Alla scoperta della Ferrara ebraica cercando il giardino dei Finzi Contini
Non c’è che un luogo dove possiate trovarlo, sentirne gli aromi e percepire il rimbalzo della pallina durante le interminabili partite di tennis che intrattengono i suoi ospiti: il Giardino dei Finzi-Contini esiste solo nelle pagine dell’omonimo romanzo di Bassani. Ma allora perché è tanto impresso nell’immaginario dei lettori da indurre tuttora alcuni viaggiatori a cercarne le tracce in giro per le strade di Ferrara?
Pubblicato nel 1962, il romanzo di Bassani è il primo che affronta il tema della deportazione degli ebrei lasciando gli orrori del genocidio all’esterno della cornice narrativa vera e propria. Il romanzo pulsa della giovinezza dei suoi protagonisti, ebrei benestanti poco più che ventenni che vivono normali storie di amore e di amicizia, mentre si trovano gradualmente emarginati dalla società a causa delle leggi razziali; la tragedia dell’Olocausto incombe come un’ombra minacciosa, ma resta al di là delle mura del giardino.
I Finzi-Contini conquistano centinaia di migliaia di lettori nell’arco di pochi mesi dalla pubblicazione del libro e diventeranno familiari ai più grazie al film di Vittorio De Sica, premiato nel 1972 con l’Oscar come miglior film straniero. Eppure a Bassani la versione cinematografica del suo capolavoro non piace affatto: a suo dire c’è troppo sentimentalismo. In effetti il film tradisce il romanzo almeno in due aspetti significativi: non rispecchia la scelta narrativa del flashback e dell’io narrante e (segue spoiler!) si conclude con l’episodio della deportazione, volutamente assente nell’opera di Bassani.
È possibile però ritrovare la Casa di Giorgio Bassani (Via Cisterna del Follo 1), non visitabile, ma visibile all’esterno. Al di là della curiosità biografica legata allo scrittore ferrarese, l’edificio giallo è interessante perché si tratta di un luogo letterario: nel racconto I mendicanti, per esempio, Bassani ne fa il teatro delle sue fantasticherie di bambino. Lo scrittore abbandonò la casa nel 1943, deportato dai fascisti.
Ferrara ebraica
Nel periodo di attività del Ghetto di Ferrara (1627-1859), le predicazioni coatte per convertire gli ebrei al cattolicesimo avvenivano a Palazzo San Crispino, l’edificio dalla facciata neoclassica che chiude a sud-est Piazza Trento e Trieste; la costruzione era stata scelta perché per raggiungerla gli ebrei non dovevano uscire dal ghetto. Le Porte del Ghetto (cercate i cardini di ferro) si trovavano infatti fra il palazzo e Via Mazzini, che inizia a destra della facciata ed era una delle vie principali della zona – vi si affacciano ancora (al n. 95) le Sinagoghe e il Museo della Comunità Ebraica di Ferrara.
Prima di essere ghettizzati, gli ebrei ferraresi erano stati una delle comunità più importanti e rispettate della penisola, e sotto gli Estensi avevano ottenuto, pur sempre con grandi limitazioni, alcune libertà civili. Il ghetto conserva ancora un’atmosfera particolare di quartiere a sé stante, come descritto da Giorgio Bassani ne Il giardino dei Finzi-Contini. In Via Vignatagliata, non visitabili, si trovano (al n. 79) l’ex Scuola Ebraica, dove insegnò anche Bassani, e (al n. 33) la Casa di Isacco Lampronti, medico, filosofo e rabbino, autore di una monumentale enciclopedia talmudica. Girare per le viuzze è molto piacevole, tra scorci segreti e quieti: cercate in Via Vittoria la Scola Spagnola, per i rifugiati sefarditi accolti nel 1492 dal duca d’Este. Poi tornate in Piazza della Cattedrale e riflettete sul tragico destino di questo popolo osservando la Colonna di Borso d’Este, nei pressi del Volto del Cavallo: la colonna è in gran parte rivestita con lastre lavorate provenienti da cimiteri ebraici, spoliati delle loro lapidi nel corso del XVIII secolo per ordine dell’Inquisizione.
La storia della comunità e più in generale dell’ebraismo italiano è illustrata con mostre e iniziative al MEIS, il Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah.
Cimitero Ebraico
Riservato alla comunità ebraica di Ferrara, è un luogo di una quiete e di un’amenità uniche, che stimola particolarmente il raccoglimento e la riflessione perché mantiene una dimensione naturale preponderante, essendo costituito anche da vasti spazi erbosi vuoti, nei quali passeggiare in silenzio al cospetto di grandi alberi isolati.
Suonando il campanello sarete accolti dalla gentilissima custode, che vi illustrerà molto rapidamente la disposizione del cimitero e l’ubicazione della tomba dello scrittore Giorgio Bassani, meta di pellegrinaggio e principale ragione per la quale molti si recano fin qui. Il cimitero fu oggetto di un restauro nel 1911, operato dall’architetto ebreo-ferrarese Ciro Contini, al quale si devono il portale di ingresso e il riordino della parte prospiciente l’entrata, ovvero il viale principale e quello che da quest’ultimo si dirama verso destra, conducendo alla camera mortuaria dedicata alle vittime delle deportazioni.
La maggior parte delle sepolture risale all’Ottocento e al Novecento, ma il cimitero ha una storia ben più antica. La lapide che riporta la data più lontana risale al 1549, i documenti attestano l’esistenza del cimitero dal 1626 e nell’area est rimangono alcune tombe del XVIII secolo, scampate alla distruzione operata dall’Inquisizione nel 1755. Le poche tombe risalenti al Settecento si trovano nella zona est del cimitero, oltre un grande prato, e in quest’area, presso il muro di cinta, c’è anche quella di Bassani, disegnata e realizzata dallo scultore Arnaldo Pomodoro e dall’architetto Piero Sartogo nel 2003. Chi voglia rendere omaggio alla memoria dell’autore de Il giardino dei Finzi-Contini, secondo l’usanza ebraica, lasci un sasso sulla sua tomba.