Avventure sportive che cambiano la vita

Redazione Lonely Planet
8 minuti di lettura

Certi viaggi cambiano la vita, ma non si sa mai quando questo possa accadere. Il momento ’fatidico’, ad esempio, potrebbe arrivare quando tutte le vostre energie sono impegnate a raggiungere un determinato scopo, magari sportivo. È proprio quello che è accaduto ad alcuni dei nostri autori che coronando un’impresa sportiva hanno in realtà trovato la svolta che cercavano anche in altri campi.

La cima dell’Half Dome, nella Yosemite Valley, in California ©Jim Hamner/Shutterstock
La cima dell’Half Dome, nella Yosemite Valley, in California ©Jim Hamner/Shutterstock
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Scalare l’Half Dome - Yosemite National park, California

"La luna piena regalava alle Sierras, silenziose e ammantate di neve, una sfumatura argentata mentre io crollavo, esausto, sulla cima dell’Half Dome, raggiunta superando la ripida parete nord-ovest. Erano le 2 di notte, 42 ore dopo l’inizio della scalata, e il ghiaccio scintillava sui cristalli di granito. Avevo le dita intirizzite, fame, sete e dolori ovunque. Ma non ero mai stato meglio. 

Avevo scoperto l’arrampicata da adolescente, e presto la passione era diventata un’ossessione – il brivido dell’esplorazione, la gioia del controllo dei movimenti, il superamento delle proprie paure. La Yosemite Valley, in California, era
una delle culle di quello sport, e l’Half Dome
ne era l’icona. La sua parete verticale di 671 metri
è un richiamo irresistibile per ogni aspirante scalatore, e per me era una calamita. 

Mentre assicuravo il mio compagno,
ripensai a quanta preparazione e fatica aveva richiesto arrivare fin lì: sei mesi di allenamento, una settimana di arrampicate in valle e una camminata di quattro ore per raggiungere la parete. Una ventina di tiri di corda su fessure con incastri che spaccavano le dita, tratti in opposizione e complicate manovre di corda. Una notte passata su una cengia appena più larga del mio bacino, a centinaia di metri da terra. 

Esposizione da brivido, panorami mozzafiato, ondate di terrore alternate a pura esaltazione,
e gli ultimi tre tiri di corda completati alla luce della frontale. E poi, finalmente, quel momento di silenziosa esaltazione, con le vette della Sierra Nevada che si innalzavano verso il cielo stellato, ambasciatrici di nuove e splendide avventure." Neil Wilson

Ciò che porto con me 

Conquistare l’Half Dome mi ha dimostrato che sono in grado di fare qualunque cosa. Mi ha spinto a scrivere il mio primo articolo, e poi a lasciare un lavoro sicuro nell’industria petrolifera per quello, molto più avventuroso, dello scrittore di viaggi. 

Preparati al viaggio 

La Regular Northwest Face è un’arrampicata impegnativa e faticosa, percorsa in genere in due-tre giorni solo da climber esperti. 

Se, come fanno in molti, decidete di passare una notte ai piedi dell’Half Dome, avrete bisogno di un permesso (gratuito) per pernottare nel parco. 

Gli escursionisti possono raggiungere la cima dell’Half Dome percorrendo la ferrata denominata ’The Cables’. Attrezzata con corrimani e gradini, è una delle escursioni più amate della Yosemite Valley (possono però affrontarla solo 300 persone al giorno). Richiedete un Half Dome Permit - assegnati tramite lotteria già a marzo – ma durante la stagione estiva ne vengono concessi altri 50 al giorno, sempre tramite estrazione.

Yosemite ospita diversi campeggi, ma il paradiso degli arrampicatori è Camp 4 (inserito nel National Register of Historic Places dal 2003). 

I monti di M'Goun, Marocco ©Martin Croce/Getty Images
I monti di M'Goun, Marocco ©Martin Croce/Getty Images

In bicicletta oltre la paura - Dal Marocco a Gibilterra

"Dovetti smettere di pedalare. Non a causa
della temperatura spaventosa, né del bruciore – non capivo se provocato dalle lacrime o dal sudore – che mi tormentava la faccia scorticata dal sole. E nemmeno per prendere una bella boccata d’aria. Dovetti smettere perché la bellezza del
luogo mi aveva travolto. Avevo superato una ripida altura e improvvisamente mi trovai come paralizzato, incantato da ciò che sembrava un miraggio tridimensionale o una xilografia che avesse preso vita: successioni di colline color pastello che si estendevano impallidendo nell’orizzonte infuocato. 

Smisi anche perché fui travolto dalle emozioni. Dopo quasi nove mesi di pedalate capaci di stroncare anche il ciclista più determinato, le mie difese erano finalmente crollate. E piansi lacrime di terrore, e di orgoglio, quando capii che il mio viaggio di 11.000 chilometri partito dal Marocco e conclusosi a Gibilterra, percorrendo in senso antiorario l'intero bacino del Mediterraneo, era quasi giunto alla fine. Nonostante il diffuso scetticismo, io e i miei compagni stavamo per terminare l’impresa. Ricordo ancora cosa ci era stato detto: che non saremmo mai sopravvissuti. Ogni volta che raggiungevamo un paese qualcuno ci chiedeva quale fosse la meta successiva e ci suggeriva di evitarla perché i suoi abitanti ci avrebbero riservato un trattamento spaventoso. Cosa che non si è mai verificata. 

