Avete mai ascoltato la voce di una pietra?
A una ventina di chilometri da Cagliari, nel paese-museo di San Sperate, c’è un agrumeto in cui le pietre cantano. È il Museo all’aperto Pinuccio Sciola, una gemma da non perdere se si passa in questa parte della Sardegna. Questo Giardino sonoro è stato fin dagli anni Sessanta il laboratorio a cielo aperto prediletto dallo "scultore-contadino" sardo, la cui visione artistica prende vita nei megaliti incisi con precisione che in alcuni casi, se accarezzati, producono suoni suggestivi e ancestrali. È questa la voce della pietra che crediamo muta, ma che le mani di Pinuccio Sciola hanno saputo liberare.

Nato a San Sperate in una famiglia di contadini nel 1942, Pinuccio Sciola, all’anagrafe Giuseppe, cresce coltivando la terra e dedicandosi alla scultura da autodidatta, nel tempo libero. Così dà vita alla sua Opera Prima, poi rinominata Pietrino, uno scolaretto scolpito nell’arenaria che ancora oggi accoglie i visitatori del Museo all’aperto Pinuccio Sciola. Nel 1959, quando Pinuccio ha solo 17 anni, alcuni amici rubano questa statua e la presentano a insaputa del suo autore alla prima Mostra d’arti figurative nel circolo de La Rinascente di Cagliari. La giuria resta impressionata dal talento naturale di quello sconosciuto scultore-contadino, la cui vita, da quel momento, prende tutt’altro corso.
Sciola studia, viaggia, conosce un pezzo di mondo e i suoi abitanti trovando ispirazione nelle personalità artistiche che incontra e negli eventi a cui assiste, tra cui le proteste giovanili del Sessantotto. Quando torna nella sua San Sperate, prima dipinge tutti i muri di bianco e poi li ricopre di murales, trasformando il borgo dalla forte vocazione agricola in un paese-museo e, di fatto, cambiando per sempre il suo probabile destino di spopolamento e oblio. Gli abitanti non hanno mai smesso di essergli grati e nel 2016, alla morte di Sciola, hanno restituito per un’ultima volta il bianco ai muri del paese coprendoli con dei lenzuoli.

Passeggiare nel Giardino sonoro di San Sperate, che sorge in quello che era l’agrumeto della famiglia Sciola, suscita una sorta di timore riverenziale. Chi è lì in visita già sa che molte di quelle massicce pietre sarde segnate da tagli profondi e precisi, alcune bruciate da una fiamma per risvegliarne la memoria lavica, sono silenziose e immobili solo all’apparenza: il giusto tocco può farle vibrare e cantare, rendendole sorprendentemente vive ed elastiche. Sciola ha scoperto questa affascinante dimensione che unisce arte, musica e natura agli inizi degli anni Novanta, e già nel 1996 le sue pietre sonore sono state suonate per la prima volta dal percussionista Pierre Favre al Festival Time in Jazz di Berchidda, in Sardegna. Ma che suono ha una pietra? Non si tratta certo di percuoterla: così sarebbe facile. Immaginate invece una ancestrale e imponente materia grezza che, sapientemente incisa, quando viene accarezzata o toccata con un’altra pietra produce toni armonici e vibranti. Le fenditure e la materia – basalto, calcare… - influenzano la voce della pietra sonora, rendendo ciascuna diversa dall’altra. Secondo alcuni il suono può ricordare le campane tibetane, altri pensano agli strumenti a percussione, altri ancora all’universo, allo spazio profondo, all’origine di qualcosa di antico e nascosto. Come ha detto un bambino durante una visita guidata: è un suono che sembra arrivare da mille anni fa. Rende l’idea, no?

Come visitare il Giardino sonoro vicino a Cagliari
È vietato toccare le opere d’arte del Museo all’aperto Pinuccio Sciola; quindi, il solo modo per sentire cantare le pietre sonore dell’amato artista sardo dal vivo è partecipare alle visite guidate su prenotazione, che permettono anche di conoscere la filosofia di Sciola e il suo percorso artistico. Vale la pena tenere d’occhio il calendario del museo per intercettare gli eventi speciali organizzati in questo luogo suggestivo, come le visite notturne. Oggi il messaggio artistico di Sciola, così come le sue opere, continuano a vivere grazie alla Fondazione Pinuccio Sciola: ideata dall’artista stesso nell’ultima fase della sua vita, è stata fondata ufficialmente dai figli Chiara, Tomaso e Maria nel luglio 2016, due mesi dopo la scomparsa del padre.
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