Instagram ci ha tolto il piacere del viaggio?

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Se non è su Instagram, allora non esiste. Potrebbe essere la versione social del celebre quesito filosofico del rumore di un albero che cade in una foresta. Se non l'avete instagrammato, potete davvero essere sicuri di esserci stati? Ma soprattutto: giù le mani dalla Torre di Pisa. 

Parigi, stando a Instagram, si riduce a poco più dei dintorni della Tour Eiffel ©Portra/Getty Images
Parigi, stando a Instagram, si riduce a poco più dei dintorni della Tour Eiffel ©Portra/Getty Images
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È ufficiale, Instagram ha ristretto geograficamente il mondo filtrandolo attraverso i cliché e lo sguardo degli influencer. Ha sottratto al viaggio quell'elemento di scoperta, anticipazione, programmazione con una buona dose di imprevedibilità, che lo rende autentico. Ha delegato allo schermo di un device la rappresentazione di come, invece, dovrebbe svolgersi secondo le masse. La statistica ci insegna che ci possiamo fidare dei grandi numeri: se tutti vogliono andare a Venezia a fotografare le gondole, dovremmo volerci andare anche noi e fotografarle anche noi queste benedette gondole, senza necessariamente salirci sopra. Possiamo fare finta di esserci saliti, al massimo, barando un po' nello status.

Giù le mani dalla Torre di Pisa ©D.Bond/Shutterstock
Giù le mani dalla Torre di Pisa ©D.Bond/Shutterstock

L'ossessione dello scatto iconico sta intasando globalmente il feed di cartoline da un altrove sempre più prevedibile, riducendo il viaggio a un'esperienza digitalmente stereotipata. Contemporaneamente Instagram Stories pretende di farci vivere la vacanza di un altro, quindici secondi alla volta. Come se non bastasse, l’instagrammabilità di un luogo sta diventando un fattore cruciale nella scelta di una meta, perlomeno per i Millennial. (La ricerca è stata condotta dalla compagnia di assicurazioni Schofields Insurance su un migliaio di ragazzi britannici). Il tema solleva una questione interessante: la sola estetica di un luogo può essere il motivo che ci spinge a visitarlo? La prospettiva di un bello scatto vale da sola l'intero viaggio? Perché siamo tutti, globalmente, compulsati ad andare nello stesso posto per fare la stessa foto?

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Instravel - A Photogenic Mass Tourism Experience from Oliver KMIA on Vimeo.

Il videomaker Oliver Kmia ha catturato nel suo video Instravel - A Photogenic Mass Tourism Experience l'effetto replica di alcuni scatti di viaggio diventati iconici: il passaporto tenuto in mano, lo scatto di coppia in stile #followmeto dove lei dà le spalle a lui, portandolo metaforicamente in giro per il mondo; gli scatti del Colosseo (è il monumento più instagrammato al mondo), tenere la torre di Pisa perché non cada, sedersi sulla riga di mezzeria della Route 66 o sul bordo dell'Horseshoe Bend sul Grand Canyon. L'Empire visto dal Top of the Rock, un selfie fatto col bastone davanti alla Fontana di Trevi. Scatti che abbiamo già visto, rivisto, stravisto. Allora perché ci ossessioniamo a farli? Perché anche noi vogliamo piantare la nostra bandierina sulla Luna e mostrare al mondo le prove.

Sul bordo dell'Horseshoe Bend, Grand Canyon  ©Matt Munro/Lonely Planet
Sul bordo dell'Horseshoe Bend, Grand Canyon ©Matt Munro/Lonely Planet
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Il pesce puzza sempre dal geotag. Machu Picchu, il luogo più fotografato del mondo, non lascia scampo alla composizione della foto: i selfie con dietro le rovine sovrastate dal picco invadono il feed. Parigi, che da anni si contende con Londra lo scettro della città più fotografata d'Europa (nel mondo è New York), stando a Instagram si riduce a poco più dei dintorni della Tour Eiffel. 

Di contro abbiamo a nostra disposizione sempre più photo opportunity create apposta per strapparci uno scatto: in tutto il mondo sono centinaia i murales di Colette Miller dove farsi un selfie con le ali. Uno dei più recenti è sui vetri del Burj Khalifa, a Dubai. Nel caso, non dimenticate l'hashtag #globalangelwingsproject.

Il Colosseo è il monumento più instagrammato del mondo ©WineDonuts/Shutterstock
Il Colosseo è il monumento più instagrammato del mondo ©WineDonuts/Shutterstock

Al Museum of Icecream di San Francisco, potete tuffarvi in una piscina di zuccherini colorati per dare sfogo ai vostri più inconfessabili desideri d'infanzia (senza dimenticare di selfarvi). Una delle stanze più fotografate del Museum of Sex di New York è quella allestita con giganteschi seni stilizzati: un ambiente onirico, desessualizzato, socialmente presentabile. Scatenatevi!

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Ovunque voi siate, un tramonto in time lapse è un modo (social) di esplorare nuovi orizzonti ©Zwilling330/Getty Images
Ovunque voi siate, un tramonto in time lapse è un modo (social) di esplorare nuovi orizzonti ©Zwilling330/Getty Images

Qualche meta Instagram-ready di grande impatto visivo non ancora presa d'assalto dal turismo social di massa? La Muralla Roja a Calpe, in Spagna, un condominio visionario dai contorni vagamente escheriani: sembra un livello di Monument Valley e potete anche dormirci dentro, affittando un appartamento su AirBnb. La Lego House in Danimarca, interamente ispirata ai celebri mattoncini. I funghi giganti appesi al soffitto della Fondazione Prada di Milano (l'opera Upside Down Mushroom Room di Carsten Holler): potete pubblicare la foto al contrario creando un interessante effetto prospettico. La cascata segnatempo della stazione di Osaka, un meme in tre dimensioni. La metropolitana di Stoccolma, l'opera d'arte più lunga del mondo: le sue stazioni sono nobilitate dal lavoro di più di 150 artisti: una delle più iconiche è la grotta con l'arcobaleno dentro la stazione Stadion, sulla linea verde, che commemora le Olimpiadi a Stoccolma del 1912. La spiaggia bicolore della Riserva Naturale delle Cesine, in provincia di Lecce, sulla sponda adriatica salentina: la risacca sul bagnasciuga crea arabeschi bicolori che sembrano fatti con Boomerang. Ovunque voi siate, un tramonto in time lapse: è una funzione integrata in quasi tutti gli smartphone di ultima generazione. Un modo (social) come un altro di esplorare nuovi orizzonti.

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