Riscoprire la gioia della solitudine sul Monte Kenya

Lo scrittore Peter Elia ha deciso di scalare il Monte Kenya alla ricerca di un trekking meno affollato del Kilimangiaro. Una volta conquistata la cima, lui e i compagni hanno provato l'emozione travolgente di avere la seconda montagna più alta dell'Africa tutta per loro.

Monte Kenya, Africa
Fin dall’inizio, l’escursione sul Monte Kenya offre paesaggi spettacolari © Zoomtraveller / Shutterstock
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I brividi fanno parte della scalata al Monte Kenya, soprattutto alle 2:45 del mattino in alta quota. Mentre mi toglievo il guanto e allungavo la mano verso la torcia, potevo vedere il cammino che mi attendeva: un massiccio di roccia vulcanica e una ripida salita verso una cima remota.

Essendo venuto in Kenya esclusivamente per conquistare questi 5199m di montagna, ero impaziente di iniziare la scalata e il mio corpo scalpitava all’idea di mettersi in movimento. Il silenzio inquietante è stato rotto dal rumore del ghiaione che scendeva minacciosamente lungo la parete della montagna e dai deboli echi di risate di un branco di iene.

"Avremmo fatto meglio a scalare il Kilimangiaro", ho detto scherzando alle guide che mi avrebbero accompagnato nel trekking, mentre uscivano piene di fiducia dalla capanna, ma il loro ottimismo mi ha spinto a concentrarmi sull’imminente alba africana, tre miglia sopra l’Equatore.

Mounte Kenya, Kenya
Il Monte Kenya è la montagna più alta del Kenya e la seconda più alta dell’Africa dopo il Kilimangiaro © Anton Petrus / Getty Images

La cima più alta dell’Africa, il Kilimangiaro, o "Kili" come viene affettuosamente chiamato, era stata la mia prima scelta per un’avventura in Africa orientale. Dopotutto, che senso ha affrontare la seconda montagna più alta del paese invece di raggiungere la cima dell’intero continente? La motivazione sta nella fama del Kili e nelle folle che attrae. Incontrare troppe persone lungo il cammino mina la mia motivazione. Durante la salita fino alla vetta più alta della Gran Bretagna, il Ben Nevis in Scozia, mi sentivo più un cliente che un avventuriero. Il brivido non è sempre garantito, ma le probabilità di provarlo diminuiscono notevolmente se si segue la folla.

Inoltre, il Monte Kenya si prospettava allettante: un trekking circondato dalla fauna selvatica che vaga liberamente in un ambiente variegato e selvaggio. Così, quando un amico mi ha proposto di unirmi a lui e a due compagni nella missione, ho deciso di rinunciare al vanto più convenzionale e ho acconsentito senza riserve di partecipare alla salita della vetta più alta del Kenya.

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Trekking sul Monte Kenya
Il Monte Kenya non eguaglia la reputazione epica del Kilimangiaro, ma la salita non è meno impegnativa © Zoomtraveller / Shutterstock

Ritrovarsi a viaggiare da soli in Kenya

Sono partito da Londra per raggiungere Nairobi una settimana prima rispetto al resto del gruppo. Sfortunatamente, proprio quando sono arrivato in Kenya, le restrizioni imposte dal Regno Unito ai viaggiatori erano cambiate, impedendo ai miei futuri compagni di viaggio di raggiungermi.

Sono stato preso da panico, poi da incredulità e infine da un grande senso di frustrazione. Dopodiché ho pensato che, in fin dei conti, almeno ero in Kenya e potevo ancora vivere l’avventura che stavo cercando, quindi ho contattato Benson Njoroge (meglio conosciuto come Ben) di Trek Mount Kenya, la nostra guida escursionistica, per convincerlo a non cancellare la spedizione. "Quante persone salirebbero con te?", mi chiese Ben. "Sono solo io", risposi pieno di speranza.

In tempi non pandemici, una scalata in solitaria sarebbe costata una fortuna. Tuttavia, entrambi condividevamo il desiderio di vivere un viaggio simile in quei tempi così assurdi e abbiamo raggiunto un compromesso: io ho aumentato il compenso proposto e Ben ha ridotto la squadra di guide a tre persone. Non potevo crederci. Dalla disperazione di trovarmi in un viaggio di gruppo senza un gruppo, ora mi sentivo un vincitore della lotteria.

Lo scrittore Elia con le guide pronti a conquistare il Monte Kenya
Peter Elia, Joshua, Benson e Samir sulla linea dell’Equatore diretti alla cima del Monte Kenya © Peter Elia / Lonely Planet
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Scavalcare l’equatore

Il giorno dopo ho lasciato Nairobi sotto la pioggia battente con Ben, la prima guida, Joshua, responsabile della logistica e dell’attrezzatura, e Samir, responsabile del cibo. Mi hanno detto che in Kenya "si arriva quando si arriva", e è diventato presto chiaro che il tragitto per giungere ai piedi del monte avrebbe richiesto molto più delle tre ore preannunciate da Google Maps. Ma i viaggi in auto sono perfetti per conoscersi meglio. Il traffico di Nairobi ha permesso a tutti di presentarci raccontando qualcosa di noi. Qualche ora più tardi, scattando la foto di rito davanti al cartello che indica il punto in cui l’equatore divide il paese, ho scoperto che il nostro trekking attraverso il Parco Nazionale del Monte Kenya prevedeva tratte sia nell’emisfero boreale che in quello australe.

Al Sirimon Park Gate, il punto di partenza della nostra avventura di tre giorni, abbiamo firmato il registro dei ranger, completamente bianco. Eravamo le uniche anime al mondo a intraprendere la scalata in quei giorni.

La pagina vuota era un simbolo eloquente delle drammatiche conseguenze inflitte dalla pandemia al turismo locale. Oltre alle riflessioni sull’era post COVID, un altro pensiero ha attraversato la mia mente: se fossimo stati gli unici ad addentrarsi nel parco, chi avrebbe sentito le eventuali grida d’aiuto?

Il primo giorno è stato una graduale introduzione alle bellezze della montagna, perfetto per accrescere ancora di più la curiosità. Il Monte Kenya è una collezione di cime e creste scolpite dal tempo.

I laghetti luccicavano sotto il sole d’alta quota, riposando placidi sul fondo delle valli concave. Il terreno cambiava di ora in ora, da pendii ricoperti di erica a fitti passaggi attraverso bambù e tratti di foresta pluviale. Prima che me ne rendessi conto, eravamo arrivati all’Old Moses Camp, un gruppo di capanne di con letti a castello. Abbiamo mangiato la pasta con verdure e pollo preparata da Salim in un’enorme pentola e poi a letto presto.

Guida escursionista sul Monte Kenya
La salita del Monte Kenya è un cammino tra le nuvole © Peter Elia / Lonely Planet
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Quando il sole è sorto la mattina seguente, abbiamo attraversato di buon passo le pianure polverose fino a raggiungere la foresta primordiale. Più ci addentravamo nel parco nazionale, più gli argomenti di conversazione diventavano intimi. "Il mio vecchio capo non mi ha mai pagato", ha detto Ben, mentre raccontava i suoi giorni come facchino. "Dopo mesi senza paga, campando solo di mance, un giorno mi sono ripromesso di fondare la mia società."

Le sue battaglie gli avevano trasmesso un forte senso di empatia: teneva a ogni membro dello staff e voleva risparmiargli le sofferenze che lui stesso aveva dovuto affrontare, un obiettivo difficile da perseguire in tempi di pandemia.

Saremo anche stati gli unici quattro esseri umani a camminare lungo il percorso, ma non eravamo soli. Sebbene il numero di animali sia considerevolmente diminuito a causa di decenni di bracconaggio, con l’aiuto di Joshua abbiamo individuato numerose impronte di animali lungo il sentiero: iene, leopardi ed elefanti.

A un certo punto, Joshua ha zittito il gruppo, richiamando l’attenzione a un sibilo proveniente da un arbusto vicino. Joshua ha rimosso il fogliame rivelando la presenza di un camaleonte appoggiato su un ramo.

Shipton Camp, Monte Kenya
Lo scrittore Peter Elia e le guide allo Shipton Camp sul Monte Kenya, l’ultima tappa prima della cima © Peter Elia / Lonely Planet

La nostra seconda notte era allo Shipton Camp, un campo simile a una vecchia caserma militare che aveva visto giorni migliori. Le poiane africane dei monti volavano sopra le nostre teste, mentre i nettarinidi saltellavano di roccia in roccia attorno al dormitorio. La pace del luogo calmava ogni nervosismo per la salita del giorno dopo. In poco tempo, gli uccelli sono scomparsi, lasciando il posto a dense nuvole grigie. Il Monte Kenya aveva improvvisamente assunto un atteggiamento minaccioso. Mi chiedevo se avrei conservato il coraggio fino alla spinta finale.

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Un'escursione sul Monte Kenya
Una colazione sostanziosa è fondamentale per conquistare la cima del Monte Kenya © Peter Elia/Lonely Planet

Chi dorme non piglia pesci

Sono una persona mattiniera, ma la sveglia alle 2 del mattino a 4300m sopra il livello del mare mi ha sicuramente temprato nell’animo. L’altitudine era finalmente riuscita a scalfirmi. Ero assetato e disorientato mentre scendevo goffamente dal letto a castello scricchiolante, mi sentivo come se mi fossi svegliato dopo una notte di bagordi a Las Vegas.

Mi considero un escursionista in forma e capace, ma il mal di montagna colpisce senza fare distinzioni chi vive le sue giornate sul livello del mare. "Devi bere molta acqua e finire la colazione" ha insisitito Joshua con paterna sollecitudine. "Ti farà sentire meglio. Non abbiamo fretta", ha aggiunto Ben. Non sembravano preoccupati per me, erano scene a cui erano abituati.

Il Monte Kenya è la seconda cima più alta dell'Africa
Rispetto al Kilimangiaro, il Monte Kenya è molto meno frequentato © R. Bociaga/Shutterstock
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Abbiamo proceduto lentamente a zigzag verso la cima, la strada davanti a noi era illuminata solo dai fasci luminosi emessi dalle torce frontali. Ben ha indietreggiato annunciando che da quel momento Joshua avrebbe guidato il gruppo, poiché aveva più esperienza in vetta. Fu il turno della nuova guida di raccontare la sua storia. Faceva questo mestiere da tanti anni, ma prima aveva lavorato nel commercio del legname, un settore estenuante, e aveva rivestito una carica importante all’interno della sua comunità. Ascoltando le sue parole rompere il silenzio del mattino, mi resi conto che nessuno mi avrebbe raccontato niente di simile durante una scalata al Kilimangiaro.

Una volta terminata la conversazione, ho notato di avere il respiro affannato e le gambe doloranti. Con le prime luci dell’alba, mi sono trovato costretto a rallentare, con gli occhi fissi sugli scarponi per comandargli con lo sguardo di aumentare il passo. "Voltati!" urla Ben all’improvviso. Mi giro di 180 gradi e vengo invaso da un’ondata di pura gioia. L’orizzonte era in fiamme e trafiggeva anche me.

Peter Elia, Joshua e Benson in cima al Monte Kenya © Peter Elia / Lonely Planet
Peter Elia, Joshua e Benson in cima al Monte Kenya © Peter Elia / Lonely Planet

Le cose non erano andate del tutto secondo i piani. L’obiettivo era ammirare l’alba dopo aver raggiunto trionfante la vetta del Monte Kenya, ma rispettare rigorosamente le tappe senza lasciare spazio alla spontaneità non mi avrebbe regalato un’avventura altrettanto indimenticabile. Venire sorpresi dall’alba, in uno stato di stanchezza e confusione, è stato, a modo suo, perfetto. Abbiamo raggiunto la vetta poco dopo il sorgere del sole, scoppiando in un coro di "grazie" e "congratulazioni". Mentre le nuvole si disperdevano per rivelare un cielo azzurro limpido, ho indicato una montagna in lontananza: il Kilimangiaro. Avrei potuto essere lì. Mi chiedevo se guardando il punto in cui mi trovavo, in piedi sulla cima più alta dell’Africa mi sarei sentito ugualmente soddisfatto.

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Lo scrittore Peter Elia durante l'ascesa alla cima del Monte Kenya
Lo scrittore vicino alla cascata di Nithi © Peter Elia/Lonely Planet

Un nuovo approccio al viaggio

Gli effetti a catena della pandemia hanno influito su vari aspetti dell’escursione. Protetti da una bolla di solitudine, abbiamo condiviso con il cuore in mano sogni e paure. Dai primi amori alle preoccupazioni per i familiari più deboli, abbiamo trattato una serie di argomenti che non si affrontano normalmente durante un trekking.

Si sprigiona qualcosa di speciale quando cammini lontano dalla folla. Il tempo rallenta e la natura riesce a calmare sia la mente che il corpo. Oltre a vedere per la prima volta un angolo mozzafiato di mondo, questo viaggio mi ha aperto nuove strade di conversazione e connessione. Non importava più che fosse la prima o la seconda montagna più alta dell’Africa.

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