In linea di principio sapevamo che è la paura dell’ignoto a distorcere le percezioni. Ma non capii che avevamo davvero, e in via definitiva, superato molte paure – sia nostre sia
di altri – finché non raggiunsi la cima di quell’altura." Ethan Gelber 

Ciò che porto con me 

A volte occorrerebbe seguire ostinatamente la propria strada, incuranti dei suggerimenti di chi ci vuole bene, soprattutto quando
le preoccupazioni altrui ci impediscono di essere felici. Io ho dato ascolto a tutti ma, per una volta, non ho ceduto, perché sapevo che i consigli ricevuti erano basati su paure irrazionali e non su fatti reali. 

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Preparati al viaggio 

Un viaggio in bicicletta impegnativo
sia per quantità di chilometri sia per il tempo richiesto, necessita di una buona organizzazione. Dovrete affrontare problemi di tipo fisico, ostacoli materiali e turbamenti emotivi. I primi sono i più facili da superare grazie a una buona preparazione fisica. Idealmente, nessuno dovrebbe iniziare
un lungo viaggio in bicicletta senza aver prima capito come reagisce il proprio corpo dopo settimane trascorse in sella. 

Gli ostacoli materiali dipendono molto dalle risorse disponibili e dal tipo di percorso. Se riuscite a finanziare il viaggio da soli, tanto meglio. Se invece il budget a disposizione non copre tutte le spese, potrebbe essere necessario trovare uno sponsor o qualche sistema per guadagnare viaggiando. Per quanto riguarda la nostra impresa, ci sono voluti tre anni per pianificarla in quanto è stato indispensabile trovare lungo il tragitto chi potesse fornirci aiuto e assistenza. 

Le emozioni destabilizzanti sono le
più complesse da gestire, soprattutto se
la famiglia e gli amici sono scettici nei riguardi del vostro progetto. Avrete bisogno di allenare disciplina e difese emotive.
Vi sarà infatti concesso di crollare solo quando, in prossimità della fine del viaggio, vi troverete, in una giornata caldissima, davanti a una vista che vi toglierà il fiato. 

Le rovine delle piramidi Mayan di Coba, Messico ©karamysh/Shutterstock
Le rovine delle piramidi Mayan di Coba, Messico ©karamysh/Shutterstock
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Scalare le piramidi in gravidanza - Penisola dello Yucatán, Messico

“Non avrei dovuto essere lassù. E questo non faceva che esaltarmi ancora di più. Il Nohoch Mul è la piramide maya più alta dello Yucatán, e dalla sua sommità (42 metri) potevo godere di una vista spettacolare sulla giungla. Gli alberi da sughero, le acacie e le palme si fondevano in un fitto oceano verde che sommergeva l’antica città di Cobá. Era bellissimo, ma non ero arrivata fin lassù per il panorama. 

Anzi, non avrei dovuto proprio arrivarci. Ma non avevo resistito alla tentazione di dimostrare qualcosa, e nello specifico che una donna incinta di sette mesi è un essere umano come gli altri (peccato per mio marito che soffre
di vertigini, ma che si sentì comunque in obbligo di accompagnare la moglie e il futuro primogenito). Mentre lo sguardo spaziava sul mondo ai miei piedi, mi sentivo invincibile. 

Ma la scalata era stata dura. Gli antichi gradoni in pietra calcarea del VII secolo mostravano gli sfregi del tempo, quindi procedevamo al rallentatore. Una corda era l’unica ancora
di salvezza, e a mano a mano che la piramide si restringeva
ci accorgemmo che guardare di lato era una pessima
idea, almeno quanto guardare in basso. Una volta in cima, seppur esaltati dal panorama formidabile e dal formidabile risultato raggiunto, ci sentimmo un po’ in ansia per ciò che ci attendeva. Diventare genitori, certo. Ma prima la discesa…” Liz Edwards 

Ciò che porto con me 

Esplorare le rovine nella giungla di Cobá è stata un’esperienza magica, e scalare il Nohoch Mul ha rappresentato la classica ciliegina sulla torta. Ma più di tutto è stato esaltante trovarmi così vicina alla maternità e decidere comunque di proseguire, con lo spirito di avventura ancora intatto e Junior che viaggiava con me. 

Preparati al viaggio 

Molti autobus raggiungono le rovine della città di Cobá partendo da diverse città dello Yucatán: Cancún (3 ore), Playa del Carmen (2 ore) e Tulum (45 min). Numerosi alberghi e agenzie private offrono tour organizzati, molti dei quali prevedono qualche ora di sosta a Cobá, la visita di un villaggio maya e un tuffo in un cenote (grotte calcaree allagate da acqua dolce che per i maya rappresentavano i portali dell’oltretomba). 

Cobá è un sito piuttosto vasto – fu una città importante e un centro di commerci, in attività fino al XIII secolo – e si trova a circa un chilometro dal Nohoch Mul. Non è permesso entrarvi con veicoli a motore, quindi indossate scarpe comode o noleggiate un ciclorisciò (’Mayan limo’) per coprire i tratti più lunghi. Scalare il Nohoch Mul è ancora consentito – mentre è vietato salire sulle principali piramidi di Chichén Itzá e Tulum, che sorgono nella stessa regione. Inoltre, i templi ammantati dalla vegetazione, i campi per il gioco della pelota, le sculture e le strade di Cobá sono meno artefatti, e quindi più affascinanti, di quelli di altri siti maya. 

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Destinazioni in questo articolo:

Marocco Messico Stati Uniti d’America
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