Sanremo oltre la canzone: 10 cose che non sai della Città dei Fiori

Dei sorrisi e delle canzoni si diceva una volta della Sanremo canora del Festival. La si credeva anche una dei luoghi con il clima migliore d’Italia. Ma oltre alle classiche riprese televisive dall’alto e le bellissime e iconiche immagini del Casinò Municipale, cosa sappiamo della vera città? Ecco un piccolo viaggio tra i segreti nascosti del suo passato e i nostri consigli su cosa vedere a Sanremo al di là del Festival.

la città di Sanremo vista dal mare
Sanremo e la sua riviera © Morozova Oxana
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Come Disneyland o la Baviera anche Sanremo ha un bel castello. Su corso Marconi, già corso Victor Hugo, visibile dalla splendida pista ciclabile ricavata dallo spostamento a monte della ferrovia, sorge il Castello di Menelik. La costruzione risale alla fine del 1800, opera del Comandante Alberto Persico dopo il suo congedo dalla Barbarigo, nave militare di appoggio durante il soggiorno a Sanremo del Principe ereditario tedesco Federico Guglielmo. Non si tratta quindi di un vero maniero medievale, ma fa comunque la sua scena e aggiunge molto mistero all’abitazione privata che è oggi.

Curiosità: veniva detto al tempo Castello di Menelik perché il Comandante, innamorato del sole rivierasco, aveva una passione così sfrenata per l’abbronzatura tanto da accostarlo al famoso Imperatore d’Etiopia! 

Spostandosi un po’ più in collina, su Corso degli Inglesi si trova un altro castello che è stato invece protagonista di un momento storico molto importante e contrariato. Infatti dentro le sale del Devachan (ovvero Porta del Paradiso), fra il 19 e il 26 aprile 1920 si svolse la conferenza del Supremo Consiglio di Guerra alleato. Qui le quattro potenze vincitrici, Gran Bretagna, Francia, Italia e Giappone, presero importanti decisioni in merito ai destini dei territori mediorientali. Il castello Devachan, ora frazionato in alloggi privati, fu messo a disposizione al tempo da un ricco uomo d’affari torinese. Tutto il mondo aveva gli occhi puntati su Sanremo. Quella conferenza è da considerarsi una pietra miliare per la futura costituzione dello Stato di Israele.

Ebbene, no. Il Santo Patrono non è Remo, come si potrebbe immaginare, ma Romolo. Un Vescovo genovese ritiratosi nel VII o VIII secolo tra le colline dove si trovava la comunità sanremese fuggita dopo le devastazioni dei barbari. Nella bauma (grotta in dialetto) dove visse al tempo, è stata ricavata una cappella dedicata al suo nome. San Romolo si festeggia il 13 ottobre (non si va a scuola!) e dà anche il nome a questa piccola frazione sulle alture, molto ambita dai sanremesi nel giorni pasquali o estivi, avendo un prato bellissimo sul quale giocare e fare molte attività in mezzo alla natura. Ne vale la pena una scampagnata, anche per i vari sport che vi si possono praticare, primo di tutti la mountain bike. Il comprensorio di sentieri è molto famoso per i biker non solo italiani, soprattutto la downhill “scogli rossi”, terreno scelto per testare i nuovi modelli di alcune case produttrici a livello mondiale.  

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facciata della cattedrale di san siro a sanremo
La cattedrale di San Siro a Sanremo © Marco Rubino

