la Lapponia, da Murmansk (Russia) a Tromsø (Norvegia) per poi passare all’esplorazione delle Isole Svalbard, Groenlandia e Islanda prima dell’approdo finale nelle regioni artiche del Nord America.  Qui Omar ha pedalato tra Whitehorse (regione dello Yukon, Canada) fino alla linea del circolo polare artico in Alaska (Stati Uniti d’America), lungo la Dalton Highway.

bicicletta in Alaska
On the road in Alaska © Omar Di felice

La lunghissima esplorazione invernale è stata anche una continua scoperta dei propri limiti: vivere in autonomia, pedalando e provvedendo a ogni necessità con temperature costantemente sottozero (-42°C la minima registrata ufficialmente dai dispositivi di Omar prima del loro spegnimento in determinate situazioni critiche) ha rappresentato una sfida che ha messo a dura prova l’ultracyclist, sebbene non fosse nuovo a questo tipo di sfide invernali, ma che mai aveva coperto una distanza così lunga in simili condizioni ambientali.

Dalle difficoltà tecniche e di gestione della bicicletta, fino a quelle relative la termoregolazione e i rischi legati ai congelamenti, se ci avete seguito in questi mesi, avete potuto constatare l’apertura di Omar anche nel condividere i momenti di crisi: al confine tra Russia e Finlandia una forte intossicazione alimentare e le difficoltà burocratiche sopraggiunte a causa dell’imminente conflitto per l’attraversamento della frontiera si sono sommate alle giornate in cui il meteo lo ha messo a dura prova, costringendolo, ad esempio, in Groenlandia e Islanda a rivedere in itinere le soste improvvisando bivacchi nelle cabin lungo i trail o affrontando bufere di neve in condizioni di totale white out.

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Ma l’ultimo ostacolo è sopraggiunto non appena varcato il confine con l’Alaska: nonostante l’inverno avesse iniziato a lasciare spazio alla primavera, le temperature rigide e le lunghissime distanze da coprire hanno messo ancora in difficoltà Omar, debilitandone ulteriormente le condizioni fisiche e costringendolo a uno stop di 48 ore per via di una forma influenzale con febbre alta e infiammazione delle vie respiratorie che ha rischiato di compromettere la buona riuscita dell’avventura a poche centinaia di chilometri dalla fine.

Nonostante ciò Omar è riuscito a raggiungere, infine, la linea del traguardo che, seppur "immaginaria", ha assunto un forte valore simbolico. L’emozione per aver completato una sfida così ambiziosa e complessa ha fatto svanire molto velocemente la fatica accumulata (sarà necessario però un lungo periodo di riposo e recupero attivo).

montagne in Alaska
I paesaggi dell’Alaska © Omar Di felice
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Inoltre, il primo Giro del mondo artico è stato anche il secondo capitolo del progetto "Bike to 1.5°C" che, in collaborazione con l’associazione Italian Climate Network (ICN), ha visto Omar nel ruolo di divulgatore sul tema dei cambiamenti climatici: dopo la presenza alla Conferenza sul clima, la COP26, dove la sua bici è stata la prima ad entrare ufficialmente alle Nazioni Unite, questa volta il percorso è stato anche teatro di conferenze e dibattiti con esperti sulle criticità dell’Artico e le conseguenze del riscaldamento globale. Perché viaggiare, nel 2022, deve ancora di più essere una forma di conoscenza e di rispetto verso il nostro piccolo e solitario pianeta.

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