A Butrinto, in Albania, si viaggia (anche) nel tempo
Un bosco fitto e quieto e, nel mezzo, scorci di architetture antiche. Sono le tracce del passaggio delle numerose civiltà che dal VIII secolo a.C. in poi si sono avvicendate in questo spicchio di costa a sud dell’Albania. È un vero e proprio viaggio nel tempo quello che si assapora esplorando il sito archeologico del Parco nazionale di Butrinto, poco meno di cento chilometri quadrati di natura rigogliosa, zone umide e reperti del passato.

Tra la laguna e il mare
Il fascino del luogo si deve anche alla sua particolare conformazione geografica e al paesaggio, un insolito accostamento di macchia mediterranea e ambiente lagunare. In questo tratto meridionale dell’Albania, poco distante dal confine con la Grecia, la costa crea infatti un’insenatura profonda che assomiglia a un lago interno. È il lago di Butrinto, appunto, ed è collegato al mar Ionio tramite il canale di Vivari. Proprio lungo il corso di questo quieto canale c’è una piccola penisola, verde e tondeggiante, interamente occupata dal Parco archeologico di Butrinto, patrimonio Unesco dal 1992. Ci si può entrare soltanto a piedi: per girarla interamente, calpestando i resti delle antiche civiltà che qui hanno prosperato, servono almeno un paio d’ore.
Una tappa del viaggio di Enea
L’insediamento pare essere nato con l’arrivo di una colonia di greci da Corfù, isola che dista circa sette chilometri in linea d’aria. Secondo la mitologia classica, però, a fondare la città conosciuta anticamente come Buthrotum sarebbero stati gli esuli scappati da Troia dopo la sua caduta ed è sempre il poeta Virgilio a ricordare che Enea visitò Butrinto nel corso del suo viaggio verso l’Italia. Quando nel II secolo a.C. i Romani impongono qui il loro dominio, l’insediamento ha già raggiunto una certa prosperità: ci sono un’acropoli circondata da mura, un porto molto attivo e anche un tempio dedicato al dio della medicina Asclepio che attira da tutti i Balcani visitatori desiderosi di una guarigione. Sotto i romani, e in particolare sotto il regno di Augusto, Butrinto – che diventa Colonia Augusta Buthrotum – continua a svilupparsi e così sarà fino all’epoca bizantina.

A spasso tra architetture antiche e natura
Di questi primi, intensi secoli rimangono ancora oggi evidenti tracce nel sito archeologico. I visitatori, seguendo il percorso segnalato, attraversano ciò che resta del santuario dedicato ad Asclepio, del teatro antico adattato in stile romano, delle porte di epoca ellenistica. Ma la storia di Butrinto non finisce con l’Impero Romano. La città è stata una residenza episcopale nel V secolo, poi è stata acquisita dai veneziani, ceduta a Napoleone, infine ripresa da Ali Pasha all’inizio dell’Ottocento. Per questo passeggiando nel sito archeologico, che è stato riportato alla luce da alcuni archeologi a partire dal 1927, accanto all’agorà e alle ville romane non bisogna stupirsi avvistando i resti di una grande basilica paleocristiana o una torre veneziana.

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Se questo stratificato concertato di storia europea non dovesse bastare a rendere Butrinto una tappa imperdibile, il resto lo fa l’atmosfera del sito archeologico: il cinguettio incessante degli uccelli (ne sono state identificate 246 diverse specie), le quiete acque della laguna pescosa e i sentieri che si addentrano nella vegetazione, che è composta anche da alcune specie rare o in via di estinzione. I dintorni non sono da meno: a una ventina di chilometri da Butrinto c’è la città di Saranda, meta di punta per chi sogna una vacanza al mare tra spiagge bianche e acque cristalline.
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Come e quando visitare Butrinto
Vale la pena organizzare la visita al sito archeologico di Butrinto in bassa stagione o, se non è possibile, negli orari meno frequentati, come le prime ore del mattino, così da evitare la folla. L’ingresso è a pagamento ed è consentito dalle 8 al tramonto. Il percorso pedonale per i visitatori termina al castello veneziano: ricostruito nel 1930, al suo interno si trova un museo che espone una serie di statue e manufatti rinvenuti nella zona. Qui c’è anche un punto ristoro, mentre lungo i sentieri del Parco archeologico non ci sono fontane di acqua potabile: meglio dunque munirsi di borraccia.