Ma il nome di Sanremo è legato stretto anche all’obelisco di piazza San Pietro in Vaticano. Stretto come una corda che stava per spezzarsi il giorno della sua messa in posa, nel 1586, ai tempi di papa Sisto V. Quel giorno a Roma erano pronti a sollevarlo ben 900 uomini e 44 cavalli. Per questo momento delicato e solenne il Papa ordinò al popolo silenzio assoluto, pena la condanna… a morte! L’obelisco cominciò a sollevarsi ma ben presto le corde iniziarono a sfilacciarsi mettendolo in serio rischio. In quel momento tra la folla irruppe un grido in dialetto: “Aiga a-e corde” (Acqua alle corde), ed era proprio la voce di Benedetto Bresca, un marinaio sanremasco in visita a Roma per il grande evento. Fu dunque ordinato immediatamente di irrorare le corde. L’obelisco si drizzò poggiandosi sulla base dove è ancora oggi. Bresca fu subito arrestato e messo a morte, ma poi fu incredibilmente graziato (e ringraziato) dal Papa stesso che, come ricompensa, gli diede l’onere e l’onore di fornire ogni anno il Vaticano con le foglie di palma della Riviera ligure in occasione della festa della domenica delle Palme. Alcuni dicono che questa storia sia solo una leggenda, ma è comunque interessante riportarla. Oggi piazza Bresca è il cuore della movida sanremese. Con i suoi aranci amari e la fontana a forma di obelisco che ricorda il fatto, è un piacere bervi l’aperitivo estate e inverno.

Se torniamo sul mare e continuiamo a percorrere la ciclabile, ma in direzione Imperia, troveremo sul nostro percorso la villa sontuosa del famoso Alfred Nobel, creatore del più importante riconoscimento letterario e scientifico del mondo. La villa ancora oggi è un trionfo di stile moresco e nel suo parco vengono celebrati addirittura matrimoni, è visitabile non solo come luogo storico ma anche come centro culturale. Nobel visse a Sanremo come molti stranieri alla fine del 1800 dove poté installare un laboratorio per il perfezionamento delle sue invenzioni. Dopo aver ideato la dinamite qui si trasferì dedicandosi allo studio delle fibre artificiali, razzi, nuove polveri da sparo, etc. Chi l’avrebbe mai detto che il suo nome avrebbe premiato la menti più esplosive di tutti i tempi? Ne vale la pena entrare a dare un’occhiata, magari ci scappa l’ispirazione per un nuovo romanzo.

Non c’è da stupirsi come oggi, ma come ai tempi, Sanremo volasse alta. Infatti non tutti sanno che era possibile raggiungerla da Genova, e da essa ripartire per la Costa Azzurra, con un idrovolante! Non si parla di ieri ma dei primi decenni d’inizio del secolo scorso. Però ancora oggi nei pressi delle barche ormeggiate davanti al forte di Santa Tecla (prima carcere genovese e oggi splendido centro congressi e mostre) si possono vedere gli scivoli di pietra sui quali i mezzi volanti arrivavano a destinazione. Che invidia per la gente del 1930, vero? 

strada in salita nel centro storico di sanremo
Tra i caruggi di Sanremo © Simona Sirio
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La vera prima origine di Sanremo non si conosce con certezza: ligure... o romana? Si pensa che il nome originale sua stato Matutia. Per cercare testimonianze dei suoi primi abitanti possiamo affacciarci nella zona detta Foce su uno scavo a cielo aperto risalente al I secolo dopo Cristo. I resti della villa romana che troverete, probabilmente una residenza privata, hanno ancora parte di un impianto termale. All’inizio della campagna di scavi nel 1925 venne demolita la casa rurale che vi si trovò costruita sopra e furono portati in luce una serie di altri vani classificandola come una delle grandi residenze extra-urbane, dislocate in prossimità del mare. Al momento sono visibili dodici ambienti e in alcuni si conservano vari elementi dell’impianto di riscaldamento. Quello che non vedrete in sito lo troverete nello splendido Museo Civico in centro città. 

Rimanendo in zona e risalendo la piccola strada che dal mare porta alla via Aurelia, si trova il piccolo cimitero monumentale. Una perla intrisa di poesia, come una lirica del Cardarelli. Vale la pena fare una visita per alcune architetture uniche delle tombe più antiche, ma anche per stupirsi dei suoi ospiti più illustri. Al suo interno infatti sono tumulati personaggi del calibro mondiale come il pittore e scrittore di limerik Edward Lear, l’anatomista A.H. Hassall, la dama di corte della Regina Vittoria Lady Caroline Giffard Phillipson, nobili e aristocratici prussiani e russi, e molti altri persino dal Nord America e dall’Australia.

Quando si farà sera e non avrete più voglia di girare, magari vi verrà voglia di riposarvi davanti a un bel film. I cinema nella città matuziana non mancano, come il celebre Ariston che ospita ogni anno la gara canora più famosa d’Italia. Ma se siete in cerca di meraviglie da vedere non solo sullo schermo, il vecchio cinema Centrale vi farà girare la testa. Nella metà esatta della centralissima e pedonale via Matteotti il teatro è un edificio che venne realizzato nel 1925. Dall’esterno non vi dirà nulla, ma aspettate di sedervi nella sala grande e… alzare la testa. Le decorazioni della cupola, tipiche dei vecchi teatri settecenteschi, fanno del soffitto un affresco mozzafiato, impreziosito delle raffinate decorazioni realizzate da Galileo Chini.

Ma non è finita qui, non tutti sanno che la cupola una volta, nelle serate estive più belle, tramite un sistema di pulegge, poteva essere aperta! Vi immaginate che doppio spettacolo? Anche il grande scrittore Italo Calvino, cresciuto proprio a Sanremo per i suoi primi vent’anni, racconta di questo cinema e della cupola spettacolare. Lo fa nel celebre memoir La strada di San Giovanni dove racconta il suo marinare la scuola per rifugiarsi nei film western. Pensate che era capace di restare lì dentro anche l’intera giornata, dal mattino alla sera, dato che una volta i cinema avevano una programmazione a tutto giorno. Oggi i vecchi ingressi laterali del teatro con le decorazioni degli anni 30 sono ancora visibili negli interni di quelli che oggi sono i negozi all’ultima moda adiacenti all’ingresso del cinema, mentre una volta faceva parte tutto dello stesso complesso. La modernità si affianca alla storia. Mentre provate un bel vestito da portarvi a casa noterete il pavimento originale a mosaico e le pareti ancora dipinte. Che classe!

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Non chiamatela pizza, è la sardinara! ©Lorenzo Pompei
Non chiamatela pizza, è la sardinara! ©Lorenzo Pompei

Dopo tutto questo peregrinare però, è ovvio che la fame si farà sentire. Ed ecco che Sanremo vi stuzzicherà con i suoi segreti culinari da vecchio borgo marinaro. Oltre alle più ovvie tipicità liguri, se volete provare la vera esperienza gustativa, semplice ma ricca come i pescatori di una volta, recatevi in un qualsiasi bar o in uno delle più storiche taverne e chiedete un pezzo di sardinara, o se volete chiamarla alla sanremasca: sardenaira. Un po’ come a Genova per la focaccia, questo è lo street food per eccellenza e per tutte le ore. Nata intorno al 1500 dopo la scoperta dell’America, si tratta di una ricetta molto semplice: un velo di pomodoro su una pasta lievitata, olive rigorosamente taggiasche, spicchi d’aglio crudo, capperi e acciughe sottolio e poi via in forno, da mangiare bella croccante e calda. Non esiste tuttora nel dialetto del ponente ligure una distinzione tra acciughe e sardine ecco che il nome “sardinara” deriva proprio dal piccolo salato e gustoso pesce. Pasto frugale e veloce dei lavoratori del porto vecchio di una volta, ancora oggi ogni mamma, zia o nonna della città avrà il suo segreto per farla gustare a tavola. Una raccomandazione per la vostra incolumità però, attenzione, non chiamatela per nessun motivo pizza. I sanremaschi potrebbero prendersela davvero molto. 

Insomma, ce n’è per tutti i gusti, non solo canzonette.

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