A Orsigna in compagnia di Tiziano Terzani

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Si può viaggiare rimanendo fermi. Magari restando su un prato verde, in cima a una montagna o ripercorrendo storia e pensieri di un grande viaggiatore, come Tiziano Terzani. Dopo più di trent'anni trascorsi in terre lontane, a raccontare la guerra in Vietnam, la Cina di Mao, il genocidio cambogiano e tanto altro, il forte spiritualismo orientale abbracciato dal giornalista fiorentino sfociò nella meditazione. E c’è un luogo che più di ogni altro è il simbolo del suo ultimo viaggio: Orsigna, un pulviscolo di case nell'Appennino pistoiese, rifugio prediletto di Terzani. Siamo andati sulle sue tracce e questi sono i nostri consigli su come passare un weekend di silenzio e pace in questo remoto borgo.

I monti innevati dell'appennino pistoiese
L’Appennino pistoiese © Matteo Mangili
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Il viaggio per arrivarci va fatto a ritmo lento, idealmente a piedi, se non è possibile almeno in treno. Con il cellulare staccato, senza avere lo sguardo riverso sullo schermo. Magari in compagnia di un buon libro dello stesso Terzani, alzando di tanto in tanto gli occhi per intavolare una chiacchierata con il vicino di posto. Non bisogna avere fretta, e fare una prima tappa a Pistoia è certamente una buona idea. 

Il centro di Pistoia e il suo battistero ©sansa55
Il centro di Pistoia e il suo battistero ©sansa55

Recentemente la città ha saputo rilanciare il suo secolare rapporto con i cammini spirituali europei, tanto è vero che il biennio 2021-2022 è stato proclamato Anno Iacobeo. Da Pistoia, infatti, passa il Cammino di San Jacopo, che ripercorrendo l’antica Via Cassia congiunge Firenze a Lucca. Forse meno conosciuta di altri centri vicini, la città sembra avara di attrazioni. Ma questa affermazione inizia a vacillare davanti agli splendidi marmi bianchi e verdi della Chiesa di San Giovanni Fuorcivitas. Viene definitivamente smentita in Piazza del Duomo, tra gli slarghi più belli dell’Italia intera. Ci si ritrova al cospetto della Cattedrale di San Zeno, con la sua elegante geometria di stampo romanico. Di fronte c’è il Battistero di San Giovanni, che nulla ha da invidiare all’omonimo battistero fiorentino. E poi, ancora, il contiguo Palazzo degli Anziani, con le sue imponenti arcate di fattura medievale e le bifore e trifore sovrastanti a impreziosire lo sguardo. Per cena si va da Checco, nella sua Locanda del Capitano del Popolo. Si mangia divinamente, tra scritte goliardiche e cucina rigorosamente locale. Come la minestra di fagioli con farro, specialità della casa da oltre sessant’anni. 

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Per giungere alla meta si sale nuovamente a bordo di un treno, questa volta lungo la storica linea della ferrovia porrettana. Ogni galleria è un crescendo di stupore per il paesaggio che muta, con le case che lasciano rapidamente spazio alle verdi vallate dell’Appennino. La stazione di arrivo è Pracchia, da dove parte anche una corriera per Orsigna. Non ci sono molte corse, e una prima passeggiata di qualche chilometro è la valida alternativa. Certo, spesso si cammina sull’asfalto, ma una volta imboccata la deviazione per il paese, tutto cambia. Si sale lungo la valle, il cielo si fa via via più ampio, e lo scroscio del torrente diventa presto un piacevole e tranquillo compagno di viaggio. Il tempo di attraversare un ponte, poi ancora alcuni tornanti e infine si giunge al piccolo abitato di Orsigna. Qui c’è l’immancabile chiesa, i cui rintocchi della campana sono l’unico segno dello scorrere del tempo. Si entra nel vicino negozio di commestibili e, mentre si aspetta il proprio turno per farsi fare un panino, ci si guarda un po’ intorno. In un angolo, quasi a non voler disturbare, seminascosto tra detersivi e conserve, ci sono alcuni libri di Terzani, e fotografie che lo ritraggono sorridente, vestito di bianco e con il folto barbone degli ultimi anni.

Orsigna, un pulviscolo di case tra i boschi © Matteo Mangili
Orsigna, un pulviscolo di case tra i boschi © Matteo Mangili
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Se il tempo lo consente e le gambe sono buone, dal paese si può raggiungere la vetta del Monte Gennaio. Ci sono vari sentieri, e in caso di dubbi si chiede consiglio a qualche abitante del posto. Si sale tra faggi e castagni, intervallati da folti abeti. Una volta sulla sommità, le vette dei vicini Corno alle Scale e Monte Cimone regalano sorrisi spontanei. Si può anche raggiungere il Poggio delle Ignude, considerato l’anticima del Gennaio. Dall’alto del suo crinale erboso si rimane seduti a contemplare l’intera vallata, e magari poi si chiudono gli occhi, trovando un’inaspettata gioia nell’ascoltare il rumore del vento. 

"L’albero con gli occhi" che si raggiunge percorrendo il Sentiero di Tiziano © Matteo Mangili
"L’albero con gli occhi" che si raggiunge percorrendo il Sentiero di Tiziano © Matteo Mangili

Dopo tanta fatica sarebbe un peccato andarsene già via. Il ristorante La Selva dispone di camere pulite ed economiche, e Gloria conquista con la sua gentilezza discreta, servendo una cena con tutto il meglio del repertorio toscano. La sveglia suona presto all’Orsigna, con l’aria frizzante delle prime ore della giornata che invoglia a camminare. Dal ristorante si raggiunge facilmente Case Moretti, una borgata che spunta all’improvviso nel bosco. Ci sono poche case a tinta pastello, un prato tutto intorno e un’altalena fissata al ramo di un albero. Da qui la strada asfaltata conduce alla frazione di Casa Cucciani. E, come annunciato da un cartello di legno, qui parte pure il Sentiero di Tiziano. Dopo una piacevole passeggiata si raggiunge l’albero con gli occhi. Terzani aveva deciso di collocarli su di un tronco, con l’intento di spiegare al nipotino che tutto è dotato di un’anima. E che pure a un albero bisognerebbe chiedere il permesso se lo si taglia per farci una casa. Oggi dai suoi rami penzolano colorate bandierine tibetane, e con il vento si sente il tintinnio dei tanti sonagli. Sono in molti i viaggiatori che arrivano in questo luogo mossi da una particolare energia. Ci si avvicinano con rispetto, sentendosi quantomai vicini alle riflessioni, ai dubbi e alle domande poste da Terzani nei suoi ultimi scritti. Ci si sofferma sui tanti bigliettini nelle fessure del legno e sui mantra scritti sui sassi, sulle frasi colme di gratitudine e gioia. Se si è arrivati in questo luogo da soli, è come ritrovarsi parte di uno splendido e folto gruppo. Sarà anche per questo motivo che viene spontaneo sedersi un’altra volta. Fermarsi ad ascoltare la natura e pure qualcosa di più. 

Forse, a questo punto, risuoneranno nell’animo le parole di chi, inconsapevolmente, ci ha portato fin qui.

Fermati ogni tanto. Fermati e lasciati prendere dal sentimento di meraviglia davanti al mondo.

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