In viaggio per le Orcadi con un camper elettrico
Con il figlio di nove mesi, Phoebe Smith gira su un avveniristico camper elettrico alle Orcadi, sulle tracce del passato neolitico dell’arcipelago scozzese.

Le pietre erette di Stenness si levano dal terreno come una mano gigante, gettando lunghe ombre sull’erba. Le osservo e mi sento piccola come mio figlio, che porto al sicuro nello zaino dietro la schiena. Questo cerchio cerimoniale non è che uno dei tanti resti dell’Età della Pietra che costituiscono il ‘Cuore delle Orcadi neolitiche’, un gruppo di importanti monumenti databili intorno al 3100 a.C., dichiarati patrimonio dell’Unesco. Considerato il numero di questi siti (200 in base all’ultimo conteggio) e la densità della loro distribuzione (una media di tre siti ogni 2,5 chilometri quadrati), non c’è da stupirsi che le Orcadi siano considerate lo scrigno del passato della Gran Bretagna.
Per quanto impressionanti siano questi antichi terrapieni, esistono però anche strutture moderne che hanno attirato l’attenzione su questo gruppo di 70 isole nell’estremo nord della Gran Bretagna: le turbine eoliche. La prima fu installata e collegata alla rete elettrica a Costa Head nel 1951, e da allora le turbine sono diventate onnipresenti quanto i monumenti storici. Oggi gli abitanti delle Orcadi non solo producono in modo sostenibile tutta l’energia di cui hanno bisogno, ma promuovono l’utilizzo di veicoli elettrici tra gli abitanti e i turisti per spostarsi nelle isole.

La maggior parte degli automobilisti propenderebbe volentieri per la scelta ecologica di un’auto elettrica, ma ‘l’ansia da autonomia’, ossia la paura di esaurire la carica prima di raggiungere la stazione successiva, continua a rappresentare un deterrente. Qui nelle Orcadi le cose sono diverse. Animata da un autentico spirito ecologico, sono arrivata da Londra con i trasporti pubblici, scendendo dal traghetto a Burwick, la punta più a sud dell’arcipelago. Mi viene incontro Paul Hudd, che mi ha noleggiato il camper elettrico Nissan Dalbury (che battezzo ‘Spoot’) per le prossime tre notti. Paul mi spiega che, a piena carica, l’autonomia del veicolo è di 193 km. Per darvi un’idea, Mainland (l’isola più grande) è larga appena 42 km, quindi un’autonomia di 193 km sembra più che adeguata. Dopo che Paul mi mostra dove attaccare il cavo di ricarica, sul davanti sopra la targa, mi metto a ispezionare il camper. Ci sono ganci per le giacche che si trasformano in supporti, per esempio per mettere una TV, ma prevedo che rimarranno inutilizzati, essendoci così tanti paesaggi da vedere al suo posto. Il sedile girevole del passeggero permette, insieme a un ripiano nascosto, di creare la zona pranzo. Abbattendo il divanetto posteriore si ricava un letto doppio e il tetto si alza quanto basta per sistemare il lettino di mio figlio, dove ogni sera potrà, spero, addormentarsi al suono del vento che culla il camper.
Decido di trascorrere la prima notte in un campeggio vero e proprio dove possa caricare il camper, quindi attraverso South Ronaldsay verso nord fino a un luogo con credenziali verdi quanto quelle del mio mezzo. Mike Roberts e la sua compianta moglie, Christina Sargent, si trasferirono a Wheems Farm negli anni ’80, avviando una fattoria biologica completa di aree per accamparsi che, da allora, ha sempre funzionato con energia eolica. Arrivo mentre è in corso un buffet di piatti al curry a base di prodotti quasi tutti provenienti dal terreno sotto i nostri piedi. ‘Tutto il campeggio è alimentato da due sole turbine’, dice Mike, mentre facciamo il giro degli orti. ‘Produciamo energia più che sufficiente per le nostre esigenze e il resto lo immettiamo nella rete’. Io e il mio bimbo abbiamo entrambi la pancia piena e gli occhi stanchi. Lo metto nel suo lettino e, con le portiere posteriori aperte, mi siedo a osservare il tramonto sul Mare del Nord.

Il giorno dopo inizia la nostra avventura. South Ronaldsay è collegata a Mainland attraverso tre isole più piccole (Burray, Glimps Holm e Lamb Holm) unite da una serie di strade rialzate, costruite durante il secondo conflitto mondiale per impedire ai sommergibili tedeschi di entrare nella baia di Scapa Flow. Le percorro in un silenzio quasi totale grazie al motore elettrico, mentre le acque scintillano di un turchese intenso e i relitti arrugginiti delle navi da guerra sono macchie arancioni contro il cielo grigio. Mi fermo a passeggiare lungo le spiagge, guardando sfilare i kayak, poi incontriamo la graziosa ‘cappella italiana’, costruita durante la guerra da soldati prigionieri.
Kirkwall, il capoluogo delle Orcadi, è un curioso mix di passato, presente e futuro. Gironzolo nelle vie per vedere la magnifica cattedrale in arenaria rossa, iniziata nel 1137, mentre Spoot si ricarica rapidamente nel parcheggio di un enorme supermercato. Dopo superiamo la Orkney Distillery, dove si sperimenta l’impiego dell’idrogeno al posto del combustibile fossile per la produzione del gin. Pernottiamo sulla baia di Kirkwall, con vista sulle isole settentrionali, dove sono in fase di attuazione altri progetti che prevedono l’uso dell’idrogeno, compreso quello di un traghetto alimentato esclusivamente con questo combustibile.
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L’indomani proseguiamo verso nord oscillando fra le epoche, dai resti di una fattoria pittica del V secolo d.C. nel Broch of Gurness a una delle prime centrali eoliche del Regno Unito, quella del 1983 a Burgar Hill, vicino a Evie. La sera ci accampiamo a Birsay, dove faccio in modo che il risveglio del mio bimbo coincida con la bassa marea, così da riuscire a percorrere la strada rialzata che porta all’isola di Brough of Birsay. Qui resti del passato vichingo convivono con quello del popolo dei pitti, mentre, sulle scogliere, le gazze marine e i pulcinella di mare si preparano a tuffarsi in cerca di pesce.
L’ultima mattina ci vede diretti a Stromness e, prima di lasciare il camper a Paul e imbarcarci per tornare sulla terraferma, visitiamo altri siti straordinari: le pietre erette di Stenness, l’insediamento neolitico di Skara Brae, il cerchio di pietre di Brodgar su un piccolo istmo e il sito del Ness of Brodgar, la cui estensione è stata scoperta solo di recente dall’archeologo Nick Card, secondo il quale 5000 anni fa le Orcadi erano un fulcro di idee innovative per l’intero arcipelago britannico. Un ruolo che, a quanto pare, non hanno smesso di ricoprire.