Una notte nell'Ice hotel originale

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Se avete voglia di dormire tra mura di ghiaccio, sotto un soffitto di ghiaccio e su un letto di ghiaccio, potete scegliere ormai tra molti ice hotel in tutto il mondo. Ma è la Svezia ad avere quello originale, con un’architettura impressionante. La nostra autrice Anna Kaminski ha fatto l'esperienza di immergersi in una notte artica, ecco come è andata.

L’ice hotel di Jukkasjärvi è il primo del suo genere ©Sebw /Shutterstock
L’ice hotel di Jukkasjärvi è il primo del suo genere ©Sebw /Shutterstock
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All’aeroporto di Kiruna, nella Svezia settentrionale, molto sopra il Circolo polare artico, mi avvicino a un uomo che ha un cartello con il mio nome; è il musher, il conducente della slitta, il mio taxi. Fuori dal terminal, circondato da foreste ricoperte di neve, sono colpita immediatamente da un soffio di aria gelida e il mio naso, scoperto, presto diventa insensibile; si percepisce almeno un -30°C.

Sono sorpresa e deliziata in ugual misura quando scopro che c’è un’area separata dedicata alle slitte tirate dai cani. “A Jukkasjärvi ci sono più cani che uomini”, mi informa il musher allegramente. “Che venga una slitta a prendere i clienti qui è normale”. Ma non è per provare lo sleddog che sono venuta. Sono qui per dormire in una camera d’albergo fatta interamente di ghiaccio – il leggendario Icehotel, che fu il primo al mondo del suo genere. Dopo essermi intabarrata nella tuta da sci, con scarpe da neve, passamontagna e muffole forniti dall’Icehotel, salgo sulla slitta e la nostra muta di otto cani imbocca un sentiero innevato ben battuto. Un’ora dopo circa ci fermiamo nella zona di parcheggio dell’Icehotel, nel piccolo villaggio di Jukkasjärvi. Vedo due file ordinate di case in legno a un solo piano coperte dalla neve e un portale d’ingresso composto di tre archi di cemento accavallati, attraverso il quale si vede l’Icehotel. Che sembra piuttosto dimesso: non un grandioso palazzo di ghiaccio, ma piuttosto un igloo largo e lungo. I mattoni di ghiaccio intorno alla porta di metallo sono così traslucidi che sembrano emettere un bagliore dall’interno.

Da fuori sembra un grande igloo ©Nowaczyk /Shutterstock
Da fuori sembra un grande igloo ©Nowaczyk /Shutterstock

La struttura dell’Icehotel è ingannevolmente vasta e divisa nelle sezioni ‘fredda’ e ‘calda’, quest’ultima composta da cottage riscaldati e camere d’albergo color pastello. La sezione fredda comprende l’Icehotel originale, ricreato nuovo ogni anno. Quando le temperature a Jukkasjärvi scendono sotto lo zero a inizio novembre, si comincia a costruire lo scheletro usando telai in acciaio su misura, bombardati dagli sparaneve con snice (un misto di neve e ghiaccio, così che la luce del sole riflessa rallenti lo scioglimento primaverile). Dopo tre giorni, quando lo snice si è consolidato, il telaio viene rimosso, lasciando un guscio di ghiaccio e neve. Durante l’ultima settimana di novembre, con lo scheletro dell’hotel sistemato, gli artisti si spostano all’interno per una quindicina di giorni e scolpiscono ognuna delle ‘art suite’ in modo individuale.

Non avevo realizzato quanto fosse diventata insensibile la striscia di pelle del viso esposta durante la corsa in slitta, ragion per cui subisco un vero choc a tutto il sistema corporeo quando entro nella reception di fianco agli archi e sono investita dal caldo proveniente dal caminetto acceso. Comunque, il mio disgelo dura poco – a quanto pare sono entrata per errore nella reception per le camere calde. Mi indicano di uscire e passare attraverso il portale indipendente per accedere alla zona fredda. La cui reception spaziosa è comunque riscaldata, con semplici sedie, un caminetto e un gift shop. Dietro la zona lounge un corridoio con una porta in metallo porta al vero e proprio Icehotel, oltre che ai bagni condivisi, a una grande sauna (per sgelarsi dopo aver dormito al freddo) e agli spogliatoi.

L’addetto alla reception mi consegna una chiave per il mio. “Lasci tutte le sue cose lì durante la notte”, mi consiglia. “Nelle stanze la temperatura è sottozero, quindi qualsiasi cosa fuori dal sacco a pelo gela”. Vado a cercare la mia camera. Le grandi porte si aprono con un soffio, facendomi accedere a un atrio grandioso, con candelabri di ghiaccio al soffitto e un cartello di ‘Benvenuti a Torneland’ accanto a un portiere dal cappello a cilindro, anch’esso scolpito nel ghiaccio, ovviamente. Alcuni ospiti sono appoggiati al bancone dell’Icebar, cocktail in mano, bicchieri di ghiaccio. Un corridoio si dirama da un lato, le porte metalliche portano alle suite Art and Deluxe.

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Nelle stanze la temperatura è sottozero ©karenfoleyphotography /Shutterstock
Nelle stanze la temperatura è sottozero ©karenfoleyphotography /Shutterstock

Trovata la mia – ‘Flow’ è il suo nome – sono colpita dal silenzio arcano, da come gli spessi muri di snice attutiscano ogni rumore. Sotto il lucernario rotondo (l’unica fonte di luce, a parte la lampada a led rettangolare di fronte al mio letto) c’è l’elemento centrale: il mio letto. Un normale materasso spesso, coperto da due set di pelli di renna, è posto su una piattaforma di ghiaccio leggermente ondulata. Osservo gli angoli e i colori del letto: il ghiaccio è incredibilmente chiaro, con un unico rametto di pianta acquatica sospeso deliberatamente nella sua prigione di ghiaccio.

Quando giunge l’ora di andare a letto, mi chiedo come farò a scaldarmi. Oltre al mio sacco a pelo termico imbottito, di fornitura militare e che (teoricamente) dovrebbe resistere a temperature anche di -20°C, e oltre alla biancheria, anch’essa termica, al mio abbigliamento notturno aggiungo calze e un cappello di lana. Ma l’ideatore di una delle camere di ghiaccio mi aveva dato un consiglio quanto mai utile: “Non vestirti troppo”, mi aveva detto. “Basta uno strato di lana merino, con un berretto e calze anch’esse di lana. I sacchi a pelo sono creati per riflettere il caldo corporeo, quindi se si indossano strati multipli non c’è calore da riflettere”. Quando spengo i led accanto al letto e la camera piomba nella più completa oscurità, cerco di non pensare a possibili risvegli notturni con una gelida trasferta ai bagni alle 4 del mattino. Mi sveglio comunque un paio di volte perché la pelle del mio viso esposta al freddo inizia a intorpidirsi, ma la copro con la sciarpa e torno a dormire. La notte passa senza incidenti finché mi sveglia un bussare alla porta, la luce viene accesa e un cameriere entra portando un bicchiere di succo di lingonberry caldo su un vassoio. Con occhi appannati guardo l’orologio: sono le 8 e alle 10 arrivano i visitatori (i gitanti possono vedere le camere quando gli ospiti se ne sono andati). Barcollando verso la reception, lascio i miei abiti nello spogliatoio, accetto con gratitudine una tazza di caffè caldo e mi sdraio mezzo addormentata nella sauna, cercando di ricordare quale avventura nevosa mi aspetta: in motoslitta verso l’aurora boreale o lo sci di fondo nelle montagne vicine?

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