Venezia tra lockdown e canali

Immaginare Venezia vuota era, fino a pochi mesi fa, un esercizio di estrema fantasia. Del resto l’inaspettata pandemia causata da COVID-19 ha avuto molto in comune con un film di fantascienza e, svuotando le strade di tutte le città italiane, ha anche messo in pausa Venezia. Il nostro autore Piero Pasini, nato e cresciuto in città, ci ha raccontato come è stato vivere qui durante il coronavirus e ci ha portato con un video tra i canali nel silenzio interrotto soltanto dal rumore delle vogate e da qualche canto inaspettato.

Tra i canali di Venezia con Piero, autore Lonely Planet
Tra i canali di Venezia con Piero, autore Lonely Planet
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Come è stato vivere il lockdown a Venezia?

Lo shock di trovare una città, normalmente sovraffollata, improvvisamente vuota è stato straniante. Gli spazi architettonici e l’arte, riflessi su superfici d’acqua totalmente immobili che sono diventate specchi giganteschi, si può pensare siano stati il dato più emozionante, ma la realtà è che situazioni simili non si verificano difficilmente. Al mattino presto d’estate per esempio. Questo vuoto e questa solitudine avevano qualcosa in più, però. Per certi versi non era difficile immaginare di essere in uno scenario post apocalittico, oppure in quello che per molti potrebbe essere un sogno, come passeggiare per Efeso, ma in una Efeso perfettamente intatta.

La cosa emersa in modo più evidente, ma si sapeva, è quanto la città sia sottopopolata e di fatto abbandonata. Anche nei primi giorni di lockdown, quando alle 18 tutti cantavano alle finestre, a Venezia regnava un silenzio tombale, almeno nella mia zona, e molte finestre erano sbarrate a proteggere case vuote. Forse è anche per questo, per una retrocessione improvvisa e drastica dell’elemento antropico, oltre al fatto che Venezia è gettata al centro di una grandissima laguna, che in poco tempo, come e più di altrove, la natura ha ripreso i suoi spazi e gli uccelli marini si sono messi a nidificare sui monumenti e nei pontili. 

Il vero modo di vedere Venezia è in barca.
Il vero modo di vedere Venezia è in barca.

Cosa sta cambiando ora?

Qualcosa si rimette in moto. A partire dalla fase 2 si sta vedendo qualche visitatore, per lo più gitanti di giornata dalle città della terraferma, qualche negozio riapre, i bar e i ristoranti pure. Ma la gran parte degli esercizi è troppo legata al turismo di massa e al turismo straniero, sia per ciò che propone sia per il volume di affari che pretende di avere. Sta diventando chiaro che sono stati fatti degli errori a pensare che sarebbe sempre stato periodo di vacche grasse, senza considerare che un giorno avremmo potuto essere costretti a ‘stare tra noi veneziani’. In diversi casi sembra che qualcosa si sia rotto, come ci fosse un’incompatibilità - non solo commerciale, quasi emotiva - fra domanda e offerta.

Quello che sta succedendo, però, è che la città, di solito vessata da ‘turni’ di turismo incessanti, sta ritrovando alcuni ritmi perduti e, sebbene con difficoltà, perché decimata nella sua popolazione, un senso di comunità.

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Sotto il Ponte di Rialto, senza turisti
Sotto il Ponte di Rialto, senza turisti

Qual è la differenza principale tra scoprire Venezia a piedi o in barca?

Quella in barca è quella vera. Fino alla fine del Settecento le porte principali delle case, si nota anche dalla decorazione, erano quelle sul canale. In effetti Venezia si affaccia sull’acqua e, a voler essere provocatori, quando si cammina se ne vede soltanto il retro.

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Se dovessi scegliere uno scorcio su tutti, quale sarebbe?

Il campo di San Piero di Castello, ancora in erba come erano in passato molti campi, soprattutto periferici. Oppure Largo marinai d’Italia, una delle parti più ‘moderne’ della città, ovvero ottocentesca, che si apre sulla laguna sud prendendo tutta la luce dell’Adriatico. Forse, su tutto, l’intera isola della Giudecca, che è una sorta di ‘bonus track’ di Venezia, con le sue ville, le case popolari basse e i cantieri navali. 

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