Sciare nei couloir della Bulgaria

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Le straordinarie montagne della Bulgaria hanno fatto nascere una passione per lo sci ripido: andate oltre le piste del Malyovitsa e scoprirete perché. Il nostro autore Kade Krichko lo ha nel frattempo fatto per noi, seguendo due sconosciuti dai bar di Sofia ai canaloni con vista sul monastero di Rila, così che il brivido di adrenalina inizi a pervadervi sin da subito.

Uno chalet sul Vitosha ©Boryana Manzurova/Shutterstock
Uno chalet sul Vitosha ©Boryana Manzurova/Shutterstock
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Nello snodo tra Europa meridionale e Medio Oriente, la Bulgaria era un tempo una fonte importante di prodotti agricoli per l’Unione Sovietica grazie alle perturbazioni umide che soffiano dal Mar Nero. Quegli stessi fenomeni atmosferici in inverno ricoprono il territorio montuoso del paese (che vale quasi il 60% della superficie totale) di un bianco manto e hanno anche favorito la nascita di diversi centri sciistici sul lato occidentale del paese, da Bansko – la stazione sciistica più nota della Bulgaria che ha ospitato anche gare di Coppa del mondo – a Borovets, una zona che prima di acquisire notorietà con lo sci era una riserva di caccia della famiglia reale bulgara. Gli skipass per questi centri costano una frazione del prezzo richiesto nei vicini paesi alpini.

È all’ombra del comprensorio di Vitosha che in quel nebbioso sabato mattina incontro Lyubomir, parcheggiato fuori da un condominio vetusto che sembra spuntato fuori da un poster sovietico che esalta la vita comunitaria. Mi dice che negli inverni con molta neve ha sciato dalla cima del Vitosha a 2292 m giù fino alla strada dietro casa sua. Ma la cima era coperta dalla nebbia mattutina, quindi è chiaro che così tardi in stagione quel tipo di impresa non è un’opzione perseguibile. In più, aggiunge Lyubomir, Vitosha non aveva neanche aperto quell’anno. Ma non preoccuparti, mi dice, andiamo a Malyovitsa, a due ore in macchina su quella strada. Dopo essere passati a prendere un altro compagno del Befsa, Dimitar Kambarev, e un paio di sci in più, con racchette e scarponi, Lyubomir dirige il suo polveroso suv di fabbricazione russa fuori città. Alla radio trasmettono successi di Soundgarden e Nirvana. I bulgari amano quella musica grunge primi anni ’90, dice Dimitar, perché ricorda loro ‘la rivoluzione silenziosa’ e la caduta della Cortina di Ferro. I grigi isolati di appartamenti di età comunista svaniscono rapidamente, cedendo il posto a una successione di ondulate cime verdi mentre ci inoltriamo nel massiccio del Rila. 

Il paesaggio imbiancato del Vitosha ©Boryana Manzurova/Shutterstock
Il paesaggio imbiancato del Vitosha ©Boryana Manzurova/Shutterstock

La zona sciistica di Malyovitsa non è niente di che e offre solo 4 km di terreno sciabile, con una baita in legno alla base e cinque skilift, ma, visto che si accede a pendii alpini in quota, è diventata una delle località preferite per lo scialpinismo e lo sci backcountry.

La cima del Malyovitsa raggiunge i 2729 m e dalla sua ripida parete nord scende a serpentina una serie di couloir, che spesso hanno neve fino a fine maggio o inizio giugno. E proprio questi stretti canaloni sono la ragione per cui siamo qui. Dopo aver legato gli sci al mio zaino – un altro indispensabile prestito, insieme ad arva, pala e sonda antivalanga – butto giù un po’ di pane spalmato con la tradizionale lutenitsa (mistura di melanzane, pomodori e peperoni) e inizio a seguire un sentiero ben segnato in una zona di drenaggio boscosa. Nel giro di 30 minuti agli alberi si è sostituita roccia della fascia subalpina mentre la vista sulla montagna non ha più ostacoli. Allettanti nastri di neve si allungano tra le rocce e terminano in una conca enorme propria sopra il nostro sentiero. Fatico a tenere il passo, ansimando dietro a Dimitar e Lyubomir, che paiono essere dei campioni di endurance! Alla fine facciamo una pausa alla base della distesa di neve. Lyubomir si gira con un ampio sorriso. “Mi dispiace”, dice. “Siamo in gara con il sole”

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Dopo aver calzato gli scarponi da sci, ci accordiamo per raggiungere il couloir centrale del Malyovitsa, un contorto corridoio di neve che culmina in una piccola cresta 500 m sopra di noi. Facciamo scaletta su pareti di neve ghiacciata mentre risaliamo una pendenza sempre più proibitiva, i muri di roccia che si avvicinano man mano che guadagniamo terreno. È il momento più caldo della giornata quando raggiungiamo l’apice del corridoio.

I monti di Rila si allargano davanti a noi in un panorama scenografico. Lontano, in basso, il monastero ortodosso di Rila del X secolo, patrimonio Unesco, spunta da un mare di verde primaverile. “Tocca a te”, dice Lyubomir, dandomi una manata sulle spalle da togliere il fiato. “Gli ospiti scendono per primi”. Colgo un segnale di urgenza e mi affretto ad agganciare gli sci. Infilando un paio di occhiali sopra il berretto da baseball, sistemo i cinghietti, infilo i bastoncini e mi butto giù verso il campo di neve. In salita mi ero sentito fuori dal mio elemento, ma ora che ho gli sci ai piedi sono a mio agio. Scendo in curve strette attraverso il collo di bottiglia roccioso nella parte alta della linea per poi disegnare, là dove si apre a imbuto alla base, ampi archi nella veloce neve primaverile a piccoli granuli (che si formano quando la neve prima si scioglie e poi ghiaccia di nuovo). Butto l’occhio indietro, ammirando la mia impresa, mentre Dimitar e Lyubomir si fiondano dietro di me nella parte larga dell’imbuto. Non posso crederci. Ho fatto una delle migliori sciate della stagione (e sicuramente l’ultima) con due tizi incontrati per caso in un bar della capitale bulgara.

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Bulgaria
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