Tra tradizioni e memorie, viaggio tra i Parchi dell'Alta Marca Trevigiana

Nel tardo pomeriggio estivo, le colline dell'Alta Marca Trevigiana si ricamano di striature morbide e soffuse, pronte a svelare i loro mille volti: e sono mille davvero, dagli alti boschi del Cansiglio alle lagune abitate fin dalla preistoria, dai torrenti plasmati dall'acqua alle grotte scavate dall'uomo, dai declivi coltivati a viti e ulivi ai sentieri che nelle foreste raccontano storie di soldati e carbonai. Siamo in provincia di Treviso, a pochi passi delle Colline del Prosecco patrimonio dell'Unesco, nella terra di mezzo tra le Dolomiti e le ampiezze liquide della laguna veneta: qui, in questo paesaggio variegato e intrecciato di storia e di storie, cinque parchi tematici e cinque comuni diversi (Cordignano, Fregona, Sarmede, Cappella Maggiore e Revine Lago) si sono uniti in un percorso comune per la valorizzazione del territorio, portando alla nascita della rete dei Parchi dell'Alta Marca Trevigiana. Una rete che parla di tradizioni e maestranze antiche, di arte e cultura, di radici umane neolitiche e di natura drammatica e struggente, e che si ripropone di riallacciare i rapporti tra passato e presente, tra ricordi e nuove generazioni, promuovendo al contempo un turismo che sia lentezza, scoperta e meraviglia.

palafitta sul lago
il Parco Archeologico-Didattico del Livelet, a Revine Lago © Erica Balduzzi/lonely Planet Italia
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Sulle tracce dei carbonai

La strada che sale da Cordignano fin nel cuore dei boschi del Cansiglio stacca nettamente la pianura in poche curve, e si inerpica sul bastione di roccia carsica e faggete che compone il massiccio del Cansiglio-Cavallo: mille sfumature di verde e di marrone dorato quassù, nelle foreste i cui alberi reggono ancora oggi le fondamenta di Venezia e il cui legno ha fornito materia prima per le navi della Serenissima. Ma hanno fornito anche altro: il carbone, preziosissimo, prodotto per secoli dalle mani nere e dalla vita libera e boschiva dei carbonai, la cui arte e le cui storie sono oggi conservate nella memoria di pochi, pochissimi testimoni sempre più anziani. Il Parco dei Carbonai di Cordignano raccoglie queste memorie, grazie all’associazione Pro Belvedere che ha curato la ricostruzione degli edifici, delle strutture e dello stile di vita dei carbonai del Cansiglio e che si occupa degli eventi e delle aperture del parco, così come della memoria storica connesse a quest’antichissima professione. Nel parco, oltre a percorrere i numerosi e suggestivi sentieri, è così possibile visitare la ricostruzione di un casòn (la casa in legno che i carbonai costruivano nel bosco, addossata a una roccia, e che abbandonavano all’inizio dell’inverno quando tornavano a valle: si trattava solitamente di un’unica stanza con focolare per cucinare e scaldarsi, e panche di legno tutt’attorno per dormire), vedere e comprendere il funzionamento del pojat carbonifero (la struttura coniforme usata per produrre il carbone a partire dai pezzi di legna), ma anche assaggiare i prodotti tipici della tradizione, tra cui il frico di patate e formaggio, che insieme alla polenta costituiva l’alimentazione base per il “popolo del bosco”. Essendo composta prevalentemente da figli e nipoti di carbonai, o addirittura da anziani che hanno praticato direttamente questo lavoro, l’associazione si prefigge anche il compito di tramandare la memoria orale di un mondo ormai scomparso. 

La ricostruzione di un casòn (la casa in legno dei carbonai)  © Erica Balduzzi/lonely Planet Italia
La ricostruzione di un casòn (la casa in legno dei carbonai) © Erica Balduzzi/lonely Planet Italia

E storie di cavatori

Quanti altri, mi domando, sono i mondi scomparsi in queste montagne di roccia e di acqua, che compare e scompare nella terra carsica? Me lo domando mentre scendiamo, e dalle alture del Cansiglio scivoliamo nelle sue viscere, precisamente nel Parco delle Grotte del Caglieron di Fregona, laddove la geologia racconta l’origine antichissima e stratificata delle Colline del Prosecco, grazie ai movimenti tettonici di oltre 40 milioni di anni fa, alle diverse stratificazioni di materiale sedimentario e – soprattutto – all’azione dell’acqua, che ha creato forre e canyon naturali dal grande impatto paesaggistico. Il nome stesso Caglieron deriverebbe dal termine “cagliere”, cioè i paioli di rame per la polenta, a causa delle ampie conche formate dallo scorrere dell’acqua sulla roccia. «Eppure», racconta il geologo Mauro Fullin, guida escursionistica del parco, indicando le titaniche aperture nei fianchi delle forre «queste grotte hanno origine artificiale: sono state scavate dall’uomo per estrarre l’arenaria, chiamata “pietra dolza” perché dolce, facile da lavorare, che veniva usata per i gradini o gli infissi delle porte». Tra sentieri e passerelle di legno a sbalzo sui canyon, tra grotte umide e mulini, il parco offre quindi la possibilità di toccare con mano lo strettissimo legame tra uomo e natura in questa zona ai piedi del massiccio del Cansiglio-Cavallo, ma anche di assaporarne i sapori: come il formaggi di grotta, stagionato proprio nelle grotte di arenaria, oppure il Torchiato di Fregona, passito DOCG dal gusto intenso e squisito con i formaggi erborinati o con i dolci.

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Una grotta per l’estrazione dell’arenaria, nel parco delle grotte del Caglieron © Erica Balduzzi/lonely Planet Italia
Una grotta per l’estrazione dell’arenaria, nel parco delle grotte del Caglieron © Erica Balduzzi/lonely Planet Italia

Basta poi uscire dalle grotte e dalle foreste per ricordarsi che queste sono anche terre di uliveti, tra i più settentrionali d’Italia: perché non fermarsi dunque nel Parco dell’Olivo di Cappella Maggiore e scoprire le radici dell’olio extravergine di oliva qui prodotto? Vengono infatti organizzate visite guidate nel frantoio, curato da una cooperativa locale, ed esperienze di degustazione dell’olio extravergine. 

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Cultura e radici

Uomo e natura, dunque, e un paesaggio plasmato da secoli di interazione e di scambi. Millenni, anzi, perché in queste zone l’essere umano ha trovato fin dagli albori terre ricche di risorse, dolci e vivibili, luoghi ideali in cui insediare i suoi primi villaggi: sulle coste dei laghi di Revine sono state rinvenute infatti testimonianze che spaziano dal Neolitico all’Età del Bronzo, e grazie a un intenso lavoro di archeologia sperimentale, antropologia e paleontologia è stato istituito il Parco Archeologico-Didattico del Livelet, a Revine Lago, dove sono state ricostruite tre palafitte preistoriche, su terra e su acqua, per raccontare la vita quotidiana di chi in diverse epoche della storia umana ha abitato queste placide sponde. La visita al parco, accompagnati da esperti e guide certificate, può essere la tappa finale di una piacevolissima pedalata sulle sponde dei due laghi (Lago di Santa Maria e Lago di Lago), tra paesaggi palustri, verdi canneti e riflessi azzurri a pelo d’acqua. 

Sulle sponde del lago © Erica Balduzzi/lonely Planet Italia
Sulle sponde del lago © Erica Balduzzi/lonely Planet Italia

Della rete dei parchi dell’Alta Marca Trevigiana fa poi parte anche il comune di Sarmede, conosciuto come “paese delle fiabe” e intitolato Parco della Fantasia, in virtù della sua rinascita all’insegna dell’arte, dell’illustrazione e dei colori. Giusto perché in Italia vige ancora la credenza popolare che “con la cultura non si mangia”, Sarmede dimostra invece che ci si può mangiare eccome: il piccolo paese trevigiano ha infatti raccolto un testimone importante, quello dell’illustratore e artista ceco Stepan Zavrel che, in fuga dal suo paese, dopo molto girovagare elesse a dimora questo piccolo borgo montano e silente, trasformandolo anno dopo anno in un polo attrattivo per artisti, musicisti e illustratori. Oggi Sarmede è uno dei centro più famosi sul piano internazionale per quanto riguarda il mondo dei libri illustrati: ospita una mostra annuale, una fondazione di promozione artistica e la più importante e riconosciuta scuola di illustrazione d’Italia. Non solo: il grande fermento artistico ha regalato all’intero paese murales, affreschi e disegni fiabeschi sugli edifici pubblici e sulle case, trasformandolo in un vero e proprio sogno a occhi aperti. 

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