In auto dal nord al sud della Sardegna

Redazione Lonely Planet
5 minuti di lettura

Da un capo all’altro dell’isola, toccando località esclusive, borghi montani e vestigia neolitiche: un itinerario che ha fatto innamorare Alexis Averbuck della Sardegna. Mettetevi alla guida e seguitelo tra le strade dell’isola, magari in autunno o in primavera, quando i turisti sono pochi e i colori della natura danno il loro meglio.

La strada da Alghero a Bosa © salva.tours/Shutterstock
La strada da Alghero a Bosa © salva.tours/Shutterstock
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La Sardegna ha tutto quello che mi attira quando visito un’isola: una ricca cultura locale, una storia antichissima (e, in questo caso, misteriosa), un territorio pieno di bellezze naturali e spiagge il cui ricordo sopravvive a lungo nella memoria. Amo le isole, ma sono arrivata tardi a scoprire quest’autentico gioiello. 

Dall’animata Olbia, sulla costa nord-orientale, ho attraversato l’isola due volte in tutta la sua lunghezza, zigzagando di meraviglia in meraviglia fino a Cagliari, all’estremo sud, con le sue eleganti architetture e una vivace vita culturale. Uno dei motivi per cui Olbia costituisce un buon punto di partenza per un road trip nell’isola è la sua vicinanza alla celeberrima Costa Smeralda. La strada segue promontori scanditi da magnifiche insenature lambite da acque turchesi. Soffermatevi sulla rena bianca, entrate in acqua e capirete che cosa attirava qui personaggi come l’Aga Khan e altri ricconi negli anni ’60. 

La spiaggia di sabbia rosa nell’isola di Budelli nell’Arcipelago della Maddalena © Stefano Zaccaria/Shutterstock
La spiaggia di sabbia rosa nell’isola di Budelli nell’Arcipelago della Maddalena © Stefano Zaccaria/Shutterstock

Nel punto in cui la strada piega attraverso la costa settentrionale, lascio il lusso delle ville affacciate sulla Costa Smeralda dirigendomi verso località più sobrie come Palau e Santa Teresa Gallura. Da Palau, con una breve traversata in traghetto raggiungo l’arcipelago della Maddalena. Qui non è difficile prendere una piccola imbarcazione e raggiungere una baia nascosta, ma io proseguo in auto lungo strette piste fino alla casa di Garibaldi, sulla minuscola Caprera. Mentre mi addentro fra i boschi dell’isola, i mufloni selvatici giocano a nascondino sugli speroni rocciosi e i cinghiali battono i boschi in cerca di cibo. 

Tornata ‘in terraferma’, Santa Teresa Gallura si presenta come una griglia color pastello di case per le vacanze, nei pressi dello scosceso Capo Testa, i cui facili sentieri permettono di esplorare le formazioni rocciose scolpite dai venti, mentre in basso le onde sferzano la costa. 

Ciuffi di lavanda avviluppano il ciglio della strada che da qui taglia verso l’interno, e attraverso i finestrini mi arrivano zaffate di timo selvatico. Supero insediamenti dell’Età del Bronzo e cammino tra imponenti nuraghi e le Tombe dei giganti, costruzioni funerarie collettive chiuse da stele di pietra. Ogni villaggio che incontro vanta una storia antica, oltre a un proprio artigianato e a piatti e tradizioni peculiari. In un viaggio precedente, attraversando questi altopiani con mia sorella, avevo visitato la casa di un’artista locale che ci aveva accompagnato nei luoghi in cui, insieme ad altre donne, lavora su enormi telai creando tappeti variopinti – rubino, nero, ocra e una miriade di altri colori. 

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Cala Goloritze, ad Orosei © iacomino FRiMAGES/Shutterstock
Cala Goloritze, ad Orosei © iacomino FRiMAGES/Shutterstock

Ripiego attraverso l’isola, superando profonde gole nella valle di Lanaittu, percorsa da sentieri escursionistici, fino a Cala Gonone e all’ampio litorale orlato da scogliere del golfo di Orosei. Qui potete raggiungere in barca lidi remoti, spalleggiati da ripide scarpate e formazioni scistose, inaccessibili dalla strada. Poi, tornati alla macchina, potete imboccare una delle strade più panoramiche e famose della Sardegna, la SS125, anche nota come Orientale Sarda. 

Questa spirale di asfalto a due corsie rasenta le scogliere regalando scorci di scintillante mare blu che si alternano a profonde voragini e gole. Mentre procedo lungo i tornanti, motociclisti giunti da ogni dove per percorrere questa statale mi superano a razzo. Faccio tappa in un locale, dove pare si fermino tutti, per tirare il fiato, bere un caffè e comprare una spilletta a testimonianza della mia impresa. È ora di tagliare nuovamente per l’interno verso il mitico massiccio del Gennargentu e la cittadina di Mamoiada, ricca di storia.

La Barbagia, la regione montuosa che occupa la parte centrale dell’isola, è un territorio aspro e roccioso, con valli nascoste fra montagne brulle avvolte dalle nebbie: un tempo ogni valle era dominio incontrastato di un singolo paese. Siamo in una terra segnata dalla miseria e da faide che si trascinano da secoli. A Orgosolo, i muri delle case sfoggiano vivaci murales che raccontano di vendette e lotte politiche e sociali del passato e del presente. 

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Raggiungo il piccolo ma interessante museo di Mamoiada, dedicato alla cultura e alle tradizioni locali, in particolare alle maschere del celebre carnevale in cui issohadores e mamuthones mettono in scena un rituale antico: i tratti grossolani e inquietanti delle maschere richiamano qualcosa che è insito nel paesaggio roccioso, un’oscuro presagio misto a forza d’animo. 

Una sera mi fermo in una locanda fra i monti, circondata da bassi arbusti e dal tintinnio dei campanacci delle capre, mentre cala la nebbia. La padrona di casa, contadina da generazioni, mi insegna a fare la fregula, una pasta tipica della cucina sarda. Sfreghiamo delicatamente l’impasto tra i polpastrelli fino a formare palline uniformi: sarà la nostra cena deliziosa insieme al formaggio preparato con il latte delle sue capre. Seduta al tavolo con suo marito, mentre lei ci serve, ‘conversiamo’ con i gesti e un po’ di italiano per superare gli ostacoli del sardo. La Sardegna ha una sua lingua con variazioni dialettali che tradiscono le invasioni subite (spagnoli, veneziani, genovesi), ma gli abitanti originari, i popoli dell’Età del Bronzo noti come civiltà nuragica, rimangono avvolti nel mistero a causa della mancanza di documenti scritti. 

Il Nuraghe Su Nuraxi, patrimonio Unesco ©dsokol66/Shutterstock
Il Nuraghe Su Nuraxi, patrimonio Unesco ©dsokol66/Shutterstock

Dai monti mi calo fino al Nuraghe Su Nuraxi, patrimonio Unesco, una torre di pietra scura cinta dalle rovine di un villaggio di capanne. I massi che formano questa struttura, databile al 1500 a.C., ricordano enormi molari neri, accatastati l’uno sull’altro per creare una possente fortezza che ha sfidato i millenni. 

Continuo a scendere attraverso campi e pascoli fino a una moderna statale: un brusco ritorno al XXI secolo dopo la mia fuga fuori dal tempo. Proseguo fino a Cagliari e al suo quartiere Castello cinto da mura, che domina il porto dalla cima di un colle. Salendo lungo i vicoli, mi fermo in un ristorante che serve piatti di ogni angolo di quest’isola così speciale. Una riflessione gastronomica sulla diversità e l’abbondanza della Sardegna. 

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