Lo Xīshuāngbǎnnà è una regione della Cina a nord di Myanmar e del Laos ricchissima di culture

Redazione Lonely Planet
5 minuti di lettura

A nord del Myanmar e del Laos, in Cina, si estende la regione del Xīshuāngbǎnnà, il cui nome è un’approssimazione cinese della denominazione originale thailandese, Sip Sawng Panna (‘I dodici distretti in cui si coltiva il riso’). Più conosciuto come Bǎnnà, il Xīshuāngbǎnnà è diventato una sorta di piccola Thailandia cinese e oggi richiama folle di turisti in cerca di sole, feste tradizionali e splendidi sentieri di trekking nella giungla. Ecco tutto quello che dovete sapere su questa regione in crescita.

Il giardino imperiale Dai Wang ©JingAiping/Shutterstock
Il giardino imperiale Dai Wang ©JingAiping/Shutterstock
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Per fortuna il Xīshuāngbǎnnà è abbastanza grande da risultare sovraffollata di visitatori solo di rado e persino il capoluogo della prefettura Jǐnghóng – pur essendo una città in forte espansione – ha saputo conservare un’atmosfera tranquilla e rilassata. 

L’ampio e lento corso del Lancang (Mekong) è il simbolo del ritmo di vita tranquillo nelle città di mercato e nelle giungle tropicali della prefettura del Xīshuāngbǎnnà. Le cose, però, stanno cambiando: grazie a importanti investimenti nazionali nelle infrastrutture turistiche e al completamento della linea ferroviaria ad alta velocità Cina-Laos, il Xīshuāngbǎnnà è sulla buona strada per riconquistare il ruolo di fulcro dei viaggi e dei commerci del Sud-est asiatico. 

La festa dell’Acqua

Nello stesso periodo in cui viene celebrata in Thailandia e nel Laos, la Festa dell’Acqua dura tre giorni ed è un rito di purificazione dal dolore e dai demoni dell’anno vecchio, che cede il passo alla felicità del futuro. A Jǐnghóng i festeggiamenti si tengono dal 13 al 15 aprile, mentre nei villaggi vicini le date variano. Il momento culminante – quello in cui ci si spruzza d’acqua l’uno con l’altro – avviene solo l’ultimo giorno; dal momento che ai viaggiatori stranieri viene riservato un trattamento particolare, preparatevi a restare fradici per tutto il giorno. 

Una bancarella di cibo dai © Tim Woo
Una bancarella di cibo dai © Tim Woo
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Il mercato notturno di Jǐnghóng

Questo mercato notturno richiama un numero crescente di viaggiatori stranieri e di gente del posto, soprattutto ora che l’asse della città si sta inesorabilmente spostando verso la sponda sinistra del fiume. Vi troverete decine di bancarelle che servono piatti dăi e dello Yúnnán e una schiera di bar in stile cinese allineati lungo il fiume.

Lasciatevi ispirare dal giardino delle piante tropicali di Menglun ©aphotostory/Shutterstock
Lasciatevi ispirare dal giardino delle piante tropicali di Menglun ©aphotostory/Shutterstock

Il giardino delle piante tropicali di Menglun

Měnglún è conosciuta soprattutto per il Giardino delle Piante Tropicali, il giardino botanico più vasto di tutta la Cina. Per raggiungerlo dalla stazione degli autobus bisogna girare a sinistra, imboccare la prima via sulla sinistra e seguirla in discesa fino alla biglietteria, situata 100 metri prima di un ponte pedonale sul Mekong. 

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Dàměnglóng e la cultura e la religione dăi

Situata circa 55 km a sud di Jǐnghóng e a pochi chilometri dal confine con il Myanmar, Dàměnglóng si sta rinnovando e le sue vie un tempo polverose sono ormai state asfaltate. La cittadina è una buona base di partenza per le escursioni ai vicini villaggi abitati dalle minoranze etniche e offre l’occasione di scoprire la cultura locale.

La Pagoda Bianca dei Germogli di Bambù, costruita nel 1204, è la principale attrattiva di Dàměnglóng. Secondo una leggenda, questo tempio sarebbe stato costruito nel luogo in cui il Buddha Sakyamuni lasciò la sua venerabile orma quando visitò la regione del Xīshuāngbǎnnà. Provate a cercare l’orma nella nicchia situata sotto uno dei nove stupa.

Se vi trovate in questa zona tra la fine di ottobre e i primi di novembre, informatevi sulle date esatte in cui si tiene la Festa Tan Ta, nel corso della quale la Pagoda Bianca dei Germogli di Bambù accoglie centinaia di persone del posto, che si esibiscono in spettacoli di danza, lanci di razzi, lanterne volanti, fuochi d’artificio e molto altro. 

Pochi passi sopra il centro del villaggio sorge un monastero dăi, accanto al quale si diparte un ripido sentiero che sale fino alla Pagoda Nera – che noterete subito dopo essere entrati a Dàměnglóng. In realtà, questo edificio è dorato. Fate una passeggiata fin quassù e scambiate due chiacchiere con i pochi monaci che vi abitano.

Un remoto villaggio dǎi in Xīshuāngbǎnnà © Fabio Nodari
Un remoto villaggio dǎi in Xīshuāngbǎnnà © Fabio Nodari

Un prezioso mix di etnie

I dǎi professano il buddhismo hinayana (a differenza della maggior parte dei cinesi, che seguono la corrente mahayana). Questo popolo comparve nella Valle dello Yangzi circa 2000 anni fa, ma nel XIII secolo fu spinto verso sud dall’invasione dei mongoli. L’abito tradizionale delle donne dai comprende un cappello di paglia o un fazzoletto legato intorno alla testa, una camicia corta e attillata a colori vivaci, un sarong in tessuto stampato e una cintura a maglie d’argento. Alcuni uomini di questa etnia si tatuano il corpo con figure di animali e spesso masticano il betel. La lingua dai è simile ai dialetti che vengono parlati nel Laos e nella Thailandia settentrionale.

Talvolta chiamati youle, i jīnuò

furono ufficialmente ’scoperti’ come minoranza nel 1979 e restano tuttora uno dei gruppi meno numerosi della regione – contando tra i 12.000 e i 18.000 individui. Si auto definiscono ‘coloro che rispettano lo zio’ e probabilmente discendono dai qiang. Le donne indossano un cappuccio bianco, una tunica di cotone con strisce orizzontali dai colori vivaci e una gonna nera diritta. Le orecchie vengono ornate in modo elaborato: più grandi sono i fori nei lobi e più fiori potranno contenere, il che renderebbe la donna più attraente. 

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Le piantagioni di té di Pu’er © Fabio Nodari
Le piantagioni di té di Pu’er © Fabio Nodari

I bùlǎng vivono soprattutto a Bùlǎng, Xīdìng e tra i monti Bādá nel Xīshuāngbǎnnà, dove coltivano cotone, canna da zucchero e tè Pǔ’ěr, uno dei prodotti da esportazione più famosi dello Yúnnán. Secondo la tradizione, gli uomini si tatuano braccia, gambe, petto e ventre, mentre le donne sfoggiano vivaci acconciature decorate con fiori. 

Gli hāní – talvolta confusi con gli akha – sono di origine tibeto-birmana e affini agli ; parlano una lingua sino-tibetana, ma nella forma scritta utilizzano caratteri hàn. Questa etnia è nota per i terrazzamenti che costruisce nelle valli fluviali, molto comuni nella Valle del Fiume Rosso, tra Āiláo e Wúliàng Shān, dove si coltivano riso, grano e talvolta papaveri. Le donne hāní (in particolare le aini, un sottogruppo hāní) ostentano copricapo ornati di perline, piume, anelli d’argento e monete, che in alcuni casi sono francesi (vietnamite), birmane e indiane dei primi anni del XX secolo. 

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