Mistiche, selvagge e spettacolari: alla scoperta delle Alpi Cozie
Come un abbraccio materno, le Alpi Cozie cingono il sud ovest del Piemonte custodendo la “provincia granda". Dalla pianura cuneese, come le stecche di un ventaglio, partono a raggiera le valli di Saluzzo e Cuneo, punti di partenza di percorsi ai limiti del nostro Paese. Alcune di queste valli infatti conducono in Francia, mentre altre, chiuse, costituiscono immersioni nel verde e nella roccia, verso le vette dello spazio e negli abissi del tempo.
Alle origini della Pianura padana: Valle Po
Un viaggio nel tempo, in questo caso geologico, è quello alle Sorgenti del Po. Alle pendici della piramide grigioverde del Re di Pietra, il Monviso, il nastro d’argento del “torrente” Po regala l’emozione di un’escursione nel passato. Quel timido rivolo è stato capace di creare l’intera Pianura padana e vederlo attraversare con difficoltà l’enorme radura di Pian del Re mette tenerezza. Ma il grande fiume già prende forza più a valle. Si insinua fra la grande Abbazia di Staffarda, cogli archi rampanti che spuntano dal prato come artigli a sostenere la chiesa, e il Castello della Manta, che custodisce un emozionante ciclo pittorico tardogotico di argomento profano ispirato al mito della fontana dell’eterna giovinezza e ai temi cavallereschi. Poi il fiume si spinge lì dove la luce del tramonto riesce a proiettare l’ombra delle montagne sulla categorica piattezza della pianura e inizia il suo lavoro.
Tuffo in Occitania: Valle Varaita
Spostiamo l’angolazione della bussola di qualche grado più a sud ed ecco l’accesso alla Valle Varaita e l’ingresso al mondo delle chiese di Mistà. Con questo antico termine occitano (le valli saluzzesi e cuneesi costituiscono la quota italiana di Occitania) si indicano le piccole immagini devozionali che si trovano nelle chiese di montagna. Nelle chiese di Mistà si possono trovare le origini ancestrali della devozione in queste valli, come nel borgo incantato di Bellino. Nel silenzio di sassi di questo paese ai margini della civiltà, la piccola parrocchiale – sorta dove esisteva un altare romano – ha incastonate nelle mura statuette di dee giumente e divinità del sole, che risalgono a culti di origine celtica.
Un capolavoro altissimo: Elva
Non serve ridiscendere completamente la valle, bensì basta, all’altezza di Sampeyre, armarsi di coraggio e affrontare la salita all’omonimo Colle, un passo a quasi 2300 metri di altezza dove pare di riuscire ad ammirare tutto il Piemonte. Da qui inizia la discesa a Elva, un paese che spunta inaspettato, come una stella alpina tra due delle più selvagge valli saluzzesi: la Varaita e la Maira. A 1637 metri d’altitudine, Elva custodisce uno dei più alti capolavori d’Europa. Qui infatti il fiammingo Hans Clemer, che fu il pittore prediletto dai Marchesi di Saluzzo, fra Quattro e Cinquecento trovò la sua più grande ispirazione e dipinse le sue opere migliori: la Crocifissione e le Storie di Maria, nel presbiterio della parrocchiale di Santa Maria Assunta. Ammiratela senza farvi intimorire dai demòni e dalle têtes coupées che spuntano da capitelli e portali, quasi a ribadire gli inconoscibili misteri occitani delle valli.
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Monumenti non solo di pietra: Valle Maira
Nota per essere incontaminata e selvaggia, priva di impianti di risalita, coronata da vette e monumentali rocce come la Rocca provenzale, la Valle Maira non è solo l’Eldorado dell’outdoor. Dronero è il centro principale della valle, un paesone vivace, con una piazza che si riempie nel giorno di mercato mentre nei caffè va in scena una vita quasi cittadina. Sullo sfondo: le Cozie e lo splendore medievale del Ponte del Diavolo, che dal Quattrocento scavalca il fiume. Fiume che qui, a dispetto del nome (Maira significa magra, secca) alimenta tutto l’anno un antico mulino, che, in un’ottica di perfetta economia circolare, produce farine e biscotti come secoli fa. Se ne possono acquistare in loco, oppure nella rivendita più a valle. Una buona occasione per spostarsi nel parco dei Ciciu del Villar, insolite formazioni geologiche che sapranno affascinare grandi e piccini e magari visitare una vera chicca, il Castello del Roccolo a Busca. In Italia è un'autentica rarità: un castello neogotico, eretto nel 1831 come residenza estiva dei Marchesi di Saluzzo, su modello delle contemporanee architetture fiammeggianti e fiabesche inglesi, ma immerso in una natura che ha trovato un perfetto punto di equilibrio con l’elemento antropico.
Percorsi ‘divini’: Valle Grana
Le due principali valli cuneesi non potrebbero essere più diverse e avere caratteri più distinti. Da Caraglio, un quieto paese di provincia, annunciato dall’altissima guglia del campanile e del quale non va perso il Museo del Filatoio Rosso (siamo nelle zone un tempo di eccellenza della produzione della seta) inizia la Valle Grana. Ancora chiese e oratori di Mistà impreziosiscono il territorio, colorando l’accesso a una valle selvaggia e impervia, stretta, sempre più stretta, scenario perfetto per un pellegrinaggio. E infatti al suo fondo si trova il Santuario di San Magno, il martire protettore del bestiame e dei pascoli, fondamenti dell’economia locale. Grande e maestoso, il santuario sorge sul sito di un antico luogo di culto pagano a 1761 metri. Ha un’indiscutibile aura di sacralità che farà vacillare anche i più materialisti, soprattutto quando è in parte nascosto dalle nubi che a volte lo incappucciano. Ma, se i pellegrinaggi che vi interessano sono di altra natura, siete comunque nella valle giusta. Ed è ancora la desinenza in -magno a fare la differenza. La valle è il luogo di produzione del ‘re dei formaggi’, come dicono orgogliosamente qui: il castelmagno. Che sia fresco e fuso sopra gli gnocchi o stagionato da centellinare con le composte di frutta, è anch’esso un percorso nel ‘divino’, a modo suo.
Fra TIR e ‘Tibet’: Valle Stura
La Valle Stura mette in comunicazione Italia e Francia, tramite il valico a quasi 2000 metri di altitudine del Colle della Maddalena. Qui si trova un lago, a poche centinaia di metri dal confine, dove chi arriva può “battezzarsi” in altissime acque italiane. Il colle è noto per le mitologiche imprese ciclistiche di Fausto Coppi e prima ancora come teatro delle prime, pionieristiche, gare automobilistiche. Oggi non si possono non notare i TIR che sfilano sotto le possenti mura del grande Forte di Vinadio, una delle più importanti e imponenti strutture militari ottocentesche del Piemonte. Ma basta lasciare il tracciato della statale per ritrovarsi nella quiete solitaria dell’alta montagna, che qui è particolarmente scenografica. La Valle Stura infatti è una valle ampia, con alcune diramazioni secondarie, nelle quali si nascondono piccole perle. Ferrere, ad esempio, un villaggio alpino abitato solo d'estate che conserva un museo etnografico dall’emblematica intitolazione, il Museo del Contrabbandiere, e si trova esposto come un monastero tibetano in un silenzio rotto solo dai fischi delle marmotte.
Sentieri di libertà
Fra le digressioni possibili dalla Valle Stura c’è anche quella verso un luogo topico e imprescindibile per la storia recente del nostro paese. All’altezza di Roccasparvera s’imbocca il vallone segnato dal corso del Rio di Valle Stura di Demonte e al termine della strada si giunge al rifugio Paraloup. Più che un semplice rifugio si tratta della più alta borgata del comune di Rittana, oggi offre 16 posti letto, un ristoro e funge da punto di partenza per bellissimi percorsi circolari, particolarmente adatti agli amanti della mountain bike o delle racchette da neve. Il toponimo Paraloup significa “difesa dai lupi” avendo costituito nel tempo un avamposto umano in un mondo selvaggio e selvatico. Ma ben peggio dei lupi furono i nazifascisti dai quali l’Italia dovette difendersi partendo proprio da qui. Tra l’autunno del 1943 e il 1944 il Paraloup fu infatti la sede della prima banda partigiana di Giustizia e Libertà, comandata da figure centrali della Resistenza come Duccio Galimberti, Dante Livio Bianco e Nuto Revelli. Non è solo la vastità della valle che si apre davanti al rifugio, allora, a motivare la scritta che vi accoglie all’arrivo e che recita: “Libertà bene immenso”.