Tutte le forme dell’acqua: cosa fare e vedere in Val Formazza

La Val Formazza è un cuneo di Piemonte infilato nella Svizzera. Qui le montagne non son solo mura che abbracciano e difendono, ma sono le vie di passaggio tra i mondi, quello elvetico e quello italico, che nella cultura walser hanno trovato il loro punto d’incontro. Sono montagne fatte d’acqua, dove la forza di questo elemento ha corroso la roccia dando vita ai canyon, ha reso possibili immagini indimenticabili come le cascate del Toce, ha dato lavoro gli abitanti grazie all’industria idroelettrica e oggi coccola i turisti nel tepore delle terme di Premia. Se ci andrete in estate vi sorprenderà con le fioriture e i sentieri, se la raggiungerete d’inverno potrete dedicarvi allo sci di fondo e in tutti i casi farete importanti esperienze enogastronomiche.  Ecco cosa fare e vedere a Riale e dintorni.

I torrenti tra gli orridi di Uriezzo ©Cristian Puscasu
I torrenti tra gli orridi di Uriezzo ©Cristian Puscasu
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La val Formazza non è un posto facile: non è facile viverci, con i servizi che si fermano più a valle, nei dintorni di Domodossola e non è di passaggio per i turisti, che qui non trovano i grandi impianti da sci. Eppure ci si sente accolti subito, dai suoi prati che si aprono in un tripudio di fiori in estate, e dai suoi abitanti, mossi da una voglia nuova di farsi conoscere da chi sa apprezzare il bello di questi luoghi.

Ecco perché le storie di Gianluca Barp e di suo cognato Matteo Sormani sono particolarmente significative. Perché raccontano di come questi posti estremi non siano congelati nel loro passato, ma anzi vivi e in continuo cambiamento.

Riale in inverno, circondata da mura di roccia e acqua © Giulia Grimaldi/Lonely Planet Italia
Riale in inverno, circondata da mura di roccia e acqua © Giulia Grimaldi/Lonely Planet Italia

Mangiare a un passo dalle stelle

Siamo a Riale, a 1800 metri di quota. Proprio qui i walser hanno costruito uno dei loro primi insediamenti, fatto di pittoresche casette di legno pensate per ridurre al minimo la dispersione termica, vissute attorno al fornetto in pietra che tuttora le scalda di un calore soffice: l’accompagnamento perfetto per un vino ossolano e una fetta di Bettelmatt, il formaggio principe di questi alpeggi.

Qui la famiglia Sormani è di casa e, proprio ai piedi della diga di Morasco, Matteo e la sorella Francesca hanno deciso di recuperare la tradizione di famiglia e rimettere in piedi l’hotel che negli anni 30 fu spazzato via da una valanga. A Riale non era rimasto nulla, ma invece di aprire un classico rifugio, hanno scelto di puntare su una struttura elegante, la Walser Schtuba, dove si serve cibo di alta qualità e che è diventato il fulcro della ristorazione della zona. E se la selvaggina a chilometro zero o il risotto al pino mugo vi faranno vivere un’esperienza gourmet ad alta quota, le vere star del menu sono i panificati, fatti con lievito madre e acqua purissima. Provate il panettone, nato in spirito montano per sfruttare al massimo i mesi in cui la montagna va in letargo. Sarà l’ispirazione del luogo, ma è soffice come la neve, però caldo e profumato: un evergreen che va ben oltre il Natale.

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La chiesetta caratteristica di Riale © Giulia Grimaldi/Lonely Planet Italia
La chiesetta caratteristica di Riale © Giulia Grimaldi/Lonely Planet Italia

La pista di fondo che ha sempre la neve

Ma non sarete venuti fino alla fine del Piemonte per stare a tavola tutto il giorno? Qui entra in gioco Gianluca Barp, che ha scelto Riale per Francesca (sì, abituatevi a storie d’amore e famiglia che si intrecciano, l’alta valle è fatta così). Camicia a quadretti e il telefono sempre a portata di mano, Gianluca gestisce gli impianti di fondo. E detto così non ci sarebbe nulla di speciale. Ma conoscendolo capirete presto che non è un personaggio che si accontenta: a Riale il clima e l’esposizione a nord fanno sì che la neve arrivi presto e, grazie a qualche “trucco”, resista per tutta l’estate. Si chiama snowfarming, e fa si che l’impianto di Riale sia il primo in Europa ad aprire la stagione. Nel 2022 è riuscito a stendere 8.000 metri cubi di neve il 28 ottobre, creando 2,5 km di pista ricercatissima per gli allenamenti delle squadre di fondo di tutto il continente.

Gianluca Barp con la "sua" neve ©Gianluca Barp
Gianluca Barp con la "sua" neve ©Gianluca Barp
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Lo snowfarming è una tecnica che lotta contro il riscaldamento climatico e che permette di mantenere attività montane tradizionalmente legate alla neve. È un procedimento relativamente semplice, che però richiede un lavoro lungo e faticoso. In aprile si produce un grande accumulo di neve artificiale. L’ammasso viene protetto con teli geotermici realizzati con fibre di alluminio, intervallati da strati isolanti di ovatta. I teli vengono legati uno all’altro con un sistema di velcri e cuciture a filo. A impedire ai raggi UVA penetrare contribuisce anche la loro azione riflettente. In autunno si scoperchia il cumulo e si stende sulla pista.

I cannoni sparaneve in funzione di notte © Giulia Grimaldi/Lonely Planet Italia
I cannoni sparaneve in funzione di notte © Giulia Grimaldi/Lonely Planet Italia

Ma la stagione torrida allunga le sue mani riscaldate fino all’inizio dell’inverno, mettendo a rischio tutto il lavoro precedente, per cui a inizio inverno, quando l’asticella del termometro scende sotto zero, appena cala la notte Gianluca va a far partire i cannoni. L’obiettivo è farli partire quando il clima è in sintonia con la tecnologia, così da creare la magia giusta perché questi grossi tubi rombanti nella notte sputino la neve e non si blocchino. Altrimenti ci si deve immergere nel pozzetto, sistemare i tubi, uscire bagnati e mezzi gelati. Ripetere il tutto finché non c’è abbastanza neve per coprire la pista, poi per accumularla e stoccarla e ricominciare da capo.

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Il cumulo di neve protetto da teli geotermici ©Gianluca Barp
Il cumulo di neve protetto da teli geotermici ©Gianluca Barp

Perché usare la neve artificiale? Ha una composizione favorevole allo stoccaggio, quindi è più semplice conservarla per anticipare l’inizio della stagione successiva in un circuito che rispetta la montagna a livello di sostenibilità climatica e sociale. Essendo neve “sparata” non serve il gatto delle nevi per accumularla e quindi non c’è utilizzo di gasolio, ma è l’acqua a fare la differenza. Utilizzando l’energia idroelettrica per portare l’acqua in pressione l’operazione che costituisce il maggior costo in termini di energia può contare su una fonte rinnovabile e pulita.

La val Formazza è un importante centro per la cultura walser © Giulia Grimaldi/Lonely Planet Italia
La val Formazza è un importante centro per la cultura walser © Giulia Grimaldi/Lonely Planet Italia
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Riconoscere la montagna

In ogni caso, una volta che metterete gli sci ai piedi, all’inizio annaspando e poi scivolando nel silenzio, non vi importerà più molto di come sia arrivata la neve. Sarete circondati da muri di roccia che paiono invalicabili, ma che saprete essere attraversati da sentieri carichi di storia, interrotti da alpeggi imbanditi di quel che sarà ottimo formaggio, impreziositi da piante che profumano il bosco e, volendo anche le vostre sere, trasformandosi in tisane.

Sì perché il bello della Val Formazza, come di tutta quella montagna che vive di se stessa, è che ogni cosa che vi circonda ha uno scopo. Lo potrete ritrovare nel Bettelmatt, un formaggio vaccino che nasce unicamente in alpeggio, caseificato subito dopo ogni mungitura. Soltanto 8 produttori possono chiamare così il loro formaggio: assaggiatelo d’inverno e vi troverete a indovinare ad ogni morso il sapore dei fiori che a luglio ricoprono la valle.

Le antiche patate walser recuperate in giro tra le valli© Giulia Grimaldi/Lonely Planet Italia
Le antiche patate walser recuperate in giro tra le valli© Giulia Grimaldi/Lonely Planet Italia

O ancora, visitate il negozio di Häpfla Frütt: la frazione in cui si trova (Canza) è un gioiellino, e poi scoprirete quanto un prodotto semplice come la patata possa cambiare da valle a valle, raccontando tradizioni dimenticate e antichi modi di vivere questi luoghi. Se cercate un souvenir balsamico e sostenibile (sia a livello ambientale, ma anche perché da lavoro alle donne della valle) andate da Erba Bona, dove la signora Vittorina vi scalderà con sorrisi e tisane chilometro così zero che vi sembrerà di bere il bosco.

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diga di Morasco, a Riale, Piemonte
La diga di Morasco, a Riale, in Val Formazza ©Buffy1982/Shutterstock

L’acqua del sottosuolo: le cascate, gli orridi e le terme

Come dicevano, siamo paradossalmente in una terra d’acqua. Lo vedrete in modo plateale alle Cascate del Toce, tra le più poderose delle Alpi con il loro salto di 143 metri.

Ma se volete entrare in contatto con questa forza che anima la Val Formazza, arrivate fino agli Orridi di Uriezzo, una serie di canyon e pozze cristalline scavate dal torrente: qui potrete seguire il corso di fiumi passati e diventare un tutt’uno con queste rocce liscissime.

Infine, è ora di iniziare a scendere verso valle, ma prima di andarsene è bene fare una pausa alle terme di Premia. In queste piscine pubbliche, recentemente rinnovate, potete stare pancia all’aria in acqua che sgorga dal sottosuolo a 40 gradi. Le sue proprietà muscolo scheletriche sono conosciute da tempo, ma il paesaggio che vi circonderà sarà altrettanto benefico.

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