Alassio, di là dal mare e tra gli alberi
C’è uno spirito leggero che aleggia per Alassio, una delle perle della Riviera di Ponente, in Liguria. Forse proviene dalle piastrelle del celebre Muretto, ognuna firmata da un personaggio noto o meno noto che questa cittadina ha amato e frequentato. Ma si respira ancora in alcuni suoi caffè, in certi alloggi e alberghi che raccontano di un passato splendente che passato in realtà non è, perché Alassio ancora riluce di quella verve che dall’inizio del ‘900 ne ha fatto una delle mete più raffinate della costa ligure.

Il Muretto si trova di fronte alla stazione dei treni. Dà il benvenuto al visitatore con decine di piastrelle colorate sulle quali stanno scritte frasi, canzoni, citazioni, ma più spesso semplicemente gli autografi dei personaggi famosi che hanno amato la cittadina. E fa un certo effetto essere accolti da tale moltitudine. Per certi versi mette quasi soggezione. Come varcare la hall di un grande albergo o trovarsi nel foyer di un teatro alla première.
Quella del Muretto fu un’idea di Mario Berrino, artista alassino amico di Hemingway (sua, si dice, la prima piastrella) e animatore della vita culturale del centro fra anni ’50 e ’60. Se la prima piastrella è quella dedicata a Hemingway, forse è questo lo spirito forte e impetuoso che si sente arrivando in città.
Viene da chiedersi cosa avrebbe fatto lui, lo scrittore-uomo d’azione in questa cittadina oggi nota soprattutto per le sue quiete spiagge puntellate di ombrelloni. È probabile che la vita da spiaggia non facesse per il cantore delle corride, dei safari, delle battute di pesca d’altura, degli amori, delle sbornie e dei racconti di guerra.

Oggi è la figlia di Mario Berrino a condurre la Galleria d’Arte che, assieme a quelle di altri, espone e vende le opere del padre. Si trova a due passi dal Muretto. La signora Angela racconta che Hemingway andava spesso al Caffè Roma, lì di fianco, e si può immaginare che passasse in rassegna le varietà di gin dietro il bancone. Il caffè esiste ancora, ma forse l’eredità da luogo di bevute l’hanno raccolta i tanti locali del Lungomare.
All’inizio di Passeggiata Arturo Graf ce n’è uno che potrebbe essere la versione moderna di un bar frequentato dallo scrittore, con grandi vetrate sul mare per quando c’è burrasca e tavolini all’aperto per quando la costa è baciata dal sole. Da qui passeggiando verso nord la strada si stringe fra la rena e le case. Superato il maestoso Grand Hotel sulla sinistra, le onde del mare diventano una colonna sonora. In fondo si profila il Torrione della Coscia che frange i marosi come il bulbo di una nave. In fondo, sull’orizzonte, l’Isola Gallinara esercita un richiamo misterioso e incontrollabile.

Passata l’epoca delle battute di pesca d’altura e delle battaglie infinite con i pesci spada, il viaggiatore hemingwayano può andare comunque a caccia di fotografie. Si imbraca al porto di Alassio su un grosso motoscafo e si fa portare dal comandante al largo. Raggiunge l’isola e si immerge con maschera e pinne in una fauna varia e abbondante, oppure si fa condurre fino al santuario dei cetacei, per fare incontri ravvicinati con balene e delfini che sono ben più emozionanti del brivido della cattura. Al rientro, con i piedi ancora umidi dal bagno, può fermarsi sul molo dei pescatori e mangiare pesce a miglio zero in una delle baracche per le lenze, le nasse e le traine ristrutturate per accogliere i golosi, permeate di un odore di pesce fresco e vino, basilico e salicornia. Profumo di Liguria.

Iscriviti alla nostra newsletter! Per te ogni settimana consigli di viaggio, offerte speciali, storie dal mondo e il 30% di sconto sul tuo primo ordine.
Turista esploratore della Liguria fra il 1922 e il 1954, Hemingway sembra in questa veste ricalcare la figura del viaggiatore appassionato e curioso, quello che cerca lo spirito dei luoghi oltre la copertina delle sue attrattive più celebri. Il viaggiatore e la viaggiatrice sono individui di azione e di pensiero e quindi potranno spingersi in bicicletta sulle montagne subito ripide alle spalle di Alassio per andare alla ricerca della Via Iulia Augusta, la strada romana che collegava i centri liguri e che ancora per un buon tratto emerge in modo emozionante dalla macchia mediterranea. Oppure potranno lasciarsi alle spalle l’edonistica pigrizia delle spiagge per muovere - direttamente dalla costa - verso i sentieri ripidi e impervi dell’entroterra, stretti camminamenti fra piante odorose e fruscii di caprioli e conigli selvatici, raggiungendo così una connessione con la natura originata dalla fatica e dall’immersione in un paesaggio che ancora mantiene caratteristiche incontaminate e perfette, e che dall’alto si ammira e si legge come da una carta geografica.

Ad attirare verso i colli alle spalle di Alassio però non c’è solo questo richiamo della natura, ma anche quello della villeggiatura d’antan che, come spesso accade, fu una stagione inaugurata prima dagli stranieri che dagli italiani. Furono gli inglesi, infatti, a consacrare Alassio come meta di villeggiatura e relax. Non si fatica ad immaginare l’autore di Verdi colline d’Africa sorseggiare l’ennesimo Gin and tonic ai tavolini, fermi nel tempo, della club house del Circolo del Tennis Hanbury. Non ci sono notizie certe di una sua visita qui, ma ce lo si può facilmente figurare seduto in penombra, mentre sembra assorto in qualche storia da scrivere e magari invece si è perdutamente innamorato di una giovane tennista e la osserva giocare sulla terra rossa. Rispetto ai tempi delle sue visite in città, a essere soprattutto cambiata è una delle principali attrazioni del territorio alassino: Villa della Pergola.

Legata anch’essa alla famiglia Hanbury, la villa è rimasta chiusa e in stato di abbandono per anni, preservando un vasto appezzamento di paesaggio dalla speculazione edilizia. E così oggi il visitatore, oltre a soggiornare in un lussuoso resort allestito al suo interno, o concedersi una cena stellata, può venire ad ammirare un pezzo di territorio alassino così com’era con molta probabilità ai tempi dello scrittore di cui segue le tracce. Villa della Pergola vi colpirà con la cupola maiolicata, le architetture eclettiche e i giardini complessi come labirinti, accarezzati dalla brezza che giunge dal mare nel tardo pomeriggio. Hemingway comunque non avrebbe potuto dormire qui, a meno di un invito da parte degli Hanbury. Probabilmente sarebbe sceso al Grand Hotel, o forse sarebbe stato ospite di qualcuno degli artisti e intellettuali della cittadina, che in virtù di un fermento culturale oggi ancora vivo, ospita numerose gallerie d’arte, biblioteche e cenacoli culturali: luoghi che probabilmente il nostro scrittore avrebbe frequentato, magari controvoglia, camuffando la noia negli sbuffi del suo sigaro.

Vivere una o due giornate così ad Alassio potrebbe far sbocciare la vena letteraria di qualche viaggiatore curioso che vuole andare oltre la superficie vacanziera di lettini e ombrelloni. Certo non dovrebbe farsi scappare l’occasione di andare anche in spiaggia e mascherare il relax della sdraio con una profonda riflessione sulla natura umana stimolata dal suono ritmico del mare. Ancora, non dovrebbe scordarsi di passare del tempo nello struscio incessante del budello, alla ricerca - ci mancherebbe - di caratteri e personaggi da annotare nel proprio taccuino. Come avrebbe fatto forse lo scrittore.
Oppure, invece, lui sarebbe a un certo punto scappato da cenacoli e vita mondana, per fuggire con la bella tennista in una delle trattorie fuori dal centro, coi tavoli pesanti e gli smalti alle pareti, per ridere dei modi burberi e scherzosi dell’oste ligure, mentre lei affonda gli occhi sorridenti in un’enorme terrina di pansotti al pesto e lui dà fondo a un litro di bianco secco.