Da solo in Groenlandia: continua il World Artic Tour in bicicletta
Tappa dopo tappa, abbiamo iniziato a conoscere l’ultracyclist Omar Di Felice, seguendolo a debita distanza durante il suo viaggio in bicicletta lungo le linee artiche. Ecco perché, quando per sei giorni non abbiamo più avuto sue notizie, abbiamo iniziato a preoccuparci. Abituati alla comunicazione istantanea, al mondo del tutto e subito, saperlo solo e immerso nel bianco assoluto della Groenlandia lo rendeva ancora più lontano. Quasi appartenente a un altro mondo. Ma tornato alla base ci ha raccontato questa esperienza incredibile, che lo ha messo a dura prova, ma gli ha anche insegnato molto.

Il viaggio è durato 6 giorni e 5 ore, il tempo necessario per attraversare la Groenlandia in bicicletta dall’ice cap (Point - Kangerlussuaq) a Sisimiut, lungo L’Arctic Circle Trail. Solo, unsupported, trainando una slitta il cui contenuto iniziale superava i 50 kg, Omar ha attraversato montagne, laghi ghiacciati, bufere di neve, con temperature che hanno sfiorato i -40ºC. Ma anche con le luci dell’aurora boreale a riscaldare con i loro colori ogni gelida sera.
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Omar, raccontaci perché questa tappa era diversa dalle altre.
Per la prima volta ho pedalato per oltre 200 chilometri completamente da solo, senza connessione telefonica, senza la possibilità di segnalare emergenze, tranne per il servizio satellitare che avrei potuto usare però soltanto in casi davvero estremi.
Inoltre la Groenlandia era un terreno che non conoscevo: avevo delle grandi aspettative e sono state ampiamente ripagate. È una terra unica, una terra dove gli unici insediamenti che ho trovato, alla partenza e all’arrivo (Kangerlussuaq e Sisimiut), sono piccolissimi. Si tratta di villaggi inuit dove la popolazione locale è un valore aggiunto fondamentale. Ho trovato persone sempre disponibili, sempre pronte ad aiutarmi tanto alla partenza quanto all’arrivo. Mi hanno dispensato consigli, suggerimenti e tutte le informazioni di cui avrei poi avuto bisogno.

Come hai affrontato, a livello tecnico, tutte queste difficoltà?
È stata una settimana caratterizzata da un set up diverso. Avevo la bici e la slitta - come alle Svalbard- ma era ancora più carica perché dovevo portare con me tutto il necessario per dormire, mangiare, il carburante per usare il fornellino per fondere la neve e ricavarne acqua. Ho dormito in piccole cabin che sono delle baracche di legno utilizzate come avamposti dai cacciatori e dai locali quando fanno i viaggi da un villaggio all’altro. È come dormire in tenda: dentro non c’è corrente, non c’è acqua, non c’è nulla di nulla.

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Quali sono le immagini più belle che ti porti a casa?
È stata un’esperienza surreale. Pedalare sui laghi ghiacciati, pedalare sul mare ghiacciato lungo i fiordi è stato una cosa che non ho mai fatto, non in questo modo, e mi ha lasciato qualcosa in più. E poi tutte le sere il premio per le grandi fatiche era l’aurora boreale e queste luci che danzavano sulla mia testa. Mi hanno accompagnato e sono rimaste con me tutte le notti.

Tra tutte le difficoltà, quale è stata la più difficile da sormontare?
La difficoltà più grande è stata una giornata in cui sono dovuto stare fermo 36 ore a causa di forti bufere di neve che hanno poi complicato il resto del viaggio. Durante la giornata non si vedeva nulla ed ero in condizione di totale white out, mentre quando sono riuscito a ripartire la quantità di neve sul sentiero ha fatto si che fosse molto più difficile e pesante spingere la slitta.