Riscoprire il mare nuotando: Swimtrekking a Itaca
Ho scoperto lo Swimtrekking per caso, tanti anni fa, durante una fiera dello sport nel Golfo di Baratti. L’idea, mi pareva di capire, stava nel partire nuotando per esplorare il mare, anziché la montagna, e mi sembrava una cosa bellissima. Partire “zaino in spalla” (che nello Smitrekking si chiama barkino ed è una specie di zaino a forma di barca in vetroresina o carbonio in cui tenere all’asciutto il necessario per esplorare, una volta arrivati su una spiaggia, anche la costa) e lasciare che il mare si svelasse a poco a poco. Purtroppo, tutte le mie conoscenze, invece di pensare alla magnificenza dell’esperienza si soffermavano su un dettaglio tecnico: ma che fatica. È cosi che ho aspettato, finché non si è presentata l’occasione e sono partita da sola. Che poi sola non ero per nulla, perché c’era Francesco, che ha inventato questa disciplina, e un gruppo etereogeneo di amanti del mare.

Il nostro “terreno” d’esplorazione era Itaca, il che non faceva che aumentare i miei sogni d’avventura: l’isola di Ulisse, ma forse più di Penelope, un luogo così mitico che faticavo a pensare di andarci davvero. Invece eccomi lì, con una settimana intera per esplorare le sue spiagge bellissime, ma poco battute perché difficili da raggiungere. Per lo meno a piedi.

Swimtrekking a Itaca
La nostra base sono i Captain’s Apartments in Kioni, un nome non soltanto evocativo, ma concreto: il vecchio Capitano che gestisce gli appartamenti con la sua famiglia ogni mattina fa la sua rapida comparsa con un solare “kalimera”, gli aggiornamenti meteo e, soprattutto, i consigli da esperto navigato per perfezionare il percorso della giornata in base ai venti e alle correnti.
L’obiettivo, infatti, è quello di nuotare lungo diversi tratti di costa, talvolta facendo andata e ritorno, altre proseguendo il tragitto per essere recuperati in auto, in generale percorrendo circa 5 chilometri al giorno in acqua. La costante: una pausa con spanakopita (torta agli spinaci) su una spiaggia incredibile, da condividere soltanto con un gatto assonnato e, al massimo, qualche yatch.
Ma la fatica? Nonostante i dubbi dei miei amici si fossero insinuati in me e avessi provato ad allenarmi in piscina prima di partire, alla fine posso dire che i timori erano infondati. Lo Swimtrekking è un’attività adatta a tutti quelli che amano nuotare, ma non è una performance sportiva, a differenza di altre attività di nuoto in acque libere. Innanzi tutto si nuota con la muta, che è un ottimo aiuto al galleggiamento, e con le pinne. Poi si va piano, al proprio ritmo, facendo molte soste perché l’obiettivo non è raggiungere la spiaggia il prima possibile, ma osservare quello che accade sotto la superficie.

Ogni mattina, del resto, si inizia con una lunga colazione e con il briefing della giornata, in cui viene presentato il tratto di costa che si va a esplorare, sono indicate alcune specie da individuare per iniziare a conoscere i fondali e poter capire quali sono autoctone e quali invasive, diventando così osservatori diretti del cambiamento climatico in corso.
E comunque, la fatica non si sente anche perché nuotare diventa un esercizio di meditazione. Bracciata dopo bracciata, l’acqua si trasforma in un elemento accogliente. Le salpe, i latterini e i pesci pagliaccio diventano figure riconoscibili, le meduse non fanno paura, ma si guardano con interesse scientifico, pronti a indicare la loro presenza per fini di ricerca. Come prova, ecco qualche appunto preso a caldo, appena emersa dall’acqua:
“Pensare di nuotare nel mare è come pensare di attraversare la terra. Pazzia. Nel mare si scivola un poco sopra, qualcuno azzarda qualche metro più in giù e subito son bolle che risalgono. L’unico mistero che non abbiamo svelato cambia a causa nostra, mentre non lo guardiamo. Ma ci lascia entrare quanto basta e scivolo e ringrazio e gli sussurro delle promesse tra una bracciata e l’altra.”
“Pensavo fosse un giardino, poi una montagna al contrario, poi un canyon, poi un foglio su cui scrivere il futuro. La verità è che non si può conoscere. L’ultimo mistero da svelare. Che è tutto. Che è il mare.”

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Come è nato lo Swimtrekking
Potrei parlarvi della spiaggia con gli ulivi, della grotta con i gamberetti minuscoli, dell’emozione di vedere le stelle marine e dell’orrore nello scoprire quanta plastica possiamo trovare su una spiaggia che sembra sperduta. Ma ogni esperienza è diversa e i campi di Swimtrekking si susseguono nel Mediterraneo, in Italia e in Grecia, sempre alla ricerca di una nuova meta (qui trovate le proposte per quest’estate).
Quindi ho deciso di chiedere direttamente a Francesco Cavaliere, che ha dato il via allo Swimtrekking e che con questa tecnica ha compiuto il periplo in solitaria di tutte le isole minori italiane e ha fondato l’Associazione Swimtrekking.

Come ti è venuta questa idea?
“A 13 anni sono andato in vacanza alle Eolie, a Panarea, sono sceso dall’aliscafo, mi sono guardato intorno e sono rimasto a bocca aperta, la luce, il mare, i vulcani, mi sembrava di essere in un libro di Jules Verne e quelle isole mi facevano pensare al Capitano Nemo. Ho conosciuto dei ragazzi scozzesi e con loro ogni giorno ci si trovava la mattina e si decideva dove andare a nuotare: a Cala Junco, dentro il cratere; poi toglievamo maschera e boccaglio, posavamo tutto sulle rocce, ci arrampicavamo su una falesia e facevamo 2 ore di tuffi. Quindi ripartivamo a nuoto e andavamo a prendere la granita e “a fare i fanghi” sul versante opposto, alle fumarole, dove ci coprivamo. A piedi scalzi tornavamo infine a casa.
Quando c’era calma piatta si faceva il giro di tutta l’isola (ce lo dicevano i pescatori quando si poteva fare). La sera prima mangiavamo grandi piatti di pasta e poi via per 8 km. Ci riposavamo un po’, facevamo qualche tuffo, passava qualche amico con il gommone e ci portava il tè.
Quest’avventura adolescenziale mi è rimasta dentro. Così un giorno, mentre stavo seduto su una barca che ero riuscito a comprarmi e guardavo il lago di Bracciano aspettando che si alzasse il ponente per andare a vela, a un certo punto vedo uno che passa nuotando e si traina una canoa, molto tranquillo. Ho pensato che se uno invece della canoa avesse una cosa più piccola potrebbe nuotare quanto vuole. Il giorno dopo ho preso la tavola da surf, un piccolo frigorifero che volevo montarci sopra e ho girato per tutti i negozi di tavole da surf di Roma finché ne ho trovato uno che mi ha assecondato. Abbiamo creato il barkino ed è nato tutto.”

Cosa vorresti che una persona si portasse a casa dopo un’esperienza di Swimtrekking?
“Non mi piace il modo in cui spesso viene vissuto mare, con la barca a vela e la musica a tutto volume. Vorrei che la gente lo vivesse come lo viviamo noi, che non significa solo nuotare, ma saper stare in silenzio, osservare, salvaguardare e anche restare in gruppo. Che tu stia facendo Swimtrekking o no. Non c’è sempre bisogno di essere in competizione. Il mare viene associato a un luogo dove far casino e questo mi dà fastidio. Il momento goliardico ci sta ma non deve essere la costante. Alla fine, il mare è un grandissimo spunto di meditazione, di introspezione, è difficile stare in mare e non avere dei bei pensieri. Stimola pensieri propositivi, tende a tirare fuori le belle cose. Non è che esci dal mare arrabbiato, esci soddisfatto quindi è sicuramente terapeutico.”

Non so se sia scientificamente terapeutico, ma so che l’ultimo giorno del campo per la prima volta stava per arrivare un brusco temporale. Nonostante l’inquietudine nel vedere le nubi nere gonfiarsi mentre eravamo soli su una piccola spiaggia di sabbia bianca, abbiamo seguito Francesco, senza fretta, senza (troppa) ansia. E il temporale è arrivato, ma noi eravamo già in un chioschetto a bere una birra, felici di esserci affidati all’esperienza, all’ascolto del mare. E lì ho scritto questo.
“Questo viaggio è stato importante. Mi ha presentato il mare. Ora riconosco nel suo sciabordio la voce di questo mondo che stiamo massacrando.
Tu ci avverti, onda dopo onda, sputando sulle spiagge la plastica che ti avvelena.
Io non sono nessuno, non so neppure come resisterti in un’onda, ma so che da oggi ti sento